Gli articoli 3 e 7 della direttiva 80/779/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, concernente valori limite e valori guida di qualità atmosferica per l’anidride solforosa e per le particelle in sospensione, gli articoli 3 e 7 della direttiva 85/203/CEE del Consiglio, del 7 marzo 1985, concernente le norme di qualità atmosferica per il biossido di azoto, gli articoli 7 e 8 della direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 1999/30/CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, nonché l’articolo 13, paragrafo 1, e l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, devono essere interpretati nel senso che: essi non sono preordinati a conferire diritti individuali ai singoli che possono attribuire loro un diritto al risarcimento nei confronti di uno Stato membro, a titolo del principio della responsabilità dello Stato per i danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili (la Corte si è così pronunciata nell’ambito di una controversia promossa nell’ambito di una controversia promossa da un cittadino francese contro le autorità del suo Paese per ottenere l’annullamento della decisione implicita del prefetto del Val-d’Oise recante diniego di adottare le misure necessarie alla soluzione dei suoi problemi di salute connessi all’inquinamento atmosferico e, dall’altro, al risarcimento da parte della Repubblica francese dei diversi danni che lo stesso aveva imputato a tale inquinamento).
Nella causa C-61/21,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla cour administrative d’appel de Versailles (Corte d’appello amministrativa di Versailles, Francia), con decisione del 29 gennaio 2021, pervenuta in cancelleria il 2 febbraio 2021, nel procedimento
JP
contro
Ministre de la Transition écologique,
Premier ministre,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, E. Regan e L.S. Rossi, presidenti di sezione, M. Ilešic, J.-C. Bonichot, N. Piçarra, I. Jarukaitis, A. Kumin, N. Jääskinen, N. Wahl, J. Passer (relatore) e O. Spineanu-Matei, giudici,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: V. Giacobbo, amministratrice
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 marzo 2022,
considerate le osservazioni presentate:
– per JP, da L. Gimalac, avocat;
– per il governo francese, da T. Stéhelin e W. Zemamta, in qualità di agenti;
– per l’Irlanda, da M. Browne, M. Lane e J. Quaney, in qualità di agenti, assistite da D. Fennelly, barrister, e S. Kingston, SC;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Palatiello, avvocato dello Stato;
– per il governo polacco, da B. Majczyna e D. Krawczyk, in qualità di agenti;
– per il governo dei Paesi Bassi, da A. Hanje, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da M. Noll-Ehlers e F. Thiran, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 maggio 2022,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione dell’articolo 13, paragrafo 1, e dell’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa (GU 2008, L 152, pag. 1).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, JP e, dall’altro, il ministre de la Transition écologique (Ministro della Transizione ecologica, Francia) e il Premier ministre (Primo ministro, Francia) in merito alle domande di JP dirette segnatamente, da un lato, all’annullamento della decisione implicita del prefetto del Val-d’Oise (Francia) recante diniego di adottare le misure necessarie alla soluzione dei suoi problemi di salute connessi all’inquinamento atmosferico e, dall’altro, al risarcimento da parte della Repubblica francese dei diversi danni che JP imputa a tale inquinamento.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
Direttiva 80/779/CEE
3 L’articolo 3 della direttiva 80/779/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, concernente valori limite e valori guida di qualità atmosferica per l’anidride solforosa e per le particelle in sospensione (GU 1980, L 229, pag. 30), prevedeva quanto segue:
«1. Gli Stati membri adottano adeguate misure affinché, a partire dal 1° aprile 1983, le concentrazioni di anidride solforosa e di particelle in sospensione nell’aria non siano superiori ai valori limite riportati nell’allegato I, fatte salve le disposizioni riportate in appresso.
2. Qualora uno Stato membro ritenga che, malgrado le misure adottate, le concentrazioni di anidride solforosa e di particelle in sospensione nell’aria rischino di superare in talune zone, successivamente al 1° aprile 1983, i valori limite riportati nell’allegato I, ne informa la Commissione [delle Comunità europee] anteriormente al 1° ottobre 1982.
Esso comunica contemporaneamente alla Commissione i piani per migliorare progressivamente la qualità dell’aria in tali zone. Questi piani, elaborati sulla base di informazioni pertinenti sulla natura, l’origine e l’evoluzione dell’inquinamento, descrivono in particolare le misure già adottate o da adottare e le procedure espletate o da espletare da parte dello Stato membro. Tali misure e procedure devono avere l’effetto di rendere, in tali zone, le concentrazioni di anidride solforosa e di particelle in sospensione nell’aria pari o inferiori ai valori limite indicati nell’allegato I, al più presto e comunque anteriormente al 1° aprile 1993».
4 Secondo l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva:
«1. A decorrere dall’entrata in vigore della presente direttiva, gli Stati membri comunicano alla Commissione, al più tardi 6 mesi dopo la fine (fissata al 31 marzo) del periodo annuo di riferimento, i casi in cui sono stati superati i valori limite riportati nell’allegato I e le concentrazioni rilevate.
2. Essi comunicano alla Commissione, non oltre un anno dopo la fine del periodo annuo di riferimento, anche i motivi di tali superamenti e i provvedimenti da essi adottati per evitare che si ripetano».
5 L’allegato I di detta direttiva, intitolato «Valori limite per l’anidride solforosa e le particelle in sospensione», alla tabella B così disponeva:
«Valori limite per le particelle in sospensione [misurate con il metodo dei fumi neri (1)] espressi in [microgrammi per metro cube (µg/m³)]
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| Periodo considerato | Valore limite per le particelle in sospensione |
|————————-+————————————————————————|
| Anno | 80 (mediana dei valori medi quotidiani rilevati durante l’anno) |
|————————-+————————————————————————|
| Inverno | |
| (1º ottobre – 31 marzo) | 130 (mediana dei valori medi quotidiani rilevati durante l’inverno) |
|————————-+————————————————————————|
| Anno | 250 (2) |
| (composto di unità di | (98 percentili di tutti i valori medi quotidiani rilevati durante |
| periodi di misura di 24 | l’anno) |
| ore) | |
|————————————————————————————————–|
| (1) I risultati delle misurazioni dei fumi neri effettuate con il metodo OCSE sono stati |
| convertiti in unità gravimetriche come descritto dall’OCSE [Organizzazione per la cooperazione e |
| lo sviluppo economici] (allegato III). |
| (2) Gli Stati membri devono prendere tutte le misure atte ad evitare il superamento di questo |
| valore per più di tre giorni consecutivi. Inoltre, gli Stati membri devono cercare di prevenire |
| e ridurre detti superamenti di questo valore». |
—————————————————————————————————-
Direttiva 85/203/CEE
6 L’articolo 3 della direttiva 85/203/CEE del Consiglio, del 7 marzo 1985, concernente le norme di qualità atmosferica per il biossido di azoto (GU 1985, L 87, pag. 1), così disponeva:
«1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché dal 1° luglio 1987 le concentrazioni di biossido di azoto nell’atmosfera, misurate conformemente all’allegato III, non siano superiori al valore limite indicato nell’allegato I.
2. Tuttavia, qualora a causa di circostanze particolari le concentrazioni di biossido di azoto nell’atmosfera rischino, nonostante le misure adottate, di superare in talune zone, successivamente al 1° luglio 1987, il valore limite indicato nell’allegato I, lo Stato membro interessato ne informa la Commissione anteriormente al 1° luglio 1987.
Esso comunica al più presto alla Commissione i piani per migliorare progressivamente la qualità dell’aria in tali zone. Questi piani, elaborati sulla base di informazioni pertinenti sulla natura, l’origine e l’evoluzione dell’inquinamento, descrivono in particolare le misure già adottate o da adottare e le procedure espletate o da espletare da parte dello Stato membro. Tali misure e procedure devono tendere a rendere in tali zone le concentrazioni di biossido di azoto nell’atmosfera pari o inferiori al valore limite indicato nell’allegato I, nel più breve tempo possibile e comunque al più tardi il 1° gennaio 1994».
7 Ai sensi dell’articolo 7, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva:
«1. A decorrere dal 1° luglio 1987 gli Stati membri informano la Commissione, al più tardi sei mesi dopo la scadenza (fissata al 31 dicembre) del periodo annuo di riferimento, dei casi in cui il valore limite indicato nell’allegato I è stato superato e delle concentrazioni rilevate.
2. Gli Stati membri comunicano altresì alla Commissione, al più tardi un anno dopo la fine del periodo annuo di riferimento, le cause di tali superamenti nonché i provvedimenti presi per farvi fronte».
8 L’allegato I di detta direttiva, intitolato «Valore limite per il biossido di azoto», prevedeva quanto segue:
«(Il valore limite è espresso in µg/m3. L’indicazione del volume deve essere riportata alle seguenti condizioni di temperatura e di pressione: 293 ° [kelvin (°K)] e 101,3 [kilopascal (kPa)])
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| Periodo di riferimento (1) | Valore limite per il biossido di azoto |
|—————————-+———————————————————————|
| Anno | 200 |
| | 98° percentile calcolato in base a valori medi per ora o per periodi|
| | inferiori all’ora rilevati durante l’anno (2) |
|————————————————————————————————–|
| (1) Il periodo annuo di riferimento ha inizio il 1 ° gennaio di ogni anno civile e termina il 31 |
| dicembre. |
| (2) Per il riconoscimento della validità del calcolo del 98° percentile è necessario che il 75% |
| dei valori possibili sia disponibile e uniformemente ripartito, se possibile, sull’intero anno |
| considerato per il luogo di misurazione preso in esame. |
| Se, per certi luoghi, i valori misurati non fossero disponibili per un periodo superiore a 10 |
| giorni, lo si dovrà precisare nell’indicare il percentile calcolato. |
| Il calcolo del 98° percentile in base ai valori rilevati durante l’anno va eseguito a partire dai|
| valori effettivamente misurati. I valori misurati vengono arrotondati al µg/m3 più vicino. Tutti |
| i valori sono riportati in un elenco compilato in ordine crescente per ogni luogo: |
| X1 = X2 = X3 =……. = Xk =……. = XN-1 = XN |
| Il 98° percentile è il valore dell’elemento di ordine K per il quale K viene calcolato mediante |
| la seguente formula: |
| K = (q x N) |
| dove q è uguale a 0,98 per il 98° percentile e a 0,50 per il 50° percentile, N essendo il numero |
|dei valori effettivamente misurati. Il valore di (q x N) viene arrotondato al numero intero più |
| vicino. |
| Qualora gli strumenti di misura non permettano ancora di fornire valori discreti ma forniscano |
| solo classi di valori superiori a 1 µg/m3, lo Stato membro interessato potrà per il calcolo del |
| percentile, servirsi di una interpolazione, a condizione che la formula di interpolazione sia |
| accettata dalla Commissione e che le classi di valori non siano superiori a 10 µg/m3. Questa |
| deroga temporanea è valida solo per gli strumenti attualmente installati, per una durata non |
| superiore alla durata di vita delle attrezzature in questione, ed è in ogni caso limitata a 10 |
| anni a decorrere dalla data di applicazione della presente direttiva». |
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Direttiva 96/62/CE
9 L’articolo 4 della direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente (GU 1996, L 296, pag. 55), intitolato «Determinazione dei valori limite e delle soglie di allarme per l’aria ambiente», ai paragrafi 1 e 5 così disponeva:
«1. (…) la Commissione trasmette al Consiglio [dell’Unione europea] le proposte relative alla fissazione dei valori limite, e in modo adeguato, delle soglie di allarme (…).
5. A norma del trattato, il Consiglio adotta la normativa di cui al paragrafo 1 (…)».
10 L’articolo 7 di tale direttiva, intitolato «Miglioramento della qualità dell’aria ambiente [-] Requisiti generali», prevedeva quanto segue:
«1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare il rispetto dei valori limite.
2. Qualunque misura presa per raggiungere gli scopi della presente direttiva deve:
a) prendere in considerazione una strategia integrata a difesa dell’aria, dell’acqua e del suolo;
b) non contravvenire alla legislazione comunitaria in materia di salvaguardia della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro;
c) non avere effetti nocivi e significanti sull’ambiente degli altri Stati membri.
3. Gli Stati membri predispongono piani d’azione che indicano le misure da adottare a breve termine in casi di rischio di un superamento dei valori limite e/o delle soglie d’allarme, al fine di ridurre il rischio e limitarne la durata. Tali piani possono prevedere, a seconda dei casi, misure di controllo e, ove necessario, di sospensione delle attività, ivi compreso il traffico automobilistico, che contribuiscono al superamento dei valori limite».
11 Ai sensi dell’articolo 8 di detta direttiva, intitolato «Misure applicabili nelle zone in cui i livelli superano il valore limite»:
«1. Gli Stati membri elaborano l’elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti superano i valori limite oltre il margine di superamento.
Allorché non è stato fissato un margine di superamento per un determinato inquinante, le zone e gli agglomerati in cui il livello di tale inquinante supera il valore limite sono equiparati alle zone e agli agglomerati di cui al primo comma e si applicano i paragrafi 3, 4 e 5.
2. Gli Stati membri elaborano l’elenco delle zone e degli agglomerati in cui i livelli di uno o più inquinanti sono compresi tra il valore limite e il valore limite aumentato del margine di superamento.
3. Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1, gli Stati membri adottano misure atte a garantire l’elaborazione o l’attuazione di un piano o di un programma che consenta di raggiungere il valore limite entro il periodo di tempo stabilito.
Tale piano o programma, da rendere pubblico, deve riportare almeno le informazioni di cui all’allegato IV.
4. Nelle zone e negli agglomerati di cui al paragrafo 1 in cui il livello di più inquinanti supera i valori limite, gli Stati membri predispongono un piano integrato che interessi tutti gli inquinanti in questione.
5. La Commissione verifica periodicamente l’attuazione dei piani o dei programmi notificati ai sensi del paragrafo 3, esaminando i progressi compiuti e le prospettive in materia di inquinamento atmosferico.
6. Allorché il livello di un inquinante è superiore o rischia di essere superiore al valore limite aumentato del margine di superamento o, se del caso, alla soglia di allarme, in seguito ad un inquinamento significativo avente come origine un altro Stato membro, gli Stati membri interessati si consultano allo scopo di ovviare alla situazione. La Commissione può assistere a tali consultazioni».
12 L’articolo 13, paragrafo 1, della stessa direttiva così recitava:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva non oltre diciotto mesi dalla sua entrata in vigore per quanto riguarda le disposizioni relative agli articoli da 1 a 4 e 12 e agli allegati I, II, III e IV e non oltre la data in cui si applicheranno le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 5 per quanto riguarda le disposizioni relative agli altri articoli.
(…)».
Direttiva 1999/30/CE
13 L’articolo 4 della direttiva 1999/30/CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo (GU 1999, L 163, pag. 41), intitolato «Biossido di azoto e ossidi di azoto» disponeva, al suo paragrafo 1:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni di biossido di azoto e, ove possibile, degli ossidi di azoto nell’aria, valutate a norma dell’articolo 7, non superino i valori limite indicati nella sezione I dell’allegato II, a decorrere dalle date ivi indicate.
I margini di tolleranza indicati nella sezione I dell’allegato II si applicano a norma dell’articolo 8 della direttiva 96/62/CE».
14 L’articolo 5 della direttiva 1999/30, intitolato «Particelle», al paragrafo 1 prevedeva quanto segue:
«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le concentrazioni di particelle PM10 nell’aria ambiente, valutate a norma dell’articolo 7, non superino i valori limite indicati nella sezione I dell’allegato III a decorrere dalle date ivi indicate.
I margini di tolleranza indicati nella sezione I dell’allegato III si applicano a norma dell’articolo 8 della direttiva 96/62/CE».
15 L’articolo 9 della direttiva 1999/30, intitolato «Abrogazioni e disposizioni transitorie», così disponeva:
«1. La direttiva [80/779] è abrogata a decorrere dal 19 luglio 2001 (…) con le seguenti eccezioni: l’articolo 1, il paragrafo 1 dell’articolo 2, il paragrafo 1 dell’articolo 3, gli articoli 9, 15 e 16 e gli allegati I, III b e IV sono abrogati a decorrere dal 1° gennaio 2005.
(…)
3. La direttiva 85/203/CEE (…) è abrogata a decorrere dal 19 luglio 2001, ad eccezione del primo trattino del paragrafo 1 dell’articolo 1, e il paragrafo 2, il primo trattino dell’articolo 2, il paragrafo 1 dell’articolo 3, degli articoli 5, 9, 15 e 16 e l’allegato I, a decorrere dal 1° gennaio 2010.
(…)».
16 L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 1999/30, intitolato «Attuazione», era così formulato:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro 19 luglio 2001. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
(…)».
17 L’allegato II di tale direttiva, intitolato «Valori limite per il biossido di azoto (NO2) e il monossido di azoto (NOx) e soglia di allarme per il biossido di azoto», prevedeva quanto segue:
«I. Valori limite per il biossido di azoto e il monossido di azoto
I valori limite devono essere espressi in µg/m3. Il volume deve essere normalizzato ad una temperatura di 293 °K e ad una pressione di 101,3 kPa.
(…)».
18 L’allegato III di detta direttiva, intitolato «Valori limite per le particelle (PM10)», così disponeva:
Direttiva 2008/50
19 Ai sensi del secondo considerando della direttiva 2008/50:
«Ai fini della tutela della salute umana e dell’ambiente nel suo complesso, è particolarmente importante combattere alla fonte l’emissione di inquinanti nonché individuare e attuare le più efficaci misure di riduzione delle emissioni a livello locale, nazionale e comunitario. È opportuno pertanto evitare, prevenire o ridurre le emissioni di inquinanti atmosferici nocivi e definire adeguati obiettivi per la qualità dell’aria ambiente che tengano conto delle pertinenti norme, orientamenti e programmi dell’Organizzazione mondiale della sanità».
20 L’articolo 1 della direttiva 2008/50, intitolato «Oggetto», ai suoi punti da 1 a 3 enuncia quanto segue:
«La presente direttiva istituisce misure volte a:
1) definire e stabilire obiettivi di qualità dell’aria ambiente al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente nel suo complesso;
2) valutare la qualità dell’aria ambiente negli Stati membri sulla base di metodi e criteri comuni;
3) ottenere informazioni sulla qualità dell’aria ambiente per contribuire alla lotta contro l’inquinamento dell’aria e gli effetti nocivi e per monitorare le tendenze a lungo termine e i miglioramenti ottenuti con l’applicazione delle misure nazionali e comunitarie».
21 L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», ai suoi punti 5, 7, 8, da 16 a 18 e 24 prevede quanto segue:
«Ai fini della presente direttiva si intende per:
(…)
5) “valore limite”: livello fissato in base alle conoscenze scientifiche al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi sulla salute umana e/o per l’ambiente nel suo complesso, che deve essere raggiunto entro un termine prestabilito e in seguito non deve essere superato;
(…)
7) “margine di tolleranza”: percentuale di tolleranza del valore limite consentita alle condizioni stabilite dalla presente direttiva;
8) “piani per la qualità dell’aria”[:] piani che stabiliscono misure per il raggiungimento dei valori limite o dei valori-obiettivo;
(…)
16) “zona”: parte del territorio di uno Stato membro da esso delimitata, ai fini della valutazione e della gestione della qualità dell’aria;
17) “agglomerato”: zona in cui è concentrata una popolazione superiore a 250000 abitanti o, allorché la popolazione è pari o inferiore a 250000 abitanti, con una densità di popolazione per km2 definita dagli Stati membri;
18) “PM10”: il materiale particolato che penetra attraverso un ingresso dimensionale selettivo conforme al metodo di riferimento per il campionamento e la misurazione del PM10, norma EN 12341, con un’efficienza di penetrazione del 50% per materiale particolato di un diametro aerodinamico di 10 µm;
(…)
24) “ossidi di azoto”: la somma dei rapporti in mescolamento in volume (ppbv) di monossido di azoto (ossido nitrico) e di biossido di azoto espressa in unità di concentrazione di massa di biossido di azoto (µg/m3);
(…)».
22 L’articolo 13 della direttiva 2008/50, rubricato «Valori limite e soglie di allarme ai fini della protezione della salute umana», al paragrafo 1 stabilisce quanto segue:
«Gli Stati membri provvedono affinché i livelli di biossido di zolfo, PM10, piombo e monossido di carbonio presenti nell’aria ambiente non superino, nell’insieme delle loro zone e dei loro agglomerati, i valori limite stabiliti nell’allegato XI.
Per quanto riguarda il biossido di azoto e il benzene, i valori limite fissati nell’allegato XI non possono essere superati a decorrere dalle date indicate nel medesimo allegato.
Il rispetto di tali requisiti è valutato a norma dell’allegato III.
I margini di tolleranza fissati nell’allegato XI si applicano a norma dell’articolo 22, paragrafo 3 e dell’articolo 23, paragrafo 1».
23 L’articolo 23 della medesima direttiva, intitolato «Piani per la qualità dell’aria», al paragrafo 1 così dispone:
«Se in determinate zone o agglomerati i livelli di inquinanti presenti nell’aria ambiente superano un valore limite o un valore-obiettivo qualsiasi, più qualunque margine di tolleranza eventualmente applicabile, gli Stati membri provvedono a predisporre piani per la qualità dell’aria per le zone e gli agglomerati in questione al fine di conseguire il relativo valore limite o valore-obiettivo specificato negli allegati XI e XIV.
In caso di superamento di tali valori limite dopo il termine previsto per il loro raggiungimento, i piani per la qualità dell’aria stabiliscono misure appropriate affinché il periodo di superamento sia il più breve possibile. I piani per la qualità dell’aria possono inoltre includere misure specifiche volte a tutelare gruppi sensibili di popolazione, compresi i bambini.
Tali piani per la qualità dell’aria contengono almeno le informazioni di cui all’allegato XV, punto A, e possono includere misure a norma dell’articolo 24. Detti piani sono comunicati alla Commissione senza indugio e al più tardi entro due anni dalla fine dell’anno in cui è stato rilevato il primo superamento.
Qualora occorra predisporre o attuare piani per la qualità dell’aria relativi a diversi inquinanti, gli Stati membri, se del caso, predispongono e attuano piani integrati per la qualità dell’aria riguardanti tutti gli inquinanti interessati».
24 L’articolo 31 di detta direttiva, intitolato «Abrogazione e disposizioni transitorie», così dispone al suo paragrafo 1:
«Le direttive 96/62/CE, 1999/30/CE (…) sono abrogate a decorrere dall’11 giugno 2010, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri riguardanti i termini per il recepimento o dall’applicazione delle suddette direttive.
(…)».
25 L’articolo 33 della direttiva 2008/50, rubricato «Attuazione», al suo paragrafo 1, prevede quanto segue:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente all’11 giugno 2010. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di dette disposizioni.
(…)».
26 L’articolo 34 di tale direttiva, intitolato «Entrata in vigore», è così formulato:
«La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea».
27 Ai sensi dell’allegato XI di detta direttiva, intitolato «Valori limite per la protezione della salute umana»:
«(…)
B. Valori Limite
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
28 JP ha chiesto al tribunal administratif de Cergy-Pontoise (Tribunale amministrativo di Cergy-Pontoise, Francia), in particolare, da un lato, l’annullamento della decisione implicita del prefetto del Val-d’Oise, che fa parte dell’agglomerato di Parigi (Francia), di rifiutare di adottare le misure necessarie alla risoluzione dei suoi problemi di salute connessi all’inquinamento atmosferico in tale agglomerato, che sarebbero iniziati nel 2003, e, dall’altro, il risarcimento da parte dello Stato francese dei diversi danni che egli avrebbe subito a causa di tale inquinamento e che egli stima in EUR 21 milioni.
29 JP chiede il risarcimento, in particolare, di un danno derivante dal deterioramento del suo stato di salute, che gli sarebbe stato causato dal degrado della qualità dell’aria ambiente nell’agglomerato di Parigi, dove risiede. Tale degrado, a suo avviso, sarebbe il risultato della violazione, da parte delle autorità francesi, degli obblighi ad esse imposti in forza della direttiva 2008/50.
30 Con sentenza del 12 dicembre 2017, il tribunal administratif de Cergy-Pontoise (Tribunale amministrativo di Cergy-Pontoise) ha respinto tutte le domande di JP, in quanto, in sostanza, gli articoli 13 e 23 della direttiva 2008/50 non attribuirebbero alcun diritto ai singoli ad ottenere il risarcimento di un eventuale danno subito a causa del deterioramento della qualità dell’aria.
31 Con ricorso del 25 aprile 2018 JP ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi alla Cour administrative d’appel de Versailles (Corte d’appello amministrativa di Versailles, Francia).
32 Il Ministro della Transizione ecologica chiede il rigetto di tale appello.
33 Ciò premesso, la cour administrative d’appel de Versailles (Corte d’appello amministrativa di Versailles) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«1) Se le norme applicabili del diritto dell’Unione europea derivanti dalle disposizioni di cui all’articolo 13, paragrafo 1 e all’articolo 23, paragrafo 1 della direttiva [2008/50], debbano essere interpretate nel senso che attribuiscono ai singoli, in caso di violazione sufficientemente qualificata da parte di uno Stato membro dell’Unione europea degli obblighi che ne derivano, un diritto a ottenere dallo Stato membro in questione il risarcimento dei danni causati alla loro salute che presentano un nesso di causalità diretto e certo con il deterioramento della qualità dell’aria.
2) Ammesso che le disposizioni sopra menzionate siano effettivamente idonee a far sorgere un siffatto diritto al risarcimento dei danni alla salute, a quali condizioni sia subordinato il riconoscimento di tale diritto, per quanto riguarda in particolare il momento in cui si deve ritenere avvenuto l’inadempimento imputabile allo Stato membro di cui trattasi».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
34 Secondo una costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Inoltre, la Corte può essere condotta a prendere in considerazione norme del diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nella formulazione della sua questione (sentenza del 15 luglio 2021, Ministrstvo za obrambo, C-742/19, EU:C:2021:597, punto 31). Infatti, la circostanza che un giudice nazionale abbia, sul piano formale, elaborato una questione pregiudiziale facendo riferimento a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi di interpretazione che possono essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dal fatto che esso vi abbia fatto o no riferimento nell’enunciazione dei suoi quesiti. Spetta, al riguardo, alla Corte trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi di diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (sentenza del 22 giugno 2022, Volvo et DAF Trucks, C-267/20, EU:C:2022:494, punto 28).
35 Nel caso di specie, dalla risposta del giudice del rinvio alla richiesta di informazioni rivoltagli dalla Corte risulta che il ricorrente nel procedimento principale chiede il risarcimento dei danni che gli sarebbero stati causati da superamenti dei valori limite di concentrazione in NO2 e in PM10 fissati all’allegato XI della direttiva 2008/50, che hanno arrecato pregiudizio al suo stato di salute a partire dal 2003.
36 Occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 1, e dell’articolo 34 della direttiva 2008/50, quest’ultima è entrata in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, ossia l’11 giugno 2008, e ha imposto agli Stati membri di mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro l’11 giugno 2010. Inoltre, dall’allegato XI di detta direttiva risulta che le date in cui i valori limite dovevano essere rispettati erano il 1º gennaio 2005 per il PM10 e il 1º gennaio 2010 per il NO2.
37 Conformemente all’articolo 31, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, quest’ultima ha sostituito, a decorrere dall’11 giugno 2010, in particolare, le direttive 96/62 e 1999/30.
38 La direttiva 96/62 è entrata in vigore il 21 novembre 1996. Quest’ultima prevedeva, al suo articolo 7 e, conformemente al suo articolo 13, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 1999/30, a partire dal 19 luglio 2001, requisiti analoghi a quelli derivanti dall’articolo 13, paragrafo 1, e dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50. Tuttavia, la direttiva 96/62 non fissava i valori limite della concentrazione di inquinanti nell’aria ambiente. Conformemente all’articolo 4, paragrafo 5, di tale direttiva, questi ultimi sono stati stabiliti dalla direttiva 1999/30. Le date alle quali i valori limite previsti negli allegati II e III di quest’ultima direttiva dovevano essere rispettati, conformemente articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5, paragrafo 1, di quest’ultima, erano state fissate al 1º gennaio 2005 per il PM10 e al 1º gennaio 2010 per il NO2.
39 Prima di tali date, come risulta dall’articolo 9, paragrafi 1 e 3, della direttiva 1999/30, i valori limite applicabili erano, fatti salvi i requisiti derivanti dall’articolo 8, paragrafi 3 e 4, della direttiva 96/62, quelli stabiliti nell’allegato I, tabella B, della direttiva 80/779 per il PM10 e nell’allegato I della direttiva 85/203 per il NO2, allegati ai quali si riferivano gli articoli 3 di queste ultime due direttive.
40 Peraltro, nei limiti in cui, secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, il ricorrente nel procedimento principale chiede il risarcimento dei danni asseritamente causati dai superamenti dei valori limite di concentrazione in NO2 e in PM10, danni «che sarebbero iniziati nel 2003», non è escluso che gli articoli 7 delle direttive 80/779 e 85/203, che sono stati abrogati, come risulta altresì dall’articolo 9, paragrafi 1 e 3, della direttiva 1999/30, a decorrere dal 19 luglio 2001, si rivelino, anch’essi, rilevanti per la risoluzione della controversia principale.
41 Tenuto conto del periodo in cui il giudice del rinvio ha fatto così riferimento nelle sue indicazioni, occorre quindi prendere in considerazione non solo le disposizioni pertinenti della direttiva 2008/50, ma anche quelle delle direttive 96/62, 1999/30, 80/779 e 85/203.
42 Di conseguenza, alla luce della giurisprudenza ricordata al punto 34 della presente sentenza, si deve considerare che, con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 13, paragrafo 1, e l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, gli articoli 7 e 8 della direttiva 96/62, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 1999/30 nonché gli articoli 3 e 7 delle direttive 80/779 e 85/203 debbano essere interpretati nel senso che essi sono preordinati a conferire diritti individuali ai singoli, che possono far sorgere loro un diritto al risarcimento da parte di uno Stato membro, in applicazione del principio della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili.
43 Va ricordato, in proposito, che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, il principio della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili è inerente al sistema dei trattati sui quali quest’ultima è fondata (sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C-261/20, EU:C:2022:33, punto 42 e giurisprudenza ivi citata). Questo principio si applica a qualsiasi caso di violazione del diritto dell’Unione da parte di uno Stato membro, indipendentemente dall’autorità pubblica responsabile di tale violazione (sentenza del 19 dicembre 2019, Deutsche Umwelthilfe, C-752/18, EU:C:2019:1114, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).
44 Per quanto riguarda i presupposti per il sorgere di tale responsabilità, la Corte ha ripetutamente dichiarato che i soggetti lesi hanno diritto al risarcimento qualora siano soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma giuridica dell’Unione violata sia preordinata a conferire loro diritti, che la violazione di tale norma sia sufficientemente qualificata e che esista un nesso causale diretto tra tale violazione e il danno subito da detti soggetti [sentenza del 28 giugno 2022, Commissione/Spagna (Violazione del diritto dell’Unione da parte del legislatore), C-278/20, EU:C:2022:503, punto 31 e giurisprudenza ivi citata].
45 Ne consegue che solo una violazione di una norma del diritto dell’Unione preordinata a conferire diritti ai singoli può, conformemente alla prima delle tre condizioni summenzionate, far sorgere la responsabilità dello Stato.
46 Secondo una giurisprudenza ben consolidata, tali diritti sorgono non solo nei casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione espressamente li attribuiscono, ma anche in relazione agli obblighi positivi o negativi che le medesime impongono in maniera ben definita sia ai singoli sia gli Stati membri e alle istituzioni dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos, 26/62, EU:C:1963:1, pag. I-5413, del 19 novembre 1991, Francovich e a., C-6/90 e C-9/90, EU:C:1991:428, punto 31, del 20 settembre 2001, Courage e Crehan, C-453/99, EU:C:2001:465, punto 19, e dell’11 novembre 2021, Stichting Cartel Compensation e Equilib Netherlands, C-819/19, EU:C:2021:904, punto 47).
47 La violazione di siffatti obblighi positivi o negativi, da parte di uno Stato membro, può ostacolare l’esercizio da parte dei singoli interessati dei diritti implicitamente conferiti loro in virtù delle disposizioni del diritto dell’Unione in questione, che si suppone essi possano invocare a livello nazionale, e quindi alterare la situazione giuridica che tali disposizioni sono destinate a creare per tali singoli [v., in tal senso, sentenze del 4 ottobre 2018, Kantarev, C-571/16, EU:C:2018:807, punti 103 e 104, e del 10 dicembre 2020, Euromin Holdings (Cyprus), C-735/19, EU:C:2020:1014, punto 90]. Per questo motivo la piena efficacia di tali norme del diritto dell’Unione e la tutela dei diritti da esse riconosciuti richiede che i singoli abbiano la possibilità di ottenere un risarcimento (v., in tal senso, sentenza del 19 novembre 1991, Francovich e a., C-6/90 e C-9/90, EU:C:1991:428, punti 33 e 34), e ciò indipendentemente dalla questione se le disposizioni interessate abbiano un effetto diretto, dato che tale qualità non è né necessaria (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame, C-46/93 e C-48/93, EU:C:1996:79, punti da 18 a 22), né sufficiente di per sé sola (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a. C-98/14, EU:C:2015:386, punti 108 e 109) a soddisfare la prima delle tre condizioni rammentate al punto 44 della presente sentenza.
48 Nel caso di specie, le direttive 2008/50, 96/62, 1999/30, 80/779 e 85/203 impongono agli Stati membri, in sostanza, da un lato, un obbligo di garantire che i livelli, in particolare, di PM10 e di NO2 non superino, nel loro rispettivo territorio e a decorrere da talune date, i valori limite fissati da tali direttive e, dall’altro, qualora tali valori limite siano nondimeno superati, un obbligo di prevedere misure appropriate per rimediare a tali superamenti, in particolare nell’ambito di piani per la qualità dell’aria.
49 Per quanto riguarda il primo obbligo, occorre rilevare che i valori limite indicano la concentrazione esatta, espressa in µg/m³ e tenendo conto, se del caso, dei margini di tolleranza, dell’inquinante interessato nell’aria ambiente il cui superamento deve essere evitato dagli Stati membri, in tutte le loro zone e i loro agglomerati.
50 Per quanto riguarda il secondo obbligo, la Corte ha dichiarato, per quanto riguarda la direttiva 2008/50, che dall’articolo 23, paragrafo 1, di quest’ultima risulta che, sebbene gli Stati membri dispongano di un certo margine di manovra per la determinazione delle misure da adottare, esse devono comunque consentire che il periodo di superamento dei valori limite fissati per l’inquinante interessato sia il più breve possibile [sentenza del 10 novembre 2020, Commissione/Italia (Valori limite – PM10), C-644/18, EU:C:2020:895, punto 136].
51 Inoltre, è vero che la Corte ha considerato che l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 96/62, il quale prevede un obbligo analogo a quello previsto all’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, non imponeva agli Stati membri l’obbligo di adottare misure che consentono di garantire che non si verifichi alcun superamento, ma soltanto di adottare misure tali da ridurre al minimo il rischio di superamento e la sua durata, tenuto conto dell’insieme delle circostanze del momento e degli interessi in gioco. Tuttavia, essa ha altresì rilevato che tale disposizione comportava limiti all’esercizio di tale potere discrezionale, che possono essere invocati dinanzi ai giudici nazionali, per quanto riguarda l’adeguatezza delle misure che il piano d’azione deve comportare all’obiettivo della riduzione del rischio di superamento e della limitazione della sua durata, tenuto conto dell’equilibrio che occorre garantire tra tale obiettivo e i diversi interessi pubblici e privati in gioco (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2008, Janecek, C-237/07, EU:C:2008:447, punti da 44 a 46).
52 La stessa interpretazione si impone, in sostanza, per quanto riguarda gli obblighi derivanti dall’articolo 8, paragrafi 3 e 4, della direttiva 96/62.
53 Quanto agli articoli 7 delle direttive 80/779 e 85/203, occorre rilevare che, in caso di superamenti di valori limite, essi imponevano agli Stati membri di adottare provvedimenti per, rispettivamente, «evitare che si ripetano» e «farvi fronte».
54 Ne consegue, certamente, che l’articolo 13, paragrafo 1, e l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 prevedono, al pari delle disposizioni analoghe delle direttive 96/62, 1999/30, 80/779 e 85/203, obblighi abbastanza chiari e precisi quanto al risultato che gli Stati membri devono assicurare.
55 Tuttavia, tali obblighi perseguono, come risulta dagli articoli 1 delle direttive menzionate al punto precedente, nonché, in particolare, dal secondo considerando della direttiva 2008/50, un obiettivo generale di protezione della salute umana e dell’ambiente nel suo complesso.
56 Pertanto, oltre al fatto che le disposizioni di cui trattasi della direttiva 2008/50 e delle direttive che l’hanno preceduta non contengono alcuna attribuzione esplicita di diritti ai singoli a tale titolo, gli obblighi previsti da tali disposizioni, nell’obiettivo generale summenzionato, non consentono di ritenere che, nel caso di specie, a singoli o a categorie di singoli siano stati implicitamente conferiti, in forza di tali obblighi, diritti individuali la cui violazione possa far sorgere la responsabilità di uno Stato membro per danni causati ai singoli.
57 Da tutto quanto precede discende che la prima delle tre condizioni ricordate al punto 44 della presente sentenza, condizioni che sono cumulative, non è soddisfatta.
58 Ciò premesso, il fatto che, qualora uno Stato membro non abbia garantito il rispetto dei valori limite di cui all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 e alle disposizioni analoghe delle direttive precedenti, i singoli interessati devono poter ottenere dalle autorità nazionali, eventualmente agendo dinanzi ai giudici competenti, l’adozione delle misure richieste da tali direttive (v., in tal senso, sentenze del 19 novembre 2014, ClientEarth, C-404/13, EU:C:2014:2382, punto 56 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 19 dicembre 2019, Deutsche Umwelthilfe, C-752/18, EU:C:2019:1114, punto 56), non è tale da modificare tale constatazione.
59 A tal riguardo, occorre ricordare che, per quanto riguarda l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 96/62, la Corte ha rilevato che le persone fisiche o giuridiche direttamente interessate da un rischio di superamento di valori limite o di soglie di allarme devono poter ottenere dalle autorità competenti, se del caso, ricorrendo ai giudici competenti, la predisposizione di un piano d’azione ogniqualvolta tale rischio esista (sentenza del 25 luglio 2008, Janecek, C-237/07, EU:C:2008:447, punto 39).
60 Allo stesso modo, per quanto riguarda l’articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2008/50, la Corte ha dichiarato che le persone fisiche o giuridiche direttamente interessate dal superamento di tali valori limite dopo il 1o gennaio 2010 devono poter ottenere dalle autorità nazionali, eventualmente agendo dinanzi ai giudici competenti, la predisposizione di un piano per la qualità dell’aria conforme a detto articolo 23, paragrafo 1, secondo comma, qualora uno Stato membro non abbia garantito il rispetto dei requisiti posti dall’articolo 13, paragrafo 1, secondo comma, di tale direttiva, e non abbia richiesto la proroga del termine nelle condizioni previste nell’articolo 22 della stessa (sentenza del 19 novembre 2014, ClientEarth, C-404/13, UE:C:2014:2382, punto 56).
61 Conformemente a quanto esposto ai punti 52 e 53 della presente sentenza, una siffatta interpretazione si applica anche per quanto riguarda l’effettiva attuazione degli articoli 7 delle direttive 80/779 e 85/203, nonché dell’articolo 8, paragrafi 3 e 4, della direttiva 96/62.
62 Tuttavia, la facoltà così riconosciuta dalla giurisprudenza della Corte, derivante in particolare dal principio di effettività del diritto dell’Unione, effettività alla quale i singoli interessati sono legittimati a contribuire, avviando procedimenti amministrativi o giurisdizionali a motivo della situazione particolare che costituisce la loro, non implica che gli obblighi derivanti dall’articolo 13, paragrafo 1, e dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, nonché dalle disposizioni analoghe delle direttive precedenti, abbiano avuto lo scopo di conferire agli interessati diritti individuali, ai sensi della prima delle tre condizioni ricordate al punto 44 della presente sentenza, e che la violazione di tali obblighi sia, pertanto, tale da poter alterare una situazione giuridica che tali disposizioni erano intese a creare nei loro confronti.
63 Occorre aggiungere che la conclusione esposta al punto 57 della presente sentenza non esclude che la responsabilità dello Stato possa sorgere a condizioni meno restrittive sulla base del diritto interno [sentenza del 28 giugno 2022, Commissione/Spagna (Violazione del diritto dell’Unione da parte del legislatore), C-278/20, EU:C:2022:503, punto 32 e giurisprudenza ivi citata] e che, se del caso, possa essere tenuto in considerazione, a tale titolo, della violazione degli obblighi derivanti dall’articolo 13, paragrafo 1, e dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, nonché da altre disposizioni del diritto dell’Unione menzionate al punto 42 della presente sentenza, quale elemento che può essere rilevante ai fini dell’accertamento della responsabilità delle autorità pubbliche su un fondamento diverso dal diritto dell’Unione.
64 Tale conclusione non esclude neppure l’eventuale pronuncia, da parte dei giudici dello Stato membro interessato, di ingiunzioni accompagnate da penalità volte a garantire il rispetto, da parte di tale Stato, degli obblighi derivanti dall’articolo 13, paragrafo 1, e dall’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50, e dalle disposizioni analoghe delle direttive precedenti, come le ingiunzioni accompagnate da penalità pronunciate in diverse recenti sentenze dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia).
65 Alla luce di tutti i suesposti motivi, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 3 e 7 della direttiva 80/779, gli articoli 3 e 7 della direttiva 85/203, gli articoli 7 e 8 della direttiva 96/62, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 1999/30, nonché l’articolo 13, paragrafo 1, e l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50 devono essere interpretati nel senso che non sono preordinati a conferire diritti individuali ai singoli che possono attribuire loro un diritto al risarcimento nei confronti di uno Stato membro, a titolo del principio della responsabilità dello Stato per i danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili.
Sulla seconda questione
66 Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.
Sulle spese
67 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
Gli articoli 3 e 7 della direttiva 80/779/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, concernente valori limite e valori guida di qualità atmosferica per l’anidride solforosa e per le particelle in sospensione, gli articoli 3 e 7 della direttiva 85/203/CEE del Consiglio, del 7 marzo 1985, concernente le norme di qualità atmosferica per il biossido di azoto, gli articoli 7 e 8 della direttiva 96/62/CE del Consiglio, del 27 settembre 1996, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente, l’articolo 4, paragrafo 1, e l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 1999/30/CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, concernente i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, nonché l’articolo 13, paragrafo 1, e l’articolo 23, paragrafo 1, della direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa,
devono essere interpretati nel senso che:
essi non sono preordinati a conferire diritti individuali ai singoli che possono attribuire loro un diritto al risarcimento nei confronti di uno Stato membro, a titolo del principio della responsabilità dello Stato per i danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione ad esso imputabili.