Nel corso della procedura di autorizzazione di un progetto, e quindi prima dell’adozione della decisione, le autorità competenti sono tenute, in forza dell’articolo 4 della direttiva 2000/60, a controllare se tale progetto possa comportare effetti negativi sull’acqua che siano contrari agli obblighi di impedire il deterioramento e di migliorare lo stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei. Tale disposizione osta, di conseguenza, a che un siffatto controllo intervenga soltanto dopo tale momento. In merito alle informazioni da mettere a disposizione del pubblico prima dell’autorizzazione di un progetto, occorre ricordare che l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2011/92 impone che i progetti che possano avere un significativo impatto ambientale, ai sensi dell’articolo 4 della medesima, in combinato disposto con l’allegato I o II di tale direttiva, siano sottoposti ad una valutazione dell’impatto ambientale prima del rilascio dell’autorizzazione. Il carattere preventivo di una tale valutazione è giustificato dalla necessità che, a livello di processo decisionale, l’autorità competente tenga conto il prima possibile delle ripercussioni sull’ambiente di tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione, al fine di evitare fin dall’inizio inquinamenti e altre perturbazioni piuttosto che combatterne.
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
28 maggio 2020
Nella causa C-535/18,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania), con decisione del 25 aprile 2018, pervenuta in cancelleria il 16 agosto 2018, nel procedimento IL, JK, KJ, LI, NG, MH, OF, PE, RC e SB, in qualità di eredi di QD, TA, UZ, VY, WX
contro
Land Nordrhein-Westfalen,
LA CORTE (Prima Sezione)
composta da J.-C. Bonichot (relatore), presidente di sezione, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente della Corte, M. Safjan, L. Bay Larsen e C. Toader, giudici,
avvocato generale: G. Hogan
cancelliere: M. Krausenböck, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 settembre 2019,
considerate le osservazioni presentate:
– per IL, JK, KJ, LI, NG, MH, OF, PE, RC e SB, TA, UZ, VY, WX, da R. Nebelsieck, J. Mittelstein e K. Fock, Rechtsanwälte;
– per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, da E. Manhaeve e M. Noll-Ehlers, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 12 novembre 2019,
ha pronunciato la seguente
sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6 e dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), e dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punti da i) a iii), e lettera b), punto i), della direttiva n. 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1 e rettifica GU 2006, L 113, pag. 26).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra diversi privati e il Land Nordrhein-Westfalen (Land Renania settentrionale – Vestfalia, Germania), in merito ad una decisione delle autorità della Bezirksregierung Detmold (governo del distretto di Detmold, Germania), del 27 settembre 2016, con cui è stato approvato il piano di costruzione di un tratto autostradale di circa 3,7 chilometri.
CONTESTO NORMATIVO
Diritto internazionale
3 La Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, sottoscritta ad Aarhus il 25 giugno 1998 e approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»), al suo articolo 9, paragrafo 3, dispone quanto segue:
«(…) ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale».
Diritto dell’Unione
Direttiva 2011/92
4 A termini dei considerando 7 e da 19 a 21 della direttiva 2011/92:
«(7) L’autorizzazione di progetti pubblici e privati che possono avere un impatto rilevante sull’ambiente dovrebbe essere concessa solo a seguito della valutazione delle loro probabili rilevanti ripercussioni sull’ambiente. Tale valutazione andrebbe fatta in base alle opportune informazioni fornite dal committente ed eventualmente completata dalle autorità e dal pubblico eventualmente interessato dal progetto.
(…)
(19) Tra gli obiettivi della convenzione di Aarhus vi è il desiderio di garantire il diritto di partecipazione del pubblico alle attività decisionali in materia ambientale, per contribuire a tutelare il diritto di vivere in un ambiente adeguato ad assicurare la salute e il benessere delle persone.
(20) L’articolo 6 della convenzione di Aarhus contiene disposizioni in materia di partecipazione del pubblico alle decisioni relative alle attività specifiche elencate nell’allegato I della convenzione stessa e ad attività non elencate in tale allegato che possano avere effetti rilevanti sull’ambiente.
(21) L’articolo 9, paragrafi 2 e 4, della convenzione di Aarhus contiene norme sull’accesso alle procedure giudiziarie, o di altra natura, al fine di contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico contenute nell’articolo 6 di tale convenzione».
5 L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva è così formulato:
«1. La presente direttiva si applica alla valutazione dell’impatto ambientale dei progetti pubblici e privati che possono avere un impatto ambientale significativo.
2. Ai fini della presente direttiva si intende per:
a) “progetto”:
– la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,
– altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;
b) “committente”: il richiedente dell’autorizzazione relativa a un progetto privato o la pubblica autorità che prende l’iniziativa relativa a un progetto;
c) “autorizzazione”: decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso;
d) “pubblico”: una o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione o prassi nazionale, le associazioni, le organizzazioni o i gruppi di tali persone;
e) “pubblico interessato”: pubblico che subisce o può subire gli effetti delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, o che ha un interesse in tali procedure. Ai fini della presente definizione, le organizzazioni non governative che promuovono la protezione dell’ambiente e che soddisfano i requisiti di diritto nazionale si considerano portatrici di un siffatto interesse;
f) “l’autorità o le autorità competenti”: sono quelle che gli Stati membri designano per assolvere i compiti derivanti dalla presente direttiva».
6 L’articolo 3 di detta direttiva prevede quanto segue:
«La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e a norma degli articoli da 4 a 12, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:
a) l’uomo, la fauna e la flora;
b) il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;
c) i beni materiali e il patrimonio culturale;
d) l’interazione tra i fattori di cui alle lettere a), b) e c)».
7 L’articolo 5 della stessa direttiva così dispone:
«1. Nel caso dei progetti che, a norma dell’articolo 4, devono essere oggetto di una valutazione dell’impatto ambientale a norma del presente articolo e degli articoli da 6 a 10, gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il committente fornisca, nella forma opportuna, le informazioni specificate nell’allegato IV, qualora:
a) gli Stati membri ritengano che le informazioni siano appropriate a una determinata fase della procedura di autorizzazione e alle caratteristiche peculiari d’un progetto specifico o d’un tipo di progetto e dei fattori ambientali che possono subire un pregiudizio;
b) gli Stati membri [ritengano] che si possa ragionevolmente esigere che un committente raccolga i dati, tenendo conto fra l’altro delle conoscenze e dei metodi di valutazione disponibili.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità competenti, se il committente lo richiede prima di presentare una domanda di autorizzazione, diano il loro parere sulle informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1. Prima di dare il loro parere, le autorità competenti consultano il committente e le autorità di cui all’articolo 6, paragrafo 1. Il fatto che le autorità in questione abbiano dato il loro parere a norma del presente paragrafo non osta a che richiedano successivamente al committente ulteriori informazioni.
Gli Stati membri possono chiedere detto parere alle autorità competenti anche se il committente non lo ha chiesto.
3. Le informazioni che il committente deve fornire a norma del paragrafo 1 comprendono almeno:
a) una descrizione del progetto con informazioni relative alla sua ubicazione, concezione e dimensioni;
b) una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare effetti negativi significativi;
c) i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente;
d) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale;
e) una sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere da a) a d).
4. Gli Stati membri, se necessario, provvedono affinché le autorità mettano a disposizione del committente le informazioni pertinenti di cui dispongono, con particolare riferimento all’articolo 3».
8 L’articolo 6 della direttiva 2011/92 è così formulato:
«(…)
2. Il pubblico è informato, attraverso pubblici avvisi oppure in altra forma adeguata come i mezzi di comunicazione elettronici, se disponibili, in una fase precoce delle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2 e, al più tardi, non appena sia ragionevolmente possibile fornire le informazioni, sui seguenti aspetti:
a) la domanda di autorizzazione;
b) il fatto che il progetto sia soggetto ad una procedura di valutazione dell’impatto ambientale ed, eventualmente, che sia applicabile l’articolo 7;
c) informazioni sulle autorità competenti responsabili dell’adozione della decisione, quelle da cui possono essere ottenute informazioni in oggetto, quelle cui possono essere presentati osservazioni o quesiti, nonché indicazioni sui termini per la trasmissione di osservazioni o quesiti;
d) la natura delle possibili decisioni o l’eventuale progetto di decisione;
e) l’indicazione circa la disponibilità delle informazioni raccolte ai sensi dell’articolo 5;
f) l’indicazione dei tempi e dei luoghi in cui possono essere ottenute le informazioni in oggetto e le modalità alle quali esse sono rese disponibili;
g) le modalità precise della partecipazione del pubblico ai sensi del paragrafo 5 del presente articolo.
3. Gli Stati membri provvedono affinché, entro scadenze ragionevoli, il pubblico interessato abbia accesso:
a) a qualsiasi informazione raccolta ai sensi dell’articolo 5;
b) conformemente alla legislazione nazionale, ai principali rapporti e consulenze resi alla o alle autorità competenti nel momento in cui il pubblico interessato è informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo;
c) conformemente alle disposizioni della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale [e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU 2003, L 41, pag. 26)], alle informazioni diverse da quelle previste al paragrafo 2 del presente articolo che sono rilevanti per la decisione di cui all’articolo 8 della presente direttiva e che sono disponibili soltanto dopo che il pubblico interessato è stato informato conformemente al paragrafo 2 del presente articolo.
4. Al pubblico interessato vengono offerte tempestive ed effettive opportunità di partecipazione alle procedure decisionali in materia ambientale di cui all’articolo 2, paragrafo 2. A tal fine, esso ha il diritto di esprimere osservazioni e pareri all’autorità o alle autorità competenti quando tutte le opzioni sono aperte prima che venga adottata la decisione sulla domanda di autorizzazione.
5. Gli Stati membri stabiliscono le modalità dettagliate di informazione del pubblico (ad esempio mediante affissione entro una certa area o mediante pubblicazione nei giornali locali) e di consultazione del pubblico interessato (ad esempio per iscritto o tramite indagine pubblica).
6. Vengono fissate scadenze adeguate per le varie fasi, che concedano un tempo sufficiente per informare il pubblico nonché per consentire al pubblico interessato di prepararsi e di partecipare efficacemente al processo decisionale in materia ambientale ai sensi delle disposizioni del presente articolo».
9 L’articolo 11, paragrafi da 1 a 3, di tale direttiva prevede quanto segue:
«1. Gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del pubblico interessato:
a) che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa;
b) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto,
abbiano accesso a una procedura di ricorso dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente ed imparziale istituito dalla legge, per contestare la legittimità sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni soggetti alle disposizioni sulla partecipazione del pubblico stabilite dalla presente direttiva.
2. Gli Stati membri stabiliscono in quale fase possono essere contestati le decisioni, gli atti o le omissioni.
3. Gli Stati membri determinano ciò che costituisce interesse sufficiente e violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia. A tal fine, l’interesse di qualsiasi organizzazione non governativa ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, è considerato sufficiente ai fini del paragrafo 1, lettera a), del presente articolo. Si considera inoltre che tali organizzazioni siano titolari di diritti suscettibili di essere lesi ai fini del paragrafo 1, lettera b), del presente articolo».
10 L’allegato IV di detta direttiva, dal titolo «Informazioni di cui all’articolo 5, paragrafo 1», al suo punto 4, così prevede:
«Una descrizione dei probabili effetti rilevanti del progetto proposto sull’ambiente:
a) all’esistenza del progetto,
b) dovuti all’utilizzazione delle risorse naturali;
c) dovuti all’emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti».
11 In una nota a piè di pagina inserita a tale punto 4, si precisa che «[q]uesta descrizione dovrebbe riguardare gli effetti diretti ed eventualmente gli effetti indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi del progetto».
Direttiva 2006/118/CE
12 L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/118/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento (GU 2006, L 372, pag. 19), prevede quanto segue:
«Ai fini della valutazione dello stato chimico di un corpo o gruppo di corpi idrici sotterranei in conformità dell’allegato V, punto 2.3 della direttiva [2000/60], gli Stati membri utilizzano i seguenti criteri:
a) le norme di qualità delle acque sotterranee di cui all’allegato I;
b) i valori soglia che devono essere stabiliti dagli Stati membri secondo la procedura descritta nell’allegato II, parte A, per gli inquinanti, i gruppi di inquinanti e gli indicatori di inquinamento che, all’interno del territorio di uno Stato membro, sono stati individuati come fattori che contribuiscono alla caratterizzazione di corpi o gruppi di corpi idrici sotterranei come a rischio, tenuto conto almeno dell’elenco contenuto nell’allegato II, parte B.
I valori soglia per il buono stato chimico si basano sulla protezione del corpo idrico sotterraneo, nel rispetto dell’Allegato II, Parte A, punti 1, 2 e 3, avendo particolare riguardo all’impatto e al rapporto di detto corpo idrico per quanto concerne le acque superficiali associate e gli ecosistemi terrestri e acquatici connessi, e tra l’altro, prendono in considerazione le conoscenze acquisite in tema di tossicologia e eco-tossicologia umane».
13 L’articolo 4 di tale direttiva così dispone:
«1. Gli Stati membri si avvalgono della procedura descritta al paragrafo 2 per valutare lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo. Ove opportuno, gli Stati membri possono raggruppare corpi idrici sotterranei in conformità dell’allegato V della direttiva [2000/60] quando si avvalgono di tale procedura.
2. Un corpo o gruppo di corpi idrici sotterranei è considerato in buono stato chimico allorché:
a) i risultati del controllo dimostrano che le condizioni stabilite nella tabella 2.3.2 dell’allegato V della direttiva [2000/60] sono rispettate; oppure che
b) i valori per le norme di qualità delle acque sotterranee elencati nell’allegato I e i pertinenti valori soglia stabiliti in conformità dell’articolo 3 e dell’allegato II non sono superati in nessun punto di monitoraggio in tale corpo o gruppo di corpi idrici sotterranei; ovvero
c) il valore per una norma di qualità delle acque sotterranee o il valore soglia è superato in uno o più punti di monitoraggio ma un’appropriata indagine svolta in conformità dell’allegato III conferma che:
i) sulla scorta della valutazione di cui all’allegato III, punto 3 non si ritiene che le concentrazioni di inquinanti che superano le norme di qualità delle acque sotterranee o i valori soglia rappresentino un rischio ambientale significativo, tenuto conto, se del caso, dell’entità del corpo idrico sotterraneo interessato;
ii) le altre condizioni concernenti il buono stato chimico delle acque sotterranee figuranti nella tabella 2.3.2 dell’allegato V della direttiva [2000/60] sono soddisfatte in conformità dell’allegato III, punto 4, della presente direttiva;
iii) per i corpi idrici sotterranei identificati in conformità all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva [2000/60], i requisiti di cui all’articolo 7, paragrafo 3, di detta direttiva sono rispettati, in conformità dell’allegato III, punto 4, della direttiva [2000/60];
iv) la capacità del corpo idrico sotterraneo o di ogni singolo corpo del gruppo di corpi idrici sotterranei di sostenere gli usi umani non è stata danneggiata in maniera significativa dall’inquinamento.
3. La selezione dei siti di monitoraggio delle acque sotterranee deve soddisfare i requisiti dell’allegato V, punto 2.4, della direttiva [2000/60] essendo concepita in modo da fornire una panoramica coerente e complessiva dello stato chimico delle acque sotterranee e da fornire dati di monitoraggio rappresentativi.
4. Gli Stati membri pubblicano una sintesi della valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee nei piani di gestione dei bacini idrografici predisposti in conformità dell’articolo 13 della direttiva [2000/60].
Tale sintesi, redatta a livello di distretto idrografico o della parte del distretto idrografico internazionale che rientra nel territorio di uno Stato membro, contiene anche una spiegazione del modo in cui si è tenuto conto, nella valutazione finale, dei superamenti delle norme di qualità delle acque sotterranee o dei valori soglia in singoli punti di monitoraggio.
5. Se un corpo idrico sotterraneo è classificato in buono stato chimico in conformità del paragrafo 2, lettera c), gli Stati membri prendono le misure necessarie in conformità dell’articolo 11 della direttiva [2000/60] per proteggere gli ecosistemi acquatici, gli ecosistemi terrestri e gli usi umani delle acque sotterranee dipendenti dalla parte del corpo idrico sotterraneo rappresentata dal punto o dai punti di monitoraggio in cui è stato superato il valore per una norma di qualità delle acque sotterranee o il valore soglia».
Direttiva 2000/60
14 A termini dei considerando da 23 a 26 e 37 della direttiva 2000/60:
«(23) Occorre disporre di principi comuni per coordinare gli interventi degli Stati membri diretti a migliorare la protezione delle acque della Comunità sia quantitativamente che qualitativamente, promuovere un’utilizzazione sostenibile dell’acqua, contribuire al controllo dei problemi delle acque (…), per proteggere gli ecosistemi acquatici nonché gli ecosistemi terrestri e le zone umide che dipendono direttamente da essi, e per salvaguardare e sviluppare le utilizzazioni potenziali delle acque della Comunità.
(24) Una buona qualità delle acque contribuirà ad assicurare la fornitura di acqua potabile alla popolazione.
(25) È opportuno stabilire definizioni comuni di stato delle acque, sotto il profilo qualitativo e anche, laddove ciò si riveli importante per la protezione dell’ambiente, sotto il profilo quantitativo. Si dovrebbero fissare obiettivi ambientali per raggiungere un buono stato delle acque superficiali e sotterranee in tutta la Comunità e impedire il deterioramento dello stato delle acque a livello comunitario.
(26) Gli Stati membri dovrebbero cercare di raggiungere almeno l’obiettivo di un buono stato delle acque definendo e attuando le misure necessarie nell’ambito di programmi integrati di misure, nell’osservanza dei vigenti requisiti comunitari. Ove le acque abbiano già raggiunto un buono stato, si dovrebbe mantenere tale situazione. Per le acque sotterranee, oltre ai requisiti di un buono stato, si dovrebbe identificare e correggere qualsiasi tendenza significativa e prolungata all’aumento della concentrazione di sostanze inquinanti.
(…)
(37) Gli Stati membri dovrebbero designare le acque usate per la produzione di acqua potabile, garantendo il rispetto della direttiva 80/778/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano [(GU 1980, L 229, pag. 11)]».
15 L’articolo 1 di tale direttiva definisce l’obiettivo della medesima come segue:
«Scopo della presente direttiva è istituire un quadro per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque di transizione, delle acque costiere e sotterranee che:
a) impedisca un ulteriore deterioramento, protegga e migliori lo stato degli ecosistemi acquatici e degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico;
b) agevoli un utilizzo idrico sostenibile fondato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche disponibili;
(…)
d) assicuri la graduale riduzione dell’inquinamento delle acque sotterranee e ne impedisca l’aumento, e
(…)
contribuendo quindi a:
– garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo,
– ridurre in modo significativo l’inquinamento delle acque sotterranee,
– (…)».
16 L’articolo 2 di detta direttiva contiene le definizioni seguenti ai suoi punti 2, 12, 19, 20, 25, 28, 31 e 33:
«2) “acque sotterranee” tutte le acque che si trovano sotto la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con il suolo e il sottosuolo;
(…)
12) “corpo idrico sotterraneo”: un volume distinto di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
(…)
19) “stato delle acque sotterranee”: espressione complessiva dello stato di un corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo stato quantitativo e chimico;
20) “buono stato delle acque sotterranee”: lo stato raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno “buono”.
(…)
25) “buono stato chimico delle acque sotterranee”: stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella 2.3.2 dell’allegato V;
(…)
28) “buono stato quantitativo”: stato definito nella tabella 2.1.2 dell’allegato V;
(…)
31) “inquinante”: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate nell’allegato VIII;
(…)
33) “inquinamento”: l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze o di calore nell’aria, nell’acqua o nel terreno, che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando, deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell’ambiente».
17 L’articolo 4, paragrafo 1, lettere a) e b), della medesima direttiva è così formulato:
«1. Nel rendere operativi i programmi di misure specificate nei piani di gestione dei bacini idrografici:
a) Per le acque superficiali
i) gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali, fatta salva l’applicazione dei paragrafi 6 e 7 e fermo restando il paragrafo 8;
ii) gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano tutti i corpi idrici superficiali, salva l’applicazione del punto iii) per i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all’allegato V entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;
iii) gli Stati membri proteggono e migliorano tutti i corpi idrici artificiali e quelli fortemente modificati, al fine di raggiungere un buono stato delle acque superficiali in base alle disposizioni di cui all’allegato V entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, e salvo il paragrafo 8;
iv) gli Stati membri attuano le misure necessarie a norma dell’articolo 16, paragrafo 1, e dell’articolo 16, paragrafo 8, al fine di ridurre progressivamente l’inquinamento causato dall[e] sostanze pericolose prioritarie e arrestare o eliminare gradualmente le emissioni, gli scarichi e le perdite di sostanze pericolose prioritarie,
fermi restando, per le parti interessate, i pertinenti accordi internazionali di cui all’articolo 1.
b) Per le acque sotterranee
i) gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire o limitare l’immissione di inquinanti nelle acque sotterranee e per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici sotterranei, salva l’applicazione dei paragrafi 6 e 7 e salvo il paragrafo 8 del presente articolo e salva l’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera j);
ii) gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano i corpi idrici sotterranei, e assicurano un equilibrio tra l’estrazione e il ravvenamento delle acque sotterranee al fine di conseguire un buono stato delle acque sotterranee in base alle disposizioni di cui all’allegato V, entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, salve le proroghe stabilite a norma del paragrafo 4 e l’applicazione dei paragrafi 5, 6 e 7, salvo il paragrafo 8 e salva l’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, lettera g);
iii) gli Stati membri attuano le misure necessarie a invertire le tendenze significative e durature all’aumento della concentrazione di qualsiasi inquinante derivante dall’impatto dell’attività umana per ridurre progressivamente l’inquinamento delle acque sotterranee.
Le misure volte a conseguire l’inversione di tendenza vengono attuate a norma dell’articolo 17, paragrafi 2, 4 e 5, tenendo conto degli standard applicabili stabiliti nella pertinente normativa comunitaria, fatta salva l’applicazione dei paragrafi 6 e 7 e salvo il paragrafo 8».
18 L’articolo 4, paragrafo 4, lettera c), della direttiva 2000/60 prevede quanto segue:
«4. A condizione che non si verifichi un ulteriore deterioramento dello stato del corpo idrico in questione, è possibile prorogare i termini fissati dal paragrafo 1 allo scopo di conseguire gradualmente gli obiettivi per quanto riguarda i corpi idrici, e che sussistano tutte le seguenti condizioni:
(…)
c) le proroghe non superano il periodo corrispondente a due ulteriori aggiornamenti del piano di gestione del bacino idrografico, tranne i casi in cui le condizioni naturali non consentono di conseguire gli obiettivi entro tale periodo».
19 L’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), di tale direttiva è così formulato:
«7. Gli Stati membri non violano la presente direttiva qualora:
– il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l’incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o
– l’incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,
purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:
a) è fatto tutto il possibile per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico;
b) le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall’articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni;
c) le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e
d) per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale».
20 L’articolo 13, paragrafo 7, di detta direttiva così dispone:
«I piani di gestione dei bacini idrografici sono riesaminati e aggiornati entro 15 anni dall’entrata in vigore della presente direttiva e, successivamente, ogni sei anni».
21 L’articolo 17 della medesima direttiva, intitolato «Strategie per prevenire e controllare l’inquinamento delle acque sotterranee», ai suoi paragrafi 1 e 2 prevede quanto segue:
«1. Il Parlamento europeo e il Consiglio [dell’Unione europea] adottano misure specifiche per prevenire e controllare l’inquinamento delle acque sotterranee. Tali misure sono volte a raggiungere l’obiettivo del buono stato chimico delle acque sotterranee, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), e sono adottate sulla base di una proposta che la Commissione [europea] presenta entro due anni dall’entrata in vigore della presente direttiva, secondo le procedure stabilite dal trattato.
2. Nel proporre le misure, la Commissione tiene conto dell’analisi effettuata conformemente all’articolo 5 e all’allegato II. Tali misure sono proposte in anticipo, se sono disponibili i dati, e comprendono:
a) criteri per valutare il buono stato chimico delle acque sotterranee, secondo l’allegato II, punto 2.2 e dell’allegato V, punti 2.3.2 e 2.4.5;
(…)».
22 Il punto 2.3 dell’allegato V della direttiva 2000/60 verte sulla valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee. Il punto 2.3.1 di tale allegato menziona la «conduttività» e le «concentrazioni di inquinanti» come i «parametri per la determinazione dello stato chimico» delle acque sotterranee.
23 Il punto 2.3.2 dell’allegato V di tale direttiva definisce il «buono stato chimico» delle acque sotterranee come segue:
«Definizione di buono stato chimico delle acque sotterranee
Elementi
Generali
(…)
24 Il punto 2.4 dell’allegato V di detta direttiva riguarda il monitoraggio dello stato chimico delle acque sotterranee e prevede, in particolare, al punto 2.4.1 della stessa, che «[l]a rete di monitoraggio (…) è progettata in modo da fornire una panoramica coerente e complessiva dello stato chimico delle acque sotterranee all’interno di ciascun bacino idrografico e da rilevare eventuali tendenze antropiche ascendenti a lungo termine riguardo agli inquinanti».
25 Il punto 2.4.5 dell’allegato V della medesima direttiva verte sull’interpretazione e sulla presentazione dello stato chimico delle acque sotterranee. Esso è così formulato:
«Per stabilire lo stato, i risultati ottenuti nei singoli punti di monitoraggio all’interno di un corpo idrico sotterraneo sono aggregati per il corpo nel suo complesso. Fatte salve le direttive applicabili, perché a un corpo idrico sotterraneo sia riconosciuto lo stato buono relativamente ai parametri chimici per i quali la normativa comunitaria fissa standard di qualità ambientale:
– deve essere calcolata la media dei risultati del monitoraggio ottenuti in ciascun punto del corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei,
– a norma dell’articolo 17, la conformità al buono stato chimico delle acque sotterranee deve essere dimostrata dalle medie così calcolate.
Fatto salvo il punto 2.5, gli Stati membri forniscono una mappa dello stato chimico delle acque sotterranee, conforme allo schema cromatico seguente:
buono: verde,
scarso: rosso.
(…)
Tali mappe sono incorporate nel piano di gestione del bacino idrografico».
Diritto tedesco
26 L’articolo 46 del Verwaltungsverfahrensgesetz (legge sul procedimento amministrativo), del 23 gennaio 2003 (BGBl. 2003 I, pag. 102), relativo agli effetti dei vizi di procedura e di forma, così dispone:
«L’annullamento di un atto amministrativo che non sia viziato da nullità ai sensi dell’articolo 44 non può essere richiesto per il solo fatto che è stato adottato in violazione di norme di procedura o di formalità o di una competenza territoriale, qualora sia manifesto che tale inosservanza non abbia avuto alcuna incidenza sul merito della decisione».
27 L’articolo 4 dell’Umweltrechtsbehelfsgesetz (legge sui mezzi di ricorso in materia ambientale), del 7 dicembre 2006 (BGBl. 2006 I, pag. 2816), nella sua versione pubblicata il 23 agosto 2017 (BGBl. 2017 I, pag. 3290), è così formulato:
«(1) L’annullamento di una decisione relativa all’ammissibilità di un progetto conformemente all’articolo 1, paragrafo 1, prima frase, punti da 1 a 2b, può essere richiesto nel caso in cui:
1. non sia stata effettuata, neanche a posteriori
a) una valutazione ambientale richiesta dalle disposizioni del Gesetz über die Umweltverträglichkeitsprüfung (legge sulla valutazione dell’impatto ambientale), del 24 febbraio 2010 (BGBl. 2010 I, pag. 94)], (…) oppure
b) una valutazione preliminare, caso per caso, della necessità di effettuare una valutazione ambientale come richiesto dalle disposizioni della legge sulla valutazione dell’impatto ambientale
(…)
2. la necessaria partecipazione del pubblico ai sensi dell’articolo 18 della legge sulla valutazione dell’impatto ambientale o ai sensi dell’articolo 10 del Bundes-Immissionsschutzgesetz (legge federale sul controllo delle immissioni) non sia stata effettuata, neanche a posteriori, oppure
3. si sia verificato un altro vizio procedurale
a) cui non sia stato posto rimedio,
b) che sia paragonabile, per natura e gravità, ai casi di cui ai punti 1 e 2; e
c) che abbia privato il pubblico interessato della possibilità, prevista dalla legge, di partecipare al processo decisionale; tale partecipazione al processo decisionale comprende l’accesso ai documenti, che devono essere messi a disposizione del pubblico per la consultazione.
(…)
(1a) L’articolo 46 della legge sulla procedura amministrativa (…) si applica agli errori procedurali non contemplati dal paragrafo 1. Qualora il giudice non possa stabilire se un errore procedurale di cui alla prima frase abbia influito sulla decisione in materia, si presume che ciò sia avvenuto.
(…)
3) I paragrafi da 1 a 2 si applicano ai mezzi di ricorso esperiti da
1. persone ai sensi dell’articolo 61, punto 1, del Verwaltungsgerichtsordnung [(legge sull’organizzazione della giustizia amministrativa), del 21 gennaio 1960 (BGBl. 1960 I, pag. 17)], e delle associazioni ai sensi dell’articolo 61, punto 2, di [tale legge] e
2. associazioni rispondenti ai requisiti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, o all’articolo 2, paragrafo 2.
Il paragrafo 1, prima frase, punto 3, si applica ai mezzi di ricorso esperiti da persone e associazioni a norma della prima frase, punto 1, a condizione che l’annullamento di una decisione possa essere richiesto solo qualora l’errore procedurale abbia privato l’interessato della possibilità di partecipare al processo decisionale come previsto dalla legge.
(…)».
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
28 Con decisione del 27 settembre 2016 (in prosieguo: la «decisione controversa»), il distretto di Detmold (in prosieguo: l’«autorità competente per l’autorizzazione») ha approvato, su richiesta dell’amministrazione dell’edilizia stradale del Land Renania settentrionale – Westfalia, il piano di costruzione del tratto dell’autostrada A 33/strada federale B 61 che comprende da tre a quattro corsie su una distanza di circa 3,7 chilometri.
29 Tale decisione autorizzava il committente a smaltire le acque piovane che scendevano sulle superfici stradali in tre corpi idrici superficiali o nelle acque sotterranee. A tale riguardo, la decisione comprendeva, sia per lo scarico delle acque piovane nelle acque superficiali sia per la loro infiltrazione nelle acque sotterranee, numerose disposizioni accessorie destinate a garantire la protezione delle acque.
30 I documenti relativi al progetto di cui trattasi sono stati messi a disposizione del pubblico nel periodo compreso tra il 30 agosto e il 29 settembre 2010. Sebbene i documenti relativi alla circolazione, alla protezione delle specie e alla fauna fossero menzionati nell’annuncio di tale messa a disposizione, ciò non è avvenuto per i documenti relativi alla protezione contro il rumore e al drenaggio delle acque, circostanza che ha suscitato talune obiezioni da parte del pubblico.
31 Tenendo conto della procedura di consultazione, il committente ha proceduto a diverse modifiche del piano, in relazione, in particolare, al drenaggio delle acque pluviali. Esso ha, inoltre, redatto un «frontespizio» che elencava i documenti messi a disposizione del pubblico. Ulteriori obiezioni sono state poi sollevate dal pubblico in occasione della nuova consultazione organizzata durante il periodo dal 19 maggio al 18 giugno 2014.
32 A seguito dell’autorizzazione del progetto di cui trattasi, i ricorrenti nel procedimento principale, che erano oggetto di espropriazione o disponevano, nel perimetro del progetto, di un pozzo domestico per il loro approvvigionamento privato di acqua potabile, hanno adito il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Germania), giudice del rinvio, con un ricorso avverso la decisione controversa. In tale contesto, detto giudice è tenuto a procedere a un esame completo della legittimità di tale decisione.
33 A tale riguardo, il Bundesverwaltungsgericht rileva che, prima dell’autorizzazione del piano di costruzione, i corpi idrici non sono stati sottoposti ad alcun controllo documentato relativo alla protezione dei corpi idrici interessati.
34 Vero è che l’autorità competente per l’autorizzazione ha affermato che, nel corso della procedura di autorizzazione, era stato effettuato un controllo dei corpi idrici interessati. Tuttavia, è solo nel corso del procedimento contenzioso che tale autorità ha fornito uno studio tecnico concernente il drenaggio delle acque, di 48 pagine in totale, che descriveva i corpi idrici interessati e gli effetti del progetto di cui trattasi sui loro elementi qualitativi (in prosieguo: lo «studio tecnico concernente il drenaggio delle acque»). È per questo motivo che il giudice del rinvio ritiene che il pubblico non sia stato sufficientemente informato dell’impatto ambientale del progetto nel corso della procedura di autorizzazione, che è, pertanto, inficiata da un vizio procedurale.
35 Orbene, nel caso di specie, secondo il Bundesverwaltungsgericht, tale vizio procedurale non è tale da comportare l’annullamento della decisione controversa, poiché non vi è stata alcuna incidenza sul senso di tale decisione. In tal caso, in forza del diritto tedesco applicabile, un siffatto vizio procedurale può essere invocato da un ricorrente individuale e può comportare l’annullamento della decisione di autorizzazione del piano solo se tale ricorrente sia stato effettivamente privato della possibilità di partecipare al processo decisionale.
36 Inoltre, il giudice del rinvio si chiede se sia escluso che il controllo relativo al divieto di deterioramento dei corpi idrici interessati da un progetto possa avvenire solo dopo l’adozione della decisione di autorizzazione. Esso ritiene che la direttiva 2000/60 potrebbe esigere che detto controllo sia effettuato prima di tale momento nell’ambito di un procedimento amministrativo trasparente. Ciò implicherebbe che spetti non già ai giudici, nell’ambito di un procedimento contenzioso, bensì alle autorità amministrative competenti eseguire gli adempimenti necessari e redigere la documentazione richiesta.
37 Se tale interpretazione della direttiva 2000/60 dovesse essere accolta, il giudice del rinvio ritiene di essere tenuto a decidere se, nel procedimento principale, il procedimento amministrativo debba essere riaperto al fine di procedere a una nuova consultazione pubblica.
38 In tale contesto, sarebbe necessario rispondere alla questione se i documenti messi a disposizione del pubblico ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 2011/92 debbano sistematicamente contenere una relazione relativa al rispetto della normativa sulla qualità dell’acqua. Il Bundesverwaltungsgericht ritiene che, quando un committente procede a un controllo delle condizioni previste dalla direttiva 2000/60, la relazione che sottopone all’autorità competente per l’autorizzazione dovrebbe essere considerata come uno dei «principali rapporti», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2011/92, e dovrebbe, pertanto, essere accessibile nel corso della fase di consultazione pubblica.
39 Tuttavia, secondo la giurisprudenza del Bundesverwaltungsgericht, una nuova partecipazione del pubblico non è sempre necessaria. Infatti, nel caso di specie, lo studio tecnico concernente il drenaggio delle acque è stato redatto soltanto dopo la pronuncia della sentenza del 1º luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C-461/13, EU:C:2015:433) e, pertanto, dopo la fase di consultazione pubblica. In questa ipotesi molto specifica, una nuova partecipazione del pubblico potrebbe essere omessa nei limiti in cui i diversi documenti accessibili al pubblico prima dell’autorizzazione del progetto soddisfino due condizioni. Da un lato, tali documenti devono, in sostanza, contenere le stesse informazioni di una relazione che esamina, alla luce dei criteri previsti dalla direttiva 2000/60, l’impatto del progetto sull’acqua. Dall’altro lato, occorre che i documenti disponibili nonché detta relazione pervengano alle medesime conclusioni.
40 Inoltre, il giudice del rinvio ritiene che l’obbligo di impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici riguardi sia le acque superficiali sia le acque sotterranee e che le considerazioni derivanti dalla sentenza del 1º luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C-461/13, EU:C:2015:433), per quanto riguarda le acque superficiali siano ampiamente trasponibili alle acque sotterranee. Tuttavia, per stabilire se sussista o meno un deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo, la direttiva 2000/60 distinguerebbe solo il «buono stato» dallo «stato scarso». Inoltre, conformemente al punto 2.4.5 dell’allegato V di tale direttiva, un deterioramento riscontrato localmente potrebbe essere preso in considerazione soltanto qualora pregiudichi il corpo idrico interessato nel suo complesso.
41 In considerazione della sentenza del 1º luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C-461/13, EU:C:2015:433), il giudice del rinvio ritiene che sussista un deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo in due fattispecie: da un lato, quando almeno uno degli elementi di qualità, di cui all’allegato V della direttiva 2000/60, non rispetta, a motivo del progetto, uno dei parametri applicabili e, dall’altro, quando la concentrazione di inquinanti che supera già un valore limite in vigore aumenta ulteriormente.
42 Per quanto riguarda i valori limite in vigore, il Bundesverwaltungsgericht ritiene che occorra fare riferimento alla direttiva 2006/118, ma che, nel caso di specie, non possa essere accertato alcun deterioramento dei corpi idrici sotterranei.
43 Infine, il giudice del rinvio ritiene che gli obblighi di impedire il deterioramento e di migliorare lo stato dei corpi idrici di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 non implichino che tutti i membri del pubblico interessato da un progetto e che fanno valere una violazione dei loro diritti siano legittimati a contestare una decisione che viola tali obblighi. Infatti, in forza del diritto tedesco applicabile, un ricorso di un ricorrente individuale sarebbe ricevibile soltanto se tale ricorrente invocasse la violazione delle disposizioni che mirano almeno in parte a tutelare i propri diritti.
44 Tanto l’obbligo di impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici quanto quello di migliorare questi ultimi dovrebbero essere rispettati dalle autorità pubbliche. Tuttavia, nel diritto tedesco, tali obblighi non conferiscono alcun diritto soggettivo ai singoli eventualmente interessati dall’impatto di un progetto sull’acqua. Essi stabilirebbero obiettivi di gestione dell’acqua e servirebbero esclusivamente l’interesse pubblico.
45 A tale riguardo, dalle sentenze del 15 ottobre 2015, Commissione/Germania (C-137/14, EU:C:2015:683), dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C-243/15, EU:C:2016:838) e del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation (C-664/15, EU:C:2017:987), risulterebbe che sia sufficiente che associazioni per la tutela dell’ambiente abbiano la possibilità di far verificare il rispetto della normativa dell’Unione in materia ambientale che serve l’interesse pubblico. Tale concezione del diritto di ricorso corrisponderebbe a quella dell’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2011/92 e dell’articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus.
46 Ciò premesso, dai considerando 24 e 37 nonché dall’articolo 1, primo trattino, della direttiva 2000/60 risulterebbe che quest’ultima protegge l’acqua non solo in quanto componente dell’ecosistema, ma anche ai fini della fornitura di acqua potabile alla popolazione. Pertanto, si dovrebbe ritenere che gli obblighi da essa stabiliti contribuiscano alla tutela della salute umana. Conformemente alla giurisprudenza della Corte (sentenze del 25 luglio 2008, Janecek, C-237/07, EU:C:2008:447; dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK, C-243/15, EU:C:2016:838, e del 20 dicembre 2017, Protect Natur-, Arten- und Landschaftsschutz Umweltorganisation, C-664/15, EU:C:2017:987), le persone la cui salute sia minacciata dalla violazione delle disposizioni imperative di una direttiva dovrebbero potersene avvalere dinanzi al giudice nazionale competente.
47 Alla luce di tali considerazioni, non sarebbe escluso che i ricorrenti nel procedimento principale che dispongono di un pozzo domestico nel perimetro del progetto di cui trattasi possano far valere una violazione del divieto di deterioramento e dell’obbligo di miglioramento dello stato dei corpi idrici previsti dalla direttiva 2000/60 quando la loro salute possa essere minacciata a causa del mancato rispetto di detti obblighi.
48 In tali circostanze, il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva [2011/92] debba essere interpretato nel senso che sia ad esso conforme una norma nazionale, in base alla quale un ricorrente, che non sia un’associazione ambientalista riconosciuta, possa agire ai fini dell’annullamento di una decisione per vizi procedurali nel solo caso in cui il vizio gli abbia impedito la partecipazione, prevista dalla legge, al processo decisionale.
2) a) Se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punti da i) a iii), della direttiva [2000/60] debba essere interpretato nel senso che esso contenga non solo un criterio di valutazione di diritto sostanziale, bensì parimenti criteri relativi alla procedura di autorizzazione amministrativa.
b) Nel caso di risposta affermativa alla questione sub a), se la partecipazione del pubblico prevista dall’articolo 6 della direttiva [2000/60] debba essere sempre e obbligatoriamente riferita ai documenti inerenti alla valutazione prevista dalla normativa in materia di acque nel senso menzionato supra oppure se sia ammissibile una differenziazione in base al momento della redazione della documentazione e alla sua complessità.
3) Se la nozione di “deterioramento dello stato di un corpo idrico sotterraneo” di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punto i), della [direttiva 2000/60] debba essere interpretata nel senso che un deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo ricorra non appena non venga rispettato, per effetto del progetto, quantomeno uno standard di qualità ambientale relativo ad un parametro e nel senso che, a prescindere da tale rilievo, nel caso in cui venga già superata la soglia di riferimento, costituisca un deterioramento qualsiasi ulteriore aumento (misurabile) della concentrazione.
4) a) Se l’articolo 4 della [direttiva 2000/60] – alla luce della sua efficacia vincolante (articolo 288 TFUE) e della garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva (articolo 19 TUE) – debba essere interpretato nel senso che tutti gli appartenenti al pubblico interessato dal progetto, i quali lamentino di essere lesi nei propri diritti dall’autorizzazione di detto progetto, siano parimenti legittimati a far valere in giudizio le violazioni del divieto di deterioramento e dell’obbligo di miglioramento ai sensi della normativa in materia di acque.
b) In caso di risposta negativa alla questione sub a), se l’articolo 4 della [direttiva 2000/60] -in considerazione della sua finalità – debba essere interpretato nel senso che, in ogni caso, i ricorrenti, i quali utilizzano pozzi per l’approvvigionamento idrico privato in prossimità del tratto di strada progettato possano far valere in giudizio le violazioni del divieto di deterioramento e dell’obbligo di miglioramento ai sensi della normativa in materia di acque».
SULLE QUESTIONI PREGIUDIZIALI
Sulla prima questione
49 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/92 debba essere interpretato nel senso che consente agli Stati membri di prevedere che una domanda di annullamento della decisione di autorizzazione di un progetto per vizio procedurale sia ricevibile soltanto se l’irregolarità di cui trattasi abbia privato il ricorrente del suo diritto di partecipazione al processo decisionale in materia ambientale garantito dall’articolo 6 di tale direttiva.
50 Dalla decisione di rinvio risulta che il progetto di cui trattasi, vale a dire la costruzione di un tratto autostradale, è stato sottoposto, prima della sua autorizzazione, ad una valutazione del suo impatto ambientale. In particolare, esso poteva avere un impatto sullo stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei situati nel perimetro del progetto, segnatamente a causa del drenaggio delle acque piovane. Tuttavia, prima dell’adozione della decisione controversa, nessuna documentazione concernente l’impatto del progetto sulle acque e il rispetto degli obblighi derivanti, in particolare, dall’articolo 4 della direttiva 2000/60 è stata resa accessibile al pubblico. Secondo il giudice del rinvio, l’autorizzazione del progetto di cui trattasi è, di conseguenza, inficiata da un vizio procedurale.
51 Dalla decisione di rinvio risulta altresì che, nel corso della procedura di autorizzazione del progetto di cui trattasi, è stato effettuato un controllo dei corpi idrici interessati, senza essere stato documentato. Lo studio tecnico concernente il drenaggio delle acque, contenente indicazioni relative all’esame del rispetto degli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60, è stato redatto solo dopo l’autorizzazione del progetto.
52 Inoltre, il giudice del rinvio sottolinea che il progetto in questione rispetta l’obbligo di impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici, previsto all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60. In considerazione dell’aumento minimo del tasso di cloruro, che resterà al di sotto dei valori limite applicabili, tale progetto non comporterà verosimilmente un deterioramento della qualità delle acque. Di conseguenza, sarebbe evidente che il vizio procedurale invocato dai ricorrenti nel procedimento principale non abbia avuto alcun impatto sul senso della decisione controversa.
53 È sulla base di quest’ultima premessa che occorre rispondere alla prima questione sottoposta alla Corte.
54 Occorre ricordare che, secondo l’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 2011/92, gli Stati membri provvedono, in conformità del proprio ordinamento giuridico nazionale, affinché i membri del «pubblico interessato» che vantino un interesse sufficiente o, in alternativa, che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto, possano proporre ricorso contro decisioni, atti e omissioni soggetti alle disposizioni di tale direttiva per contestarne la legittimità sostanziale o procedurale.
55 Pertanto, la ricevibilità di un ricorso può essere subordinata alla sussistenza di un «interesse sufficiente» o alla sussistenza di una «violazione di un diritto», a seconda che la normativa nazionale faccia ricorso all’una o all’altra di tali condizioni (v., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, Gruber, C-570/13, EU:C:2015:231, punto 33).
56 L’articolo 11, paragrafo 3, della direttiva 2011/92 prevede che gli Stati membri determinino ciò che costituisce sia un interesse sufficiente sia una violazione di un diritto, compatibilmente con l’obiettivo di offrire al pubblico interessato un ampio accesso alla giustizia.
57 A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che il legislatore nazionale può limitare i diritti di cui può essere invocata la violazione da parte di un singolo per poter proporre un ricorso giurisdizionale avverso una delle decisioni, atti od omissioni previsti all’articolo 10 bis della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 1985, L 175, pag. 40), divenuto l’articolo 11 della direttiva 2011/92, ai soli diritti soggettivi, ossia ai diritti individuali che possono, secondo il diritto nazionale, essere qualificati come diritti soggettivi pubblici (v., in tal senso, sentenze del 12 maggio 2011, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein-Westfalen, C-115/09, EU:C:2011:289, punto 45, del 16 aprile 2015, Gruber, C-570/13, EU:C:2015:231, punto 40 e del 15 ottobre 2015, Commissione/Germania, C-137/14, EU:C:2015:683, punto 33).
58 La Corte ha altresì dichiarato che, quando un vizio procedurale non comporta conseguenze atte ad incidere sul senso della decisione impugnata, non si può ritenere che esso leda i diritti di colui che lo invoca (v., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a., C-72/12, EU:C:2013:712, punto 49).
59 Pertanto, tenuto conto del fatto che l’articolo 11 della direttiva 2011/92 lascia agli Stati membri un apprezzabile margine di manovra per determinare ciò che costituisce violazione di un diritto ai sensi di tale articolo 11, paragrafo 1, lettera b), il diritto nazionale può non riconoscere una tale violazione, qualora si dimostri che è possibile, in base alle circostanze della fattispecie, che la decisione contestata non sarebbe stata diversa senza il vizio procedurale invocato (v., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a., C-72/12, EU:C:2013:712, punti 50 e 51).
60 Pertanto, una normativa nazionale, che subordini la ricevibilità dei ricorsi dei singoli alla condizione che essi facciano valere una violazione di un diritto e che, al contempo, consenta ai singoli di far valere un vizio procedurale che inficia la partecipazione del pubblico al processo decisionale, anche qualora tale vizio non abbia inciso sul senso della decisione di cui trattasi, mette a disposizione un mezzo di ricorso anche in casi in cui l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/92 non lo richiede.
61 Il legislatore nazionale può, pertanto subordinare la ricevibilità di un ricorso di annullamento della decisione di autorizzazione di un progetto per vizio procedurale, laddove quest’ultimo non sia tale da modificare il senso di tale decisione, alla condizione che esso abbia effettivamente privato i ricorrenti del loro diritto di partecipare al processo decisionale.
62 Ad ogni buon conto, occorre ancora indicare che, come sottolineato al punto 90, secondo trattino, della presente sentenza, in assenza, nel fascicolo messo a disposizione del pubblico, dei dati necessari per valutare l’impatto di un progetto sull’acqua, il pubblico non è posto in condizione di partecipare utilmente al processo decisionale.
63 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione sollevata dichiarando che l’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/92 deve essere interpretato nel senso che consente agli Stati membri di prevedere che, qualora un vizio procedurale che inficia la decisione di autorizzazione di un progetto non sia tale da modificarne il senso, la domanda di annullamento di tale decisione sia ricevibile soltanto se l’irregolarità di cui trattasi abbia privato il ricorrente del suo diritto di partecipare al processo decisionale in materia ambientale, garantito dall’articolo 6 di tale direttiva.
Sulla seconda questione
64 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2000/60 debba essere interpretato nel senso che osta a che il controllo del rispetto degli obblighi da esso previsti possa intervenire soltanto dopo che il progetto è stato autorizzato.
65 Se del caso, il giudice del rinvio chiede inoltre se l’articolo 6 della direttiva 2011/92 debba essere interpretato nel senso che le informazioni da mettere a disposizione del pubblico nel corso della procedura di autorizzazione di un progetto debbano sempre includere documenti che comportano un esame di tale progetto alla luce degli obblighi stabiliti dalla direttiva 2000/60.
66 Per quanto riguarda la prima parte della seconda questione, occorre rilevare, in via preliminare, che i quesiti del giudice del rinvio vertono non solo sugli obblighi previsti all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2000/60, per le acque superficiali, ma anche su quelli previsti all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva, per le acque sotterranee.
67 Secondo l’articolo 1, primo comma, lettera a), della direttiva 2000/60, scopo di quest’ultima è quello di istituire un quadro per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque di transizione, delle acque costiere e sotterranee che impedisca un ulteriore deterioramento, protegga e migliori lo stato degli ecosistemi acquatici e degli ecosistemi terrestri che ne sono direttamente dipendenti.
68 A tale riguardo, occorre ricordare che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2000/60 impone due obiettivi distinti, pur se intrinsecamente legati. Da un lato, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punto i), gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici superficiali (obbligo di impedire il deterioramento). Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punti ii) e iii), gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano tutti i corpi idrici superficiali al fine di raggiungere un «buono stato» entro la fine del 2015 (obbligo di miglioramento) (sentenza del 1° luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, C-461/13, EU:C:2015:433, punto 39).
69 L’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2000/60 stabilisce, per le acque sotterranee, obblighi in gran parte identici a quelli previsti per le acque superficiali. Da un lato, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punto i), gli Stati membri attuano le misure necessarie per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici sotterranei (obbligo di impedire il deterioramento). Dall’altro lato, ai sensi di tale articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punto ii), gli Stati membri proteggono, migliorano e ripristinano tutti i corpi idrici sotterranei al fine di conseguire un «buono stato» entro la fine del 2015 (obbligo di miglioramento).
70 Pertanto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, gli obiettivi della direttiva 2000/60 per le acque superficiali e le acque sotterranee sono simili.
71 A tale riguardo, occorre ricordare che lo scopo della direttiva 2000/60 consiste nel conseguire, mediante un’azione coordinata, il «buono stato» di tutte le acque superficiali e sotterranee dell’Unione europea in vista del 2015. Sia l’obbligo di miglioramento sia quello di impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici sono intesi a realizzare tale obiettivo qualitativo (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, C-461/13, EU:C:2015:433, punti 37, 38 e 41).
72 Inoltre, dal tenore letterale, dalla sistematica e dalla finalità dell’articolo 4 della direttiva 2000/60, risulta che, al pari degli obblighi previsti all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), per le acque superficiali, i quali, come rilevato dalla Corte nella sentenza del 1º luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C-461/13, EU:C:2015:433, punto 43), hanno carattere vincolante, anche quelli previsti all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), per le acque sotterranee hanno un siffatto carattere.
73 Ne consegue che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60 non si limita ad enunciare, in termini di formulazione programmatica, meri obiettivi di pianificazione di gestione, ma produce effetti vincolanti, in esito alla determinazione dello stato ecologico del corpo idrico in parola, in ogni fase della procedura prescritta da tale direttiva.
74 L’articolo 4 della direttiva 2000/60 non contiene soltanto obblighi di pianificazione a più lungo termine previsti dai piani di gestione e dai programmi di misure, ma riguarda anche progetti particolari ai quali si applica parimenti il divieto di deterioramento dello stato dei corpi idrici. Di conseguenza, uno Stato membro è tenuto a negare l’autorizzazione di un progetto ove quest’ultimo sia tale da deteriorare lo stato del corpo idrico in questione o da pregiudicare il conseguimento di un «buono stato» dei corpi idrici superficiali o sotterranei, fatte salve le deroghe parimenti previste a tale articolo 4 (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, C-461/13, EU:C:2015:433, punti 47, 48 e 50).
75 Più precisamente, come dichiarato dalla Corte, qualora un progetto sia idoneo a produrre effetti negativi per l’acqua, esso può essere autorizzato solo se sono soddisfatte le condizioni previste all’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), di tale direttiva. Spetta alle autorità nazionali competenti ad autorizzare un progetto controllare che tali condizioni siano soddisfatte prima del rilascio di tale autorizzazione, fatto salvo un eventuale sindacato giurisdizionale (v., in tal senso, sentenza del 1° giugno 2017, Folk, C-529/15, EU:C:2017:419, punti 36 e 39).
76 Da quanto precede risulta che, nel corso della procedura di autorizzazione di un progetto, e quindi prima dell’adozione della decisione, le autorità competenti sono tenute, in forza dell’articolo 4 della direttiva 2000/60, a controllare se tale progetto possa comportare effetti negativi sull’acqua che siano contrari agli obblighi di impedire il deterioramento e di migliorare lo stato dei corpi idrici superficiali e sotterranei. Tale disposizione osta, di conseguenza, a che un siffatto controllo intervenga soltanto dopo tale momento.
77 Per quanto riguarda la seconda parte della seconda questione, relativa alle informazioni da mettere a disposizione del pubblico prima dell’autorizzazione di un progetto, occorre ricordare che l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2011/92 impone che i progetti che possano avere un significativo impatto ambientale, ai sensi dell’articolo 4 della medesima, in combinato disposto con l’allegato I o II di tale direttiva, siano sottoposti a una valutazione dell’impatto ambientale prima del rilascio dell’autorizzazione (sentenza del 28 febbraio 2018, Comune di Castelbellino, C-117/17, EU:C:2018:129, punto 24).
78 Il carattere preventivo di una tale valutazione è giustificato dalla necessità che, a livello di processo decisionale, l’autorità competente tenga conto il prima possibile delle ripercussioni sull’ambiente di tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione, al fine di evitare fin dall’inizio inquinamenti e altre perturbazioni piuttosto che combatterne successivamente gli effetti (sentenza del 28 febbraio 2018, Comune di Castelbellino, C-117/17, EU:C:2018:129, punto 25).
79 L’articolo 3 della direttiva 2011/92 elenca i fattori che devono essere presi in considerazione nella valutazione dell’impatto ambientale di un progetto. Conformemente all’articolo 3, lettera b), è necessario individuare, descrivere e valutare in modo appropriato gli effetti diretti e indiretti di un progetto sul suolo, sull’acqua, sull’aria, sul clima e sul paesaggio.
80 Tra le informazioni che il committente deve, in ogni caso, fornire all’autorità decisionale figurano, conformemente all’articolo 5, paragrafo 3, lettere b) e c), della direttiva 2011/92, una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare effetti negativi significativi nonché i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente.
81 Pertanto, alla luce dell’articolo 3, lettera b), della direttiva 2011/92 nonché in considerazione del carattere imperativo del controllo da effettuare in applicazione della direttiva 2000/60, ricordato ai punti da 74 a 77 della presente sentenza, e dell’importanza attribuita da quest’ultima direttiva alla protezione delle acque, si deve necessariamente constatare che le informazioni di cui all’articolo 5, paragrafo 3, lettere b) e c), della direttiva 2011/92 devono contenere i dati necessari per valutare l’impatto di un progetto sullo stato dei corpi idrici interessati in considerazione dei criteri e degli obblighi previsti, segnatamente, all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60.
82 Inoltre, dall’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2011/92 risulta che gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per garantire che il committente fornisca, nella forma opportuna, le informazioni specificate nell’allegato IV di tale direttiva, nella misura in cui tali informazioni siano pertinenti per valutare l’impatto di un determinato progetto e nel limite di quanto può essere ragionevolmente richiesto ad un operatore privato. Tali informazioni contengono, conformemente al punto 4 di tale allegato, una descrizione degli effetti diretti, indiretti, secondari, cumulativi, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi del progetto derivanti, in particolare, dall’utilizzazione delle risorse naturali e dall’emissione di inquinanti.
83 Tutte le informazioni così raccolte, conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2011/92, devono essere messe a disposizione del pubblico interessato entro scadenze ragionevoli.
84 Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve giungere alla conclusione che, in forza della direttiva 2011/92 e, in particolare, dei suoi articoli 3, 5 e 6, le informazioni messe a disposizione del pubblico a fini di consultazione prima dell’autorizzazione di un progetto devono contenere i dati necessari alla valutazione dell’impatto di quest’ultimo sulle acque alla luce dei criteri e degli obblighi previsti, segnatamente, all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60.
85 Inoltre, se è vero che dagli articoli 5 e 6 della direttiva 2011/92 non può desumersi che i dati che consentono di valutare l’impatto di un progetto sull’acqua debbano necessariamente figurare in un solo documento, come una relazione o uno studio tecnico, il pubblico interessato, come richiesto dall’articolo 6, paragrafi 4 e 6, di tale direttiva, deve avere la possibilità effettiva di partecipare al processo decisionale e di prepararsi debitamente a tal fine.
86 Pertanto, occorre che gli elementi del fascicolo messo a disposizione del pubblico consentano a quest’ultimo di ottenere una visione precisa dell’impatto del progetto di cui trattasi sullo stato dei corpi idrici interessati, affinché esso possa verificare il rispetto degli obblighi derivanti, in particolare, dall’articolo 4 della direttiva 2000/60. In particolare, i dati forniti devono essere tali da far apparire se, alla luce dei criteri stabiliti da tale direttiva, il progetto in questione possa comportare un deterioramento di un corpo idrico.
87 In ogni caso, un fascicolo incompleto o dati ripartiti, senza coerenza, in una moltitudine di documenti non sono tali da consentire al pubblico interessato di partecipare utilmente al processo decisionale e, pertanto, non soddisfano i requisiti derivanti dall’articolo 6 della direttiva 2011/92.
88 Inoltre, conformemente all’articolo 5, paragrafo 3, lettera e), di tale direttiva, spetta al committente redigere una «sintesi non tecnica» delle informazioni di cui alle lettere da a) a d) di tale paragrafo 3, il che include i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull’ambiente. Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, lettera a), di detta direttiva, anche tale sintesi deve essere messa a disposizione del pubblico.
89 Nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio verificare se il fascicolo al quale il pubblico aveva accesso prima dell’autorizzazione del progetto in questione soddisfi tutti i requisiti derivanti dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2011/92, letto in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafi 1 e 3, di tale direttiva, come precisati dalla presente sentenza.
90 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda questione sollevata dichiarando che:
– l’articolo 4 della direttiva 2000/60 deve essere interpretato nel senso che osta a che l’autorità competente effettui il controllo del rispetto degli obblighi da esso previsti, tra i quali quello di impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici, sia superficiali sia sotterranei, interessati da un progetto, soltanto dopo l’autorizzazione dello stesso, e
– l’articolo 6 della direttiva 2011/92 deve essere interpretato nel senso che le informazioni da mettere a disposizione del pubblico nel corso della procedura di autorizzazione di un progetto devono includere i dati necessari al fine di valutare l’impatto di quest’ultimo sull’acqua alla luce dei criteri e degli obblighi previsti, segnatamente, all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60.
Sulla terza questione pregiudiziale
91 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punto i), della direttiva 2000/60 debba essere interpretato nel senso che deve essere considerato un deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo a causa di un progetto il superamento di un parametro di almeno una delle norme di qualità ambientale. Esso chiede inoltre se si debba ritenere che costituisca un siffatto deterioramento un aumento prevedibile della concentrazione di un inquinante quando la soglia fissata per quest’ultimo è già superata.
92 Occorre ricordare che, nella sua sentenza del 1º luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C-461/13, EU:C:2015:433, punto 70), la Corte ha dichiarato che la nozione di «deterioramento dello stato» di un corpo idrico superficiale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punto i), della direttiva 2000/60 deve essere interpretata nel senso che si è in presenza di un deterioramento quando lo stato di almeno uno degli elementi di qualità ai sensi dell’allegato V di detta direttiva sia degradato di una classe, anche se tale deterioramento non si traduce in un deterioramento nella classificazione, nel complesso, del corpo idrico di cui trattasi. Tuttavia, se l’elemento di qualità considerato si trova già nella classe più bassa, qualunque deterioramento di detto elemento costituisce un «deterioramento dello stato» di un corpo idrico superficiale, ai sensi di tale disposizione.
93 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 55 delle sue conclusioni, è ben vero che, a differenza dei corpi idrici superficiali – per i quali la direttiva 2000/60 prevede una scala di cinque classi di stato ecologico -, quest’ultima opera solo la distinzione tra «buono stato» e «stato scarso» per quanto riguarda lo stato quantitativo e chimico dei corpi idrici sotterranei. Dal suo articolo 2, punti 25 e 28, risulta che tale classificazione è effettuata con l’ausilio delle tabelle di cui ai punti 2.1.2 e 2.3.2 del suo allegato V.
94 Tuttavia, occorre rilevare che, nonostante tali differenze nella modalità di determinazione dello stato dei corpi idrici, a seconda che si tratti di acque superficiali o di acque sotterranee, gli stessi principi determinano la portata della nozione di «deterioramento dello stato» delle acque, a prescindere dal tipo di acqua in questione.
95 Infatti, è stato esposto ai punti da 68 a 72 della presente sentenza che gli obiettivi della direttiva 2000/60, sia per l’acqua superficiale sia per l’acqua sotterranea, nonché gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva per tali tipi di acque, sono in gran parte identici.
96 In particolare, ciò vale per l’obbligo di impedire il deterioramento dello stato delle acque, previsto all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), punto i), di tale direttiva, per quanto riguarda le acque superficiali, e all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punto i), per quanto riguarda le acque sotterranee. Queste due disposizioni non contengono alcun rinvio alla classificazione prevista per tali tipi di acqua nell’allegato V della medesima direttiva, di modo che la nozione di «deterioramento dello stato» delle acque è una nozione di portata globale (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, C-461/13, EU:C:2015:433, punto 61).
97 Inoltre, la Corte ha dichiarato che, se le classi previste all’allegato V della direttiva 2000/60 fossero determinanti per verificare se vi sia un deterioramento, dopo la classificazione di un corpo idrico superficiale nella classe di stato più bassa, un nuovo deterioramento del suo stato non sarebbe giuridicamente più possibile. Orbene, tenuto conto della finalità stessa della direttiva 2000/60, i corpi idrici che sono in un cattivo stato meritano un’attenzione particolare nell’ambito della gestione delle acque (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, C-461/13, EU:C:2015:433, punto 63).
98 Lo stesso ragionamento si applica mutatis mutandis alle acque sotterranee.
99 In tale contesto, occorre altresì tener conto dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera c), della direttiva 2000/60, che prevede espressamente, per quanto riguarda i corpi idrici superficiali e sotterranei fortemente modificati, per i quali gli Stati membri possono intendere conseguire obiettivi ambientali meno rigorosi, il divieto di qualsivoglia ulteriore deterioramento (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, C-461/13, EU:C:2015:433, punto 64).
100 Alla luce di tali elementi, occorre interpretare la nozione di «deterioramento dello stato» delle acque con riferimento tanto ad un elemento di qualità quanto ad una sostanza. Pertanto, l’obbligo di impedire il deterioramento dello stato di un corpo idrico conserva tutto il suo effetto utile, a condizione di includere ogni cambiamento idoneo a compromettere la realizzazione dell’obiettivo principale della direttiva 2000/60 (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, C-461/13, EU:C:2015:433, punto 66).
101 Inoltre, quanto ai criteri che consentono di concludere nel senso di un deterioramento dello stato di un corpo idrico, occorre ricordare che dalla sistematica dell’articolo 4 della direttiva 2000/60 e, segnatamente, dai suoi paragrafi 6 e 7, risulta che il deterioramento dello stato di un corpo idrico, anche transitorio, è autorizzato solo in presenza di rigorosi requisiti. Ne consegue che la soglia oltre la quale si accerta una violazione dell’obbligo di impedire il deterioramento dello stato di un corpo idrico deve essere la più bassa possibile (v., in tal senso, sentenza del 1° luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, C-461/13, EU:C:2015:433, punto 67).
102 Per quanto riguarda specificamente l’esame dello stato chimico dei corpi idrici sotterranei, dal punto 2.3.1 dell’allegato V della direttiva 2000/60 risulta che la conduttività delle acque e la concentrazione di inquinanti costituiscono i parametri pertinenti. La tabella di cui al punto 2.3.2 di tale allegato stabilisce per ciascuno di tali parametri gli elementi di qualità di cui occorre tener conto per determinare se lo stato chimico di un corpo idrico sia «buono» o «scarso».
103 Da un lato, per quanto riguarda la concentrazione di inquinanti, tale esame si fonda su tre elementi di qualità. In primo luogo, le concentrazioni di inquinanti non presentano effetti di un’intrusione salina o di altro tipo. In secondo luogo, tali concentrazioni non superano gli standard di qualità applicabili ai sensi di altri atti normativi, ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2000/60. In terzo e ultimo luogo, le concentrazioni di inquinanti nelle acque sotterranee non impediscono di conseguire gli obiettivi ambientali, specificati ai sensi dell’articolo 4 di tale direttiva per le acque superficiali associate, non comportano una diminuzione significativa della qualità ecologica o chimica di tali corpi o non causano gravi danni agli ecosistemi terrestri che dipendono direttamente dal corpo idrico sotterraneo.
104 Dall’altro lato, per quanto riguarda la conduttività, occorre soltanto che i cambiamenti di quest’ultima non indichino intrusioni saline o di altro tipo nel corpo idrico sotterraneo.
105 Nei limiti in cui il punto 2.3.2 dell’allegato V della direttiva 2000/60 rinvia agli standard di qualità applicabili ai sensi di altri atti normativi, ai sensi dell’articolo 17 di tale direttiva, occorre rilevare che quest’ultima disposizione prevede l’adozione, da parte del legislatore dell’Unione, di misure specifiche per prevenire e controllare l’inquinamento delle acque sotterranee che comprendono, in particolare, criteri di valutazione del buono stato chimico di tali acque, conformemente al punto 2.2 dell’allegato II nonché ai punti 2.3.2 e 2.4.5 dell’allegato V della medesima direttiva. A tale titolo, il legislatore dell’Unione ha adottato la direttiva 2006/118.
106 L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/118 prevede che, ai fini della valutazione dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo, gli Stati membri utilizzino, da un lato, le norme di qualità delle acque sotterranee che figurano nell’elenco di cui all’allegato I di tale direttiva e, dall’altro, i valori soglia che devono essere stabiliti dagli Stati membri, conformemente all’allegato II della medesima direttiva, in particolare per gli inquinanti che, all’interno del territorio di uno Stato membro, sono stati individuati come fattori che contribuiscono alla caratterizzazione di corpi idrici sotterranei come a rischio.
107 Di conseguenza, tali norme di qualità e detti valori soglia costituiscono un elemento di qualità, ai sensi del punto 2.3.2 dell’allegato V della direttiva 2000/60, che consente di valutare uno dei parametri che determinano la qualificazione dello stato di un corpo idrico sotterraneo, vale a dire la concentrazione di inquinanti.
108 Poiché, come ricordato al punto 100 della presente sentenza, occorre interpretare la nozione di «deterioramento dello stato» delle acque con riferimento ad un elemento di qualità o ad una sostanza e, come risulta dal punto 101 della presente sentenza, la soglia oltre la quale si accerta una violazione dell’obbligo di impedire il deterioramento dello stato di un corpo idrico deve essere la più bassa possibile, si deve constatare che il mancato rispetto di uno degli elementi di qualità di cui al punto 2.3.2 dell’allegato V della direttiva 2000/60 costituisce un deterioramento dello stato chimico del corpo idrico sotterraneo interessato.
109 In particolare, il superamento, in un corpo idrico sotterraneo, di una sola norma di qualità o di un solo valore soglia, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/118, deve essere qualificato come violazione dell’obbligo di impedire il deterioramento dello stato di un corpo idrico sotterraneo.
110 Inoltre, per gli stessi motivi esposti al punto 108 della presente sentenza e alla luce, in particolare, delle considerazioni richiamate al suo punto 97, qualsiasi aumento successivo della concentrazione di un inquinante che, alla luce dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/118, superi già una norma di qualità ambientale o un valore soglia fissato dallo Stato membro costituisce parimenti un deterioramento.
111 Peraltro, al fine di rispondere ai quesiti sollevati dal giudice del rinvio in merito alla presa in considerazione delle modifiche della concentrazione di inquinanti constatati localmente al fine di verificare se vi sia un deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico, occorre rilevare che il punto 2.4 dell’allegato V della direttiva 2000/60 stabilisce i criteri principali per il monitoraggio dello stato chimico delle acque sotterranee. Al punto 2.4.5 di tale allegato, menzionato espressamente dal giudice del rinvio, figurano requisiti di interpretazione e di presentazione.
112 Sebbene quest’ultima disposizione preveda, certamente, che la qualificazione dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo come «buono» o «scarso» debba essere effettuata raccogliendo i risultati dei diversi punti di monitoraggio di un corpo idrico, da ciò non deriva che, per accertare un deterioramento di tale stato, tutto il corpo idrico sotterraneo debba subire un pregiudizio.
113 In particolare, dal ruolo e dall’importanza di ciascun sito di monitoraggio nel sistema di controllo della qualità delle acque sotterranee istituito dalla direttiva 2000/60, segnatamente al punto 2.4 dell’allegato V, risulta che il mancato rispetto di un elemento di qualità a un unico punto di monitoraggio è sufficiente affinché si possa constatare l’esistenza di un deterioramento dello stato di un corpo idrico sotterraneo, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva.
114 Infatti, conformemente al punto 2.4 dell’allegato V di detta direttiva, la collocazione dei punti di monitoraggio deve fornire un’immagine coerente e complessiva dello stato chimico delle acque sotterranee di ciascun distretto idrografico. A tal fine, detta disposizione prevede diversi criteri per la selezione dei siti di monitoraggio che, come confermato dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2006/118, devono fornire dati di monitoraggio rappresentativi.
115 Pertanto, il mancato rispetto di un elemento di qualità a un solo punto di monitoraggio indica l’esistenza, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punto i), della direttiva 2000/60, di un deterioramento dello stato chimico di almeno una parte significativa di un corpo idrico sotterraneo.
116 Inoltre, non è certamente escluso che, nonostante il superamento di una norma di qualità delle acque sotterranee o di un valore soglia in uno o più punti di monitoraggio, si ritenga che un corpo idrico sotterraneo presenti un buono stato chimico in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2006/118. Tuttavia, in tale ipotesi, l’articolo 4, paragrafo 5, di detta direttiva esige che gli Stati membri adottino, conformemente all’articolo 11 della direttiva 2000/60, le misure necessarie per proteggere, sulla parte del corpo idrico sotterraneo interessata dal superamento, gli ecosistemi acquatici, gli ecosistemi terrestri e gli usi umani delle acque sotterranee.
117 Le misure di cui all’articolo 11 della direttiva 2000/60 comprendono l’elaborazione di programmi al fine di realizzare gli obiettivi previsti dall’articolo 4 di tale direttiva.
118 Pertanto, qualora un elemento di qualità non sia rispettato in un solo punto di monitoraggio di un corpo idrico sotterraneo, si deve constatare un deterioramento del suo stato chimico, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punto i), della direttiva 2000/60.
119 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla terza questione sollevata dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punto i), della direttiva 2000/60 deve essere interpretato nel senso che deve essere considerato come un deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo a causa di un progetto, da un lato, il superamento di almeno una delle norme di qualità o uno dei valori soglia, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/118, e, dall’altro, un prevedibile aumento della concentrazione di un inquinante qualora la soglia fissata per quest’ultimo sia già superata. I valori misurati in ciascun punto di monitoraggio devono essere presi in considerazione individualmente.
Sulla quarta questione
120 Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60, letto alla luce dell’articolo 19 TUE e dell’articolo 288 TFUE, debba essere interpretato nel senso che i membri del pubblico interessato da un progetto devono poter far valere, dinanzi ai giudici nazionali competenti, la violazione degli obblighi di impedire il deterioramento dei corpi idrici e di migliorarne lo stato.
121 A tale riguardo, occorre ricordare che, in forza di una giurisprudenza costante della Corte, sarebbe incompatibile con l’effetto vincolante che l’articolo 288 TFUE riconosce alla direttiva di escludere, in linea di principio, che l’obbligo da essa imposto possa esser fatto valere dalle persone interessate (sentenza del 3 ottobre 2019, Wasserleitungsverband Nördliches Burgenland e a., C-197/18, EU:C:2019:824, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).
122 In particolare nei casi in cui il legislatore dell’Unione imponga agli Stati membri, mediante direttiva, di adottare un determinato comportamento, l’effetto utile dell’atto sarebbe attenuato se ai singoli fosse precluso di valersene in giudizio ed ai giudici nazionali di prenderlo in considerazione in quanto elemento del diritto dell’Unione allo scopo di accertare se il legislatore nazionale, nei limiti della facoltà che gli è riservata quanto alla forma e ai mezzi per l’attuazione della direttiva, non abbia oltrepassato i limiti di discrezionalità tracciati dalla direttiva stessa (sentenza del 3 ottobre 2019, Wasserleitungsverband Nördliches Burgenland e a., C-197/18, EU:C:2019:824, punto 31 nonché giurisprudenza ivi citata).
123 La Corte ne ha dedotto che quantomeno le persone fisiche o giuridiche direttamente interessate da una violazione delle disposizioni di una direttiva in materia ambientale devono poter esigere dalle autorità competenti, se del caso in sede giurisdizionale, il rispetto degli obblighi di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2019, Wasserleitungsverband Nördliches Burgenland e a., C-197/18, EU:C:2019:824, punto 32).
124 A tale riguardo, il giudice del rinvio indica che, nell’ambito del loro ricorso, alcuni ricorrenti nel procedimento principale ritengono che il progetto di cui trattasi possa deteriorare lo stato del corpo idrico sotterraneo che alimenta i loro pozzi domestici di cui si servono per ottenere l’acqua potabile. Per contro, né le informazioni contenute nella decisione di rinvio, né le osservazioni presentate alla Corte consentono di dimostrare la rilevanza, per i ricorrenti nel procedimento principale, dei corpi idrici superficiali che possono anche subire un pregiudizio dal progetto di cui trattasi. In tali circostanze, non risulta che i ricorrenti nel procedimento principale possano essere interessati da un’eventuale violazione degli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2000/60, cosicché l’esame della Corte verterà unicamente sull’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), relativo alle acque sotterranee.
125 Al fine di determinare se talune persone, quali i ricorrenti nel procedimento principale, siano direttamente interessate dalla violazione degli obblighi previsti all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2000/60, occorre esaminare la finalità di quest’ultima nonché il contenuto della disposizione considerata la cui corretta applicazione viene invocata dinanzi al giudice del rinvio (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2019, Wasserleitungsverband Nördliches Burgenland e a., C-197/18, EU:C:2019:824, punto 35).
126 A tale riguardo, dal punto 71 della presente sentenza risulta che lo scopo della direttiva 2000/60 consiste nel conseguire, mediante un’azione coordinata, il «buono stato» di tutte le acque superficiali e sotterranee dell’Unione in vista del 2015. Sia l’obbligo di miglioramento sia quello di impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici sono intesi a realizzare tale obiettivo qualitativo.
127 Come risulta dall’articolo 1, secondo comma, primo trattino, della direttiva 2000/60, tale obiettivo contribuisce, per quanto riguarda specificamente le acque sotterranee, a garantire una fornitura sufficiente di acqua sotterranea di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo.
128 Pertanto, si deve constatare che la direttiva 2000/60, con il suo scopo e con gli obblighi previsti al suo articolo 4, paragrafo 1, lettera b), al fine di conseguirlo, persegue altresì l’obiettivo specifico di proteggere l’acqua sotterranea in quanto risorsa per lo sfruttamento umano.
129 Tale interpretazione degli obiettivi della direttiva 2000/60 è confermata dal suo articolo 1, primo comma, lettera d), e secondo comma, secondo trattino, letto alla luce del suo articolo 2, punto 33.
130 Dall’articolo 1, primo comma, lettera d), e secondo comma, secondo trattino, risulta che il quadro normativo istituito da tale direttiva è destinato a conseguire progressivamente una riduzione sensibile dell’inquinamento delle acque sotterranee e a prevenirne l’aggravamento. Conformemente all’articolo 2, punto 33, l’inquinamento delle acque deriva da qualsiasi introduzione di sostanze che possono nuocere alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici, in modo tale da perturbare i valori ricreativi dell’ambiente e, più specificamente, delle acque o il loro uso legittimo.
131 Dall’articolo 1, primo comma, lettera d), e secondo comma, secondo trattino, della direttiva 2000/60, in combinato disposto con l’articolo 2, punto 33, di quest’ultima, risulta quindi che la riduzione e la prevenzione dell’inquinamento mira, in particolare, a consentire l’uso legittimo delle acque sotterranee.
132 Una persona che ha il diritto di prelevare e di utilizzare acque sotterranee procede ad un siffatto uso legittimo. Essa è pertanto direttamente interessata dalla violazione degli obblighi di miglioramento e di impedimento del deterioramento dello stato dei corpi idrici sotterranei che alimentano la sua fonte, violazione che può ostacolare il suo sfruttamento (v., per analogia, sentenza del 3 ottobre 2019, Wasserleitungsverband Nördliches Burgenland e a., C-197/18, EU:C:2019:824, punti 40 e 42).
133 In considerazione dei diversi usi delle acque sotterranee contemplati all’articolo 1, secondo comma, primo trattino, nonché all’articolo 2, punto 33, della direttiva 2000/60, la circostanza che il superamento di una sola norma di qualità o di un solo valore soglia, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/118, non implichi, di per sé, la messa in pericolo della salute di coloro che intendano presentare un ricorso non è tale da rimettere in discussione detta conclusione (v., per analogia, sentenza del 3 ottobre 2019, Wasserleitungsverband Nördliches Burgenland e a., C-197/18, EU:C:2019:824, punto 41).
134 Pertanto, nei limiti in cui i ricorrenti nel procedimento principale usano legalmente l’acqua sotterranea di cui trattasi, essi sono direttamente interessati dalla violazione di tali obblighi.
135 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione sollevata dichiarando che l’articolo 1, primo comma, lettera b), e secondo comma, primo trattino, nonché l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2000/60, letti alla luce dell’articolo 19 TUE e dell’articolo 288 TFUE, devono essere interpretati nel senso che i membri del pubblico interessato da un progetto devono poter far valere, dinanzi ai giudici nazionali competenti, la violazione degli obblighi di impedire il deterioramento dei corpi idrici e di migliorare il loro stato, se tale violazione li riguarda direttamente.
SULLE SPESE
136 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE (PRIMA SEZIONE) DICHIARA:
1) L’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, deve essere interpretato nel senso che consente agli Stati membri di prevedere che, qualora un vizio procedurale che inficia la decisione di autorizzazione di un progetto non sia tale da modificarne il senso, la domanda di annullamento di tale decisione sia ricevibile soltanto se l’irregolarità di cui trattasi abbia privato il ricorrente del suo diritto di partecipare al processo decisionale in materia ambientale, garantito dall’articolo 6 di tale direttiva.
2) L’articolo 4 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, deve essere interpretato nel senso che osta a che l’autorità competente effettui il controllo del rispetto degli obblighi da esso previsti, tra i quali quello di impedire il deterioramento dello stato dei corpi idrici, sia superficiali sia sotterranei, interessati da un progetto, soltanto dopo l’autorizzazione dello stesso.
L’articolo 6 della direttiva 2011/92 deve essere interpretato nel senso che le informazioni da mettere a disposizione del pubblico nel corso della procedura di autorizzazione di un progetto devono includere i dati necessari al fine di valutare l’impatto di quest’ultimo sull’acqua alla luce dei criteri e degli obblighi previsti, segnatamente, all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2000/60.
3) L’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punto i), della direttiva 2000/60 deve essere interpretato nel senso che deve essere considerato come un deterioramento dello stato chimico di un corpo idrico sotterraneo a causa di un progetto, da un lato, il superamento di almeno una delle norme di qualità o uno dei valori soglia, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/118/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, sulla protezione delle acque sotterranee dall’inquinamento e dal deterioramento, e, dall’altro, un prevedibile aumento della concentrazione di un inquinante qualora la soglia fissata per quest’ultimo sia già superata. I valori misurati in ciascun punto di monitoraggio devono essere presi in considerazione individualmente.
4) L’articolo 1, primo comma, lettera b), e secondo comma, primo trattino, nonché l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2000/60, letti alla luce dell’articolo 19 TUE e dell’articolo 288 TFUE, devono essere interpretati nel senso che i membri del pubblico interessato da un progetto devono poter far valere, dinanzi ai giudici nazionali competenti, la violazione degli obblighi di impedire il deterioramento dei corpi idrici e di migliorare il loro stato, se tale violazione li riguarda direttamente.