CASSAZIONE PENALE, sez. III, 02 dicembre 2024, n. 43869

CASSAZIONE PENALE, sez. III, 02 dicembre 2024, n. 43869

In tema di reati contro la proprietà industriale, per la configurabilità del delitto di fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale di cui all’art. 517-ter codice penale, è necessario che il titolo di privativa sia stato effettivamente conseguito e non sia sufficiente la mera presentazione della domanda di registrazione del marchio. Ai fini della conoscibilità oggettiva del titolo usurpato, il suddetto requisito discende dal sistema di pubblicità opponibile erga omnes dei marchi registrati e della richiesta di registrazione.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta da:

Dott. SARNO Giulio – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere

Dott. MAGRO Maria Beatrice – Relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato il (omissis);

avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA BEATRICE MAGRO;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PIETRO MOLINO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. A.A. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Corte di appello di L’Aquila, in parziale riforma della pronuncia del giudice di primo grado in punto di trattamento sanzionatorio, ha condannato il ricorrente per il reato di cui all’art. 648, comma 2, cod. pen (capo di imputazione n. 1) e per il reato di cui agli artt. 474517-ter, cod. pen. (capo di imputazione n. 2), in relazione alla detenzione e alla messa in vendita di 393 giocattoli con marchi contraffatti recanti la dicitura B.B., usurpando e violando i diritti proprietà industriale della società Oro Veneziano s.a. di C.C. C., in data 13/06/2017.

2. Il ricorrente affida il ricorso a due motivi.

2.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge in ordine all’applicazione della fattispecie di cui all’art. 517-ter cod. pen., la quale sarebbe stata estesa anche a tutela di un marchio non ancora registrato. In particolare, rappresenta che la società Oro Veneziano ha presentato in data 15 maggio 2017 una domanda di registrazione dei marchi denominati D.D. e E.E. e che tale richiesta di registrazione è stata approvata dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi in data 20 Marzo 2018. Evidenzia che la perquisizione dei locali ove erano detenuti e messi in vendita 393 giocattoli recanti il marchio contraffatto D.D. e E.E. è avvenuta in data 13 giugno 2017, ovvero in epoca antecedente alla registrazione effettiva del marchio. Erroneamente, la Corte territoriale ha ritenuto che la tutela penale apprestata dall’art. 517-ter cod. pen. possa essere estesa anche ai marchi non ancora registrati, ritenendo sufficiente ai fini penali la presentazione della richiesta di registrazione del marchio. In tal modo, la Corte territoriale si è però uniformata a un orientamento giurisprudenziale assai risalente e minoritario, posto che la più recente giurisprudenza ha ritenuto che la tutela penale apprestata dalla fattispecie in esame concerna solamente i diritti di privativa definiti con il rilascio del marchio e non i marchi per i quali vi è la mera presentazione della domanda di registrazione, che potrebbe essere negata a seguito dei controlli effettuati dall’Ufficio. Evidenzia, peraltro, che la presentazione della domanda di registrazione dà inizio ad una procedura finalizzata ad ottenere il riconoscimento legale del marchio che è assistita da pubblicità legale, posto che sul sito ufficiale dell’Ufficio Marchi vengono comunicate le richieste in corso di registrazione, ciò al fine di consentire la conoscibilità terzi per un’eventuale opposizione; nel caso di specie, la comunicazione delle richieste in corso di registrazione è avvenuta in data 12/10/2017, quindi in epoca successiva ai fatti in contestazione, risalenti al giugno 2017.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato e vizio della motivazione, posto che il giudice territoriale ha ritenuto che il titolare dell’esercizio commerciale fosse a conoscenza dell’esistenza del titolo usurpato in quanto i militari della Guardia di finanza che avevano effettuato la perquisizione avevano richiesto all’addetto presso l’esercizio commerciale di esibire documentazione idonea a rappresentare la legittimazione alla commercializzazione dei prodotti suddetti, senza tuttavia ottenere alcuna produzione documentale. Al riguardo, il ricorrente evidenzia l’illogicità della motivazione, avendo la Corte territoriale inferito la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato dalla condotta e dalle affermazione di un soggetto terzo, e precipuamente del dipendente addetto alla vendita del negozio. Precisa che la comunicazione da parte dell’Ufficio Italiano Marchi della richiesta di registrazione è avvenuta con il bollettino n. (omissis) in data 12 ottobre 2017, quindi in epoca successiva all’accertamento effettuato dalla Guardia di finanza, sicché la sussistenza della richiesta di presentazione del marchio non era conoscibile ai terzi.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

1.1. Si precisa, al riguardo, che la fattispecie intitolata “Fabbricazione commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale” di cui all’art. 517-ter cod. pen., introdotta nel 2009 al fine di contrastare il fenomeno della contraffazione, è posta a tutela di interessi di natura patrimoniale e privatistica, e precisamente dei diritti di proprietà industriale. L’elemento oggettivo che caratterizza la fattispecie è rappresentato dalle condotte di fabbricazione o di uso industriale con usurpazione del titolo di proprietà industriale. Si è precisato che la condotta di “usurpazione” coincide con l’appropriazione di un diritto ad altri spettanti e non si identifica con la semplice imitazione dei prodotti originali. La norma, nell’inciso “potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale”, connota non solo l’elemento soggettivo del reato, richiedendo la sussistenza di un vero e proprio presupposto dell’elemento materiale, ma fa richiamo anche alla conoscibilità da parte del soggetto attivo dell’esistenza titoli di proprietà industriale. Per la integrazione del reato è, quindi, necessaria la potenziale conoscibilità dell’esistenza del titolo di proprietà industriale in concreto violato o usurpato dall’azione criminosa. La valutazione della ricorrenza del suddetto requisito è da effettuarsi con prognosi postuma, con forte ancoraggio a parametri interpretativi oggettivi che non riguardano la sola sfera soggettiva della capacità di informazione e di cognizione caratterizzanti il singolo soggetto attivo. Pertanto, si ritiene che requisito della conoscibilità oggettiva discenda dal sistema di pubblicità opponibile erga omnes dei marchi suscettibili di registrazione e della richiesta di registrazione.

In giurisprudenza si è, dunque, affermato che non è sufficiente per la configurabilità del reato che prima della sua consumazione sia stata depositata la domanda tesa ad ottenere il titolo di privativa, ma è invece necessario che questo sia stato effettivamente conseguito (Sez. 2, n. 2932 del 14/12/2021, Rv. 282525) e che oggetto di tutela penale siano solo i segni distintivi di prodotti industriali oggetti di effettiva registrazione.

Sotto il profilo soggettivo, si è affermato che, ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 517-ter, comma secondo, cod. pen., è necessario che la condotta dell’agente sia caratterizzata, sul piano soggettivo, oltre che dalla finalità di trarre profitto, anche dalla consapevolezza dell’esistenza del titolo usurpato, desumibile da elementi fattuali concreti (Sez. 3, n. 40312 del 13/07/2021, Rv. 282630).

1.2. Orbene, tanto premesso, nel caso in disamina si evidenzia che il giudice a quo, pur indicando, nella parte dedicata all’esposizione del fatto, che la società “Oro Veneziano” aveva presentato in data 15 maggio 2017 una domanda di registrazione del marchio che era stata approvata dall’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi in data 20 Marzo 2018, ha tuttavia ritenuto manifestamente infondata la doglianza formulata dall’imputato, che aveva rappresentato che i fatti contestati risalgono al giugno 2017, quindi, in epoca antecedente all’approvazione della richiesta, affermando che risulta palese che i beni siano stati fabbricati usurpando il titolo di proprietà industriale costituito dal brevetto ottenuto dalla società “Oro Veneziano “, sebbene tale brevetto sia stato acquisto solo nel marzo del 2018.

Altrettanto carente sotto il profilo logico è l’apparato giustificativo posto a base della affermata sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, essendosi la Corte limitata ad affermare che il titolare dell’esercizio commerciale era a conoscenza dell’esistenza del titolo usurpato in quanto i militari della Guardia di finanza, che avevano effettuato la perquisizione, avevano richiesto all’addetto presso l’esercizio commerciale di esibire documentazione idonea a rappresentare la legittimazione alla commercializzazione dei prodotti suddetti, senza tuttavia ottenere alcuna produzione documentale.

2. La sentenza impugnata non è, dunque, esente da vizi, non evincendosi con chiarezza sulla base di quali argomentazioni i giudici di merito siano pervenuti all’asserto relativo alla sussistenza di un sostrato probatorio idoneo a valicare la soglia del ragionevole dubbio e a supportare adeguatamente la declaratoria di responsabilità.

Deve, pertanto, essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.

Conclusione

Così deciso in Roma, all’udienza del 18 settembre 2024.

Depositata in Cancelleria il 2 dicembre 2024.