CASSAZIONE PENALE, sez. II, 13 novembre 2024, n. 41823
Il reato di contraffazione si configura con la mera detenzione ai fini di vendita di prodotti recanti marchi contraffatti
Il reato di contraffazione di marchi o segni distintivi, si configura con la mera detenzione ai fini di vendita di prodotti recanti marchi contraffatti, senza che sia necessario accertare l’effettiva induzione in inganno dell’acquirente. La giurisprudenza di legittimità ha infatti chiarito che il bene giuridico tutelato da tale norma è la fede pubblica, ossia l’affidamento che i cittadini ripongono nei marchi e segni distintivi che identificano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali, garantendone la circolazione e proteggendo i diritti del titolare del marchio. Pertanto, il delitto si perfeziona come reato di pericolo, il cui scopo è prevenire il danno alla fede pubblica indipendentemente dalla realizzazione dell’inganno. La contraffazione grossolana, che rende palese la non autenticità del prodotto, non esclude la configurabilità del reato, in quanto non incide sulla tipicità della condotta vietata.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta da:
Dott. PELLEGRINO Andrea – Presidente
Dott. AIELLI Lucia – Consigliere
Dott. CALVISI Michele – Relatore
Dott. SARACO Antonio – Consigliere
Dott. LEOPIZZI Alessandro – Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
So.Pa. nato a P il (Omissis);
So.Gi. nato a P il (Omissis);
avverso la sentenza del 08/03/2024 della CORTE di APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MICHELE CALVISI;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore Generale ASSUNTA COCOMELLO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 8 marzo 2024 la Corte d’Appello di Salerno riformava esclusivamente in punto di trattamento sanzionatorio la sentenza emessa il 20 giugno 2023 dal Tribunale di Nocera Inferiore con la quale gli imputati So.Pa. e So.Gi. erano stati dichiarati colpevoli dei reati di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen., loro in concorso ascritti.
2. Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione, con unico atto, entrambi gli imputati, per il tramite del loro difensore, chiedendone l’annullamento e articolando tre motivi di doglianza.
3. Con il primo motivo deducevano inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 474 cod. pen.
4. Assumevano, in particolare che, considerato che i prodotti oggetto del reato presentavano scarsa qualità dei materiali e grossolanità nella rifinitura, nella specie si trattava di una ipotesi di falso grossolano, trattandosi di una contraffazione palese, così che si verteva in ipotesi di reato impossibile per inidoneità dell’azione a cagionare l’evento pericoloso, ossia il pericolo di danno all’interesse penalmente protetto, costituito dalla fede pubblica.
5. Con il secondo motivo deducevano la mancata assunzione di una prova decisiva, osservando in particolare che non erano state assunte le testimonianze dei legittimi proprietari dei marchi contraffatti e che non era stata richiesta una consulenza alle aziende produttrici dei prodotti contrassegnati dai detti marchi, al fine di accertare il carattere grossolano delle contraffazioni.
6. Con il terzo motivo deducevano inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 131 – bis cod. pen., osservando che la particolare tenuità dell’offesa – presupposto per l’applicabilità della detta disposizione – doveva essere individuata alla luce dei tre indicatori costituiti dalle modalità della condotta, dall’esiguità del danno o del pericolo e dal grado di colpevolezza, così che il solo riferimento fatto dalla Corte territoriale a profitti non irrisori, che i ricorrenti avrebbero conseguito in ragione delle condotte criminose, non era corretto.
7. In data 5 settembre 2024 il difensore dei ricorrenti avanzava istanza di rimessione in termini in relazione alla richiesta di discussione orale, esponendo che la precedente richiesta inviata tempestivamente tramite pec non era andata a buon fine, del che il medesimo difensore, per propria negligenza, non si era avveduto se non in data 4 settembre 2024; la richiesta veniva rigettata dal Presidente della Sezione con provvedimento reso in data 5 settembre 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I primi due motivi, trattabili congiuntamente per omogeneità del tema, sono manifestamente infondati pertanto, inammissibili.
2. Ed invero, secondo il consolidato indirizzo del Giudice di legittimità, che questo Collegio condivide, integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto, senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo, quindi, l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (v., tra le altre, Sez. 2, n. 16807 del 11/01/2019, Assane, Rv. 275814 – 01).
3. È del pari inammissibile, in quanto manifestamente infondato, il terzo motivo di doglianza, se si considera che, secondo l’orientamento della Suprema Corte, condiviso da questo Collegio, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 – bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (cfr., Sez. 7, Ordinanza n. 10481 del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01).
4. Orbene, nel caso di specie la Corte d’Appello di Salerno ha a fatto riferimento, per escludere che nella specie il fatto potesse essere considerato di particolare tenuità, ai profitti non irrisori, in relazione al numero dei prodotti contraffatti, che i ricorrenti avrebbero conseguito in ragione delle condotte criminose, motivazione che, alla luce del principio sopra richiamato, appare completa e immune da vizi.
5. Alla stregua di tali rilievi i ricorsi devono, dunque, essere dichiarati inammissibili.
6. I ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
7. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che i ricorrenti versino, ciascuno, la somma, determinata in via equitativa, di tremila Euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 19 settembre 2024.
Depositata in Cancelleria il 13 novembre 2024.