TRIBUNALE I GRADO UNIONE EUROPEA, sez. VI, 04 settembre 2024, n.694

TRIBUNALE I GRADO UNIONE EUROPEA, sez. VI, 04 settembre 2024, n.694

La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa.

Nella causa T-694/22,

CMT Compagnia manifatture tessili Srl (CMT Srl), con sede in Napoli (Italia), rappresentata da P. Marzano, G. Rubino e F. Cordova, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da M.L. Capostagno e R. Raponi, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

Camomilla Srl, con sede in Assago (Italia), rappresentata da M. Mussi e H. Chiappetta, avvocati,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da M.J. Costeira, presidente, U. Öberg (relatore) e E. Tichy-Fisslberger, giudici,

cancelliere: A. Juhász-Tóth, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 25 ottobre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 Con ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la CMT Compagnia manifatture tessili Srl (CMT Srl), ricorrente, chiede l’annullamento e la riforma della decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 24 agosto 2022 (procedimento R 1738/2021-2) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

I. Fatti

2 Il 6 agosto 2014 la Camomilla Srl, interveniente, ha presentato all’EUIPO una domanda di dichiarazione di nullità del marchio dell’Unione europea che era stato registrato con il numero 9287038 a seguito di una domanda depositata il 31 luglio 2010 per il segno denominativo CAMOMILLA italia.

3 I prodotti protetti dal marchio contestato per i quali era chiesta la nullità rientravano, in particolare, nelle classi 18, 24 e 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondevano, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

– classe 18: «Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie non compresi in altre classi; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria; borse da spiaggia; cartelle, buste [articoli di pelle]; porta-carte [portafogli]; borse lavorate a maglia; abiti per animali; collari per animali; collari per cani; borsette; sacche; portafogli; borsellini; zaini; scolari (borse per -); cartelle scolastiche; borse della spesa; borse a tracolla per portare bambini; borse da sport; bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases; borse con ruote per la spesa»;

– classe 24: «Tessuti e prodotti tessili non compresi in altre classi; coperte da letto e copritavoli; tende in materia tessile o in materia plastica; tende per doccia in tessuto o materie plastica»;

– classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; cinture

(abbigliamento); vesti da camera; accappatoi».

4 La domanda di nullità era basata sul marchio dell’Unione europea denominativo anteriore CAMOMILLA, che, a seguito di declaratoria di parziale decadenza e di parziale annullamento, designava, in particolare, i prodotti rientranti nelle classi 18 e 24 e corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

– classe 18: «Valigie; ombrelli»;

– classe 24: «Prodotti tessili quali cuscini (e coperte; copriletti; lenzuola; asciugamani); coperte, copriletti lenzuola asciugamani; tovaglie».

5 I motivi dedotti a sostegno della domanda di nullità erano quelli previsti, da un lato, all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), relativo all’esistenza di un rischio di confusione con un marchio anteriore, e, dall’altro, all’articolo 8, paragrafo 5, del medesimo regolamento, relativo all’esistenza di un marchio dell’Unione anteriore che gode di notorietà nell’Unione europea [divenuti, rispettivamente, articolo 8, paragrafo 1, lettera b), e articolo 8, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

6 Il 18 agosto 2021 la divisione di annullamento ha accolto il primo dei due motivi menzionati nel precedente punto 5, relativo all’esistenza di un rischio di confusione con un marchio anteriore, e ha accolto la domanda di nullità per una parte dei prodotti contestati, ossia, in particolare:

– classe 18: «Articoli in queste materie non compresi in altre classi [cuoio e sue imitazioni]; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni; borse da spiaggia; cartelle, buste [articoli di pelle]; porta-carte [portafogli]; borse lavorate a maglia; borsette; sacche; portafogli; borsellini; zaini; scolari (borse per -); cartelle scolastiche; borse della spesa; borse da sport; bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases; borse con ruote per la spesa»;

– classe 24: tutti i prodotti nella classe.

– classe 25: «Accappatoi; articoli di abbigliamento».

7 Il 5 ottobre 2021 la ricorrente ha riferito all’EUIPO che rinunciava alla protezione del marchio contestato per uno dei prodotti protetti dal medesimo, vale a dire gli «accappatoi», rientrante nella classe 25. Tale limitazione dell’elenco dei prodotti è stata iscritta nel registro in data 28 ottobre 2021.

8 Pertanto, per quanto riguarda la classe 25, il marchio contestato è ormai registrato per i seguenti prodotti: «Articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi), scarpe, cappelleria; Cinture (abbigliamento); vesti da camera».

9 Il 7 ottobre 2021 la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO avverso la decisione della divisione di annullamento. Per ragioni di economia processuale, la ricorrente ha limitato il proprio ricorso alla parte di detta decisione che aveva accolto la domanda di nullità per i prodotti della classe 18, ad eccezione delle «valigie» e degli «ombrelli», e della classe 25.

10 Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso ha respinto il ricorso. Essa ha concluso nel senso che sussisteva un rischio di confusione, tenuto conto dell’elevato grado di somiglianza tra i segni in conflitto.

11 In seguito all’adozione della decisione impugnata, il 20 ottobre 2022 la ricorrente ha presentato all’EUIPO un’istanza di limitazione dell’elenco dei prodotti designati dal marchio contestato in relazione ai prodotti della classe 25. La ricorrente ha dichiarato di rinunciare alla protezione degli «articoli di abbigliamento» e di sostituire i medesimi con i seguenti prodotti: «Pantaloni; Bermuda; Leggings; Jeans; Gonne; Maglie; Cardigan; Coprispalle; Twin-sets; Felpe; T-shirt; Camicie; Bluse; Top; Completi; Biancheria intima; Abiti; Tute [indumenti]; Giacche; Giacche impermeabili; Gilet imbottiti; Gilet; Giubbotti; Cappotti; Cappotti e giacche in pelliccia; Impermeabili; Trench; Costumi da spiaggia; Sciarpe; Foulard; Stole; Scaldacollo; Mantelle; Poncho; scarpe, cappelleria; Cinture (abbigliamento); vesti da camera».

II. Conclusioni delle parti

12 La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

– nella misura in cui la decisione impugnata riguarda i prodotti della classe 25:

– dare atto della limitazione del marchio contestato ai prodotti elencati al precedente punto 11;

– in subordine, riformare detta decisione e dichiarare la validità del marchio contestato per gli «articoli di abbigliamento»;

– nella misura in cui la decisione impugnata riguarda prodotti della classe 18, riformare detta decisione e dichiarare la validità del marchio contestato per quanto concerne i seguenti prodotti: «Articoli in queste materie non compresi in altre classi [cuoio e sue imitazioni]; bauli; ombrelloni; borse da spiaggia; cartelle, buste [articoli di pelle]; porta-carte [portafogli]; borse lavorate a maglia; borsette; sacche; portafogli; borsellini; zaini; scolari (borse per -); cartelle scolastiche; borse della spesa; borse da sport; bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases; borse con ruote per la spesa»;

– condannare l’interveniente alle spese del presente procedimento e dei precedenti gradi di giudizio.

13 L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

– respingere il ricorso;

– condannare la ricorrente alle spese in caso di convocazione a un’udienza.

14 L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

– respingere il ricorso;

– condannare la ricorrente alle spese, ivi comprese quelle da essa sostenute.

III. In diritto

15 Tenuto conto della data di presentazione della domanda di registrazione di cui trattasi, vale a dire il 31 luglio 2010, che è determinante ai fini dell’individuazione del diritto sostanziale applicabile, la controversia è disciplinata dalle disposizioni sostanziali del regolamento n. 207/2009 (v., in tal senso, ordinanza del 5 ottobre 2004, Alcon/UAMI, C-192/03 P, EU:C:2004:587, punti 39 e 40, e sentenza del 23 aprile 2020, Gugler France/Gugler e EUIPO, C-736/18 P, non pubblicata, EU:C:2020:308, punto 3 e giurisprudenza citata).

16 Per quanto riguarda le norme sostanziali, nel caso di specie, i riferimenti, fatti dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata e dalla ricorrente negli argomenti dedotti, all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 e al paragrafo 5 del medesimo articolo, relativi all’esistenza rispettivamente di un rischio di confusione con un marchio anteriore e di un marchio anteriore che gode di notorietà, devono essere intesi come riferimenti all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e al paragrafo 5 dello stesso articolo, che ha tenore identico.

A. Osservazioni preliminari sui capi della domanda della ricorrente

17 Con il secondo capo della domanda, sollevato in subordine contro la decisione impugnata nella misura in cui essa riguarda i prodotti della classe 25, la ricorrente chiede al Tribunale di riformare detta decisione e di dichiarare la validità del marchio contestato per detti prodotti.

18 Con il terzo capo della domanda, sollevato contro la decisione impugnata nella misura in cui essa riguarda i prodotti della classe 18, la ricorrente chiede al Tribunale di riformare detta decisione e di dichiarare la validità del marchio contestato per detti prodotti.

19 Il Tribunale rileva che, sebbene, con il secondo e terzo capo della domanda, la ricorrente chieda la riforma della decisione impugnata, essa non chiede l’annullamento di tale decisione.

20 Tuttavia, dal contenuto del ricorso si evince che la ricorrente chiede non soltanto la riforma della decisione impugnata, ma anche il suo annullamento [v., per analogia, sentenza del 29 giugno 2022, bet-at-home.com Entertainment/EUIPO (bet-at-home), T-640/21, non pubblicata, EU:T:2022:408, punto 11]. Infatti, la ricorrente afferma, nel corpo del ricorso, che essa «chiede che il Tribunale voglia annullare la decisione impugnata con riferimento ai prodotti della classe 25 del marchio contestato».

21 Ne consegue che il ricorso deve essere interpretato nel senso che esso riguarda anche l’annullamento della decisione impugnata.

22 Occorre altresì precisare che, nella misura in cui, con il secondo e terzo capo della domanda, la ricorrente chiede al Tribunale di dichiarare la validità del marchio contestato, una siffatta domanda dovrebbe essere respinta, in quanto il Tribunale non è competente a pronunciare sentenze dichiarative (v., in tal senso, ordinanza del 9 dicembre 2003, Italia/Commissione, C-224/03, non pubblicata, EU:C:2003:658, punti 20 e 21, e sentenza del 4 febbraio 2009, Omya/Commissione, T-145/06, EU:T:2009:27, punto 23). Tuttavia, il Tribunale rileva che tale domanda si confonde, in realtà, con la domanda di riforma della decisione impugnata. Infatti, la ricorrente chiede al Tribunale di «riformare la decisione impugnata e, di conseguenza, di confermare la validità del marchio contestato» per i prodotti delle classi 25 e 18. È sufficiente quindi che il Tribunale si pronunci sulla domanda di annullamento e di riforma della decisione impugnata, senza che occorra statuire sulla parte del secondo e terzo capo della domanda della ricorrente con cui quest’ultima gli chiede di dichiarare la validità del marchio contestato.

B. Sull’oggetto della controversia

23 Con il primo capo della domanda, sollevato in via principale contro la decisione impugnata nella parte in cui essa riguarda i prodotti della classe 25, la ricorrente chiede al Tribunale di dare atto della limitazione del marchio contestato ai prodotti elencati al precedente punto 11.

24 La ricorrente sostiene che i prodotti della classe 24 non devono essere comparati ai prodotti della classe 25 per i quali la divisione di annullamento ha accolto la domanda di nullità e che non sono oggetto della rinuncia registrata il 28 ottobre 2021, la quale riguardava gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)». A suo parere, i prodotti della classe 24 devono essere comparati ai prodotti della classe 25 elencati nella sua dichiarazione di rinuncia in data 20 ottobre 2022.

25 L’EUIPO sostiene che la dichiarazione di rinuncia parziale al marchio contestato non può essere presa in considerazione dal Tribunale. Infatti, se lo fosse, l’oggetto della controversia dinanzi alla commissione di ricorso risulterebbe modificato, dato che, con tale dichiarazione, la ricorrente rinuncia alla protezione della categoria «articoli di abbigliamento» limitandola a specifici capi di vestiario.

26 L’interveniente sostiene che l’istanza di limitazione dei prodotti protetti dal marchio contestato, menzionata nel precedente punto 11, non può essere presa in considerazione dal Tribunale in quanto l’EUIPO non si è ancora pronunciato su tale istanza e non è possibile chiedere la limitazione dell’elenco dei prodotti protetti da un marchio sostituendo un termine con un elenco di altri termini, vale a dire ampliando l’elenco iniziale.

27 Dal fascicolo risulta che, dopo l’adozione della decisione impugnata, la ricorrente ha presentato dinanzi all’EUIPO una domanda diretta alla rinuncia al marchio contestato per gli «articoli di abbigliamento», rientranti nella classe 25, e alla sostituzione di tale prodotto con i seguenti prodotti: «Pantaloni; Bermuda; Leggings; Jeans; Gonne; Maglie; Cardigan; Coprispalle; Twin-sets; Felpe; T-shirt; Camicie; Bluse; Top; Completi; Biancheria intima; Abiti; Tute [indumenti]; Giacche; Giacche impermeabili; Gilet imbottiti; Gilet; Giubbotti; Cappotti; Cappotti e giacche in pelliccia; Impermeabili; Trench; Costumi da spiaggia; Sciarpe; Foulard; Stole; Scaldacollo; Mantelle; Poncho; scarpe, cappelleria; Cinture (abbigliamento); vesti da camera».

28 In linea di principio, una limitazione, ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, dell’elenco dei prodotti o dei servizi contenuti in una domanda di marchio dell’Unione europea, che interviene dopo l’adozione della decisione della commissione di ricorso impugnata dinanzi al Tribunale, non può incidere sulla legittimità di detta decisione, che è la sola contestata dinanzi al Tribunale [v. sentenza del 9 luglio 2008, Reber/UAMI – Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (Mozart), T-304/06, EU:T:2008:268, punto 25 e giurisprudenza citata].

29 Qualora la limitazione dell’elenco dei prodotti o dei servizi contenuti in una domanda di marchio dell’Unione europea abbia per oggetto la modifica, in tutto o in parte, della descrizione di detti prodotti o servizi, non si può escludere che tale modifica possa avere effetto sull’esame del marchio in questione condotto dagli organi dell’EUIPO nel corso del procedimento amministrativo. In tale contesto, ammettere questa modifica nella fase di ricorso dinanzi al Tribunale equivarrebbe ad una modifica dell’oggetto della lite in corso di causa, vietata dall’articolo 188, del regolamento di procedura del Tribunale (v. sentenza del 9 luglio 2008, Mozart, T-304/06, EU:T:2008:268, punto 29 e giurisprudenza citata).

30 Nel caso di specie, la limitazione comunicata dalla ricorrente porta a escludere dall’elenco dei prodotti designati dal marchio contestato non solo gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)», ma anche i «parei e i mantelli da bagno con cappuccio», le «coperte indossabili» e i «grembiuli», gli «articoli di abbigliamento tergisudore» e le «custodie per camicie da notte in tessuto», esaminati dalla commissione di ricorso ai punti da 41 a 43 della decisione impugnata.

31 Date tali circostanze, si deve ritenere che una limitazione del genere equivalga a una modifica dell’oggetto della lite in corso di causa, cosicché essa non può essere presa in considerazione dal Tribunale. Pertanto, si deve respingere in quanto irricevibile il primo capo della domanda della ricorrente riguardante la limitazione dell’elenco dei prodotti della classe 25.

C. Nel merito

1. Sulla domanda di annullamento della decisione impugnata

32 La ricorrente deduce, in sostanza, due motivi, vertenti, il primo, su un errore nella valutazione della somiglianza tra i prodotti protetti dai marchi in conflitto, in violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, e, il secondo, su un difetto e un’insufficienza di motivazione della decisione impugnata.

33 Occorre esaminare anzitutto il primo motivo.

34 A sostegno di tale motivo, la ricorrente sostiene, in sostanza, che la valutazione da parte della commissione di ricorso della somiglianza tra i prodotti oggetto dei marchi in conflitto è erronea.

35 L’EUIPO contesta l’argomento della ricorrente. A suo parere, la valutazione della somiglianza tra i prodotti di cui trattasi non è inficiata da alcun errore. Pertanto, tenuto conto, segnatamente, della quasi identità dei segni, la commissione di ricorso avrebbe correttamente concluso per la sussistenza di un rischio di confusione per il pubblico di riferimento.

36 L’interveniente contesta l’argomento della ricorrente. La valutazione, nella decisione impugnata, della somiglianza tra i prodotti in questione andrebbe confermata. Pertanto, anche la conclusione della commissione di ricorso riguardo alla sussistenza di un rischio di confusione dovrebbe esserlo.

37 Ai sensi di una lettura combinata dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 e dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), dello stesso regolamento, su domanda del titolare di un marchio anteriore, il marchio dell’Unione europea registrato è dichiarato nullo se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o della somiglianza dei prodotti o servizi designati dai due marchi, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

38 Nella decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato che i segni in conflitto presentavano un elevato grado di somiglianza sotto il profilo visivo, fonetico e concettuale. Essa ha anche ritenuto che il pubblico di riferimento fosse il grande pubblico dell’Unione, facente prova di un livello di attenzione medio. Dopodiché, essa ha comparato, in un primo tempo, i prodotti della classe 25, designati dal marchio contestato, ai prodotti della classe 24, protetti dal marchio anteriore, successivamente, in un secondo tempo, i prodotti della classe 18 designati da ciascuno dei marchi in conflitto.

39 Il Tribunale constata che la ricorrente non contesta le valutazioni della commissione di ricorso relative alla somiglianza dei segni e al pubblico di riferimento. Essa contesta unicamente le valutazioni della commissione di ricorso relative al confronto dei prodotti. Al riguardo, essa contesta sia il confronto tra i prodotti delle classi 24 e 25 sia quello tra i prodotti della classe 18.

40 Pertanto, occorre esaminare in successione ciascuno di questi due confronti.

a) Sul confronto tra gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)» e i prodotti della classe 24

41 Per quanto riguarda i prodotti della classe 25, designati dal marchio contestato, vale a dire gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)», la commissione di ricorso ha anzitutto affermato, al punto 40 della decisione impugnata, che essi erano simili ai prodotti della classe 24, protetti dal marchio anteriore.

42 La commissione di ricorso ha poi esaminato, ai punti da 41 a 43 della decisione impugnata, vari articoli di abbigliamento, che erano, a suo avviso, compresi nella categoria degli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)», e ha ritenuto che ciascuno di essi presentasse un grado di somiglianza che variava tra «quantomeno (…) basso» e «almeno (…) medio» con alcuni prodotti tessili specifici, inclusi, a suo avviso, nella categoria dei «prodotti tessili» protetti dal marchio anteriore.

43 Al riguardo, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso è incorsa in un errore di valutazione, nel ritenere che gli «articoli di abbigliamento, esclusi gli accappatoi» comprendessero i vari articoli di abbigliamento esaminati ai punti da 41 a 43 della decisione impugnata. Infatti, questi ultimi non sarebbero espressamente designati dal marchio contestato. Orbene, dall’articolo 33, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001 discenderebbe che le indicazioni generali dei titoli delle classi della classificazione di Nizza, come gli «articoli di abbigliamento», non possano essere interpretati come comprendenti tutti i prodotti inclusi nella classe in questione.

44 La ricorrente contesta anche la valutazione, da parte della commissione di ricorso, della somiglianza tra i prodotti della classe 25 e quelli della classe 24. Infatti, da un lato, ad avviso della ricorrente, dalla giurisprudenza risulta che i prodotti rientranti in tali classi differiscono sotto molteplici aspetti, quali la loro natura, la loro destinazione, la loro origine e i loro canali di distribuzione. Dall’altro lato, secondo la ricorrente, il grado di somiglianza considerato dalla commissione di ricorso tra ciascuno degli articoli di abbigliamento esaminati ai punti da 41 a 43 della decisione impugnata e alcuni dei prodotti della classe 24 è erroneo.

45 L’EUIPO contesta l’argomento della ricorrente. A suo avviso, gli articoli di abbigliamento esaminati ai punti da 41 a 43 della decisione impugnata sono compresi nella categoria «articoli di abbigliamento» designati dal marchio contestato. Inoltre, se è pur vero che la maggior parte dei «prodotti tessili», che rientrano nella classe 24, differisce dagli «articoli di abbigliamento», che rientrano nella classe 25, resterebbe il fatto che alcuni prodotti tessili possano risultare simili ad alcuni articoli di abbigliamento e che ciò si verificherebbe nel caso di specie.

46 L’interveniente contesta l’argomento della ricorrente. A suo avviso, gli «articoli di abbigliamento» designati dal marchio contestato comprendono gli articoli di abbigliamento esaminati ai punti da 41 a 43 della decisione impugnata. Inoltre, la commissione di ricorso non sarebbe incorsa in errore nella valutazione della somiglianza di tali articoli di abbigliamento specifici con i prodotti della classe 24.

47 In via preliminare occorre precisare che i prodotti della classe 25, designati dal marchio contestato, ai quali i prodotti della classe 24, protetti dal marchio anteriore, devono essere comparati, sono i seguenti: «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)».

48 Quanto ai prodotti della classe 24 che costituiscono l’altro termine del confronto, si tratta dei prodotti menzionati nel precedente punto 4, vale a dire: «prodotti tessili quali cuscini (e coperte, copriletti, lenzuola, asciugamani); coperte; copriletti; lenzuola; asciugamani; tovaglie».

49 Per quanto riguarda il rilievo della commissione di ricorso, contenuto nel punto 40 della decisione impugnata, secondo cui gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)» sono «simili» ai prodotti della classe 24, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, i tessuti e i prodotti tessili della classe 24, da un lato, e gli abiti e le calzature della classe 25, dall’altro, differiscono sotto molteplici profili, come la loro natura, la loro destinazione, la loro origine e i loro canali di distribuzione [sentenze del 13 dicembre 2004, El Corte Inglés/UAMI – Pucci (EMILIO PUCCI), T-8/03, EU:T:2004:358, punto 44, e dell’8 settembre 2021, Sfera Joven/EUIPO – Koc (SFORA WEAR), T-493/20, non pubblicata, EU:T:2021:540, punto 46].

50 Solo in casi particolari, cioè qualora un fabbricante di tessuti sfrutti la fama del suo marchio e decida di estendere la sua attività alla produzione di abiti, lo stesso marchio è utilizzato per designare prodotti finiti (abiti) e prodotti semifiniti (tessuti per abiti) [sentenze del 13 dicembre 2004, EMILIO PUCCI, T-8/03, EU:T:2004:358, punto 44, e del 9 settembre 2020, Casual Dreams/EUIPO – López Fernández (Dayaday), T-50/19, non pubblicata, EU:T:2020:407, punto 122].

51 Inoltre, alcuni prodotti tessili, come gli «asciugamani per ospiti», sono stati ritenuti simili ad alcuni articoli di abbigliamento, ossia gli «accappatoi», in quanto avevano la stessa natura, la stessa funzione ed erano concorrenziali (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Dayaday, T-50/19, non pubblicata, EU:T:2020:407, punto 128).

52 Orbene, dal fascicolo non risulta che, nel caso di specie, un fabbricante di tessuti abbia sfruttato la notorietà del proprio marchio per estendere la sua attività alla produzione di abiti, o viceversa. In particolare, la circostanza che, come sottolinea giustamente la ricorrente, alcuni grandi stilisti estendano la loro attività alla produzione di biancheria per la casa e per il letto non è sufficiente a dimostrare che, nel caso di specie, i «prodotti tessili», quali cuscini, coperte, copriletti, lenzuola, asciugamani, copriletti e tovaglie, protetti dal marchio anteriore, e gli «articoli di abbigliamento» sono simili. Inoltre, decorare una casa e vestire una persona rispondono a necessità e finalità nettamente diverse (sentenza del 9 settembre 2020, Dayaday, T-50/19, non pubblicata, EU:T:2020:407, punto 127).

53 L’EUIPO non contesta d’altronde che la maggior parte dei «prodotti tessili», rientranti nella classe 24, e degli «articoli di abbigliamento», rientranti nella classe 25, differisce l’una dall’altra. Esso si limita a sostenere che ciò non esclude che alcuni di detti prodotti tessili sono simili a taluni articoli di abbigliamento specifici.

54 Inoltre, è irrilevante che, sebbene, dopo l’adozione della decisione della divisione di annullamento, la ricorrente abbia rinunciato, come indicato al precedente punto 7, alla protezione del marchio contestato per gli «accappatoi», la commissione di ricorso ha comunque concluso, al pari di detta divisione, per la somiglianza tra i prodotti delle classi 24 e 25. Infatti, detti accappatoi sono solo uno dei numerosi articoli di abbigliamento inclusi nella categoria degli «articoli di abbigliamento», designati dal marchio contestato. Pertanto, l’esclusione degli «accappatoi» dalla protezione del marchio contestato non può incidere significativamente sulla somiglianza tra i prodotti delle classi 24 e 25 rilevata dalla commissione di ricorso.

55 Di conseguenza, la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto, al punto 40 della decisione impugnata, che gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)», rientranti nella classe 25, designati dal marchio contestato, fossero simili ai prodotti rientranti nella classe 24, protetti dal marchio anteriore. Essa avrebbe dovuto ritenere che tali prodotti non fossero simili [v., per analogia, sentenza del 9 luglio 2015, CMT/UAMI – Camomilla (Camomilla), T-98/13 e T-99/13, non pubblicata, EU:T:2015:480, punti 69 e 77].

56 Quanto ai diversi articoli di abbigliamento compresi, secondo la commissione di ricorso, nella categoria «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)», designata dal marchio contestato, il Tribunale rileva che la loro somiglianza con taluni prodotti inclusi nei «prodotti tessili», protetti dal marchio anteriore, è stata esaminata dalla commissione di ricorso, ai punti da 41 a 43 della decisione impugnata, solo a titolo di «esempio» e «a titolo di completezza», dopo aver concluso, al punto 40, nel senso che i primi erano «simili» ai secondi.

57 Pertanto, la circostanza che il punto 40 della decisione impugnata sia contrario alla giurisprudenza menzionata ai precedenti punti da 49 a 51 è sufficiente a dimostrare che la commissione di ricorso è incorsa in errore nel valutare la somiglianza tra i prodotti delle classi 24 e 25, senza che sia necessario dimostrare che essa ha commesso errori di valutazione anche ai punti da 41 a 43 di tale decisione.

b) Sul confronto tra i prodotti della classe 18, designati da ciascuno dei marchi in conflitto

58 Per quanto riguarda i prodotti rientranti nella classe 18, designati dal marchio contestato, la commissione di ricorso ha esaminato, in primo luogo, gli «ombrelloni», che essa ha ritenuto presentassero un grado «medio» di somiglianza con gli «ombrelli», protetti dal marchio anteriore.

59 In secondo luogo, essa ha ritenuto che i «bauli» e i «bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases» presentassero un grado «quanto meno medio» di somiglianza con le «valigie», del marchio anteriore.

60 In terzo luogo, essa ha affermato che il grado di somiglianza tra le «borse da spiaggia; cartelle, buste [articoli di pelle]; porta-carte [portafogli]; borse lavorate a maglia; borsette; sacche; portafogli; borsellini; zaini; scolari (borse, per -); cartelle scolastiche; borse della spesa; borse da sport; borse con ruote per la spesa», designati dal marchio contestato, e le «valigie» del marchio anteriore, era «basso o al più medio».

61 In quarto luogo, per quanto riguarda gli «articoli in queste materie non compresi in altre classi [cuoio e sue imitazioni]», designati dal marchio contestato, la commissione di ricorso ha rilevato che tale indicazione era vaga e imprecisa e che tali prodotti dovevano quindi essere considerati identici alle «valigie» del marchio anteriore.

62 La ricorrente contesta la valutazione della somiglianza tra i prodotti della classe 18 designati da ciascuno dei marchi in conflitto. Per quanto riguarda gli «ombrelloni» e gli «ombrelli», sottolinea che essi rispondono ad esigenze molto specifiche, sono fabbricati da imprese specializzate e dispongono di canali di distribuzione distinti. Per quanto riguarda, secondo i termini da essa impiegati, i «diversi tipi di borse» e le «valigie», essa sostiene che solo le «valigie» sono utilizzate per contenere gli effetti personali di una persona durante un viaggio e sono, di conseguenza, fabbricate per essere solide e sicure.

63 L’EUIPO contesta l’argomento della ricorrente. A suo avviso, la giurisprudenza ha confermato la somiglianza tra gli «ombrelloni» e gli «ombrelli». Inoltre, la motivazione della decisione impugnata relativa ai diversi tipi di borse designati dal marchio contestato sarebbe corretta. Infatti, il ricorso non conterrebbe alcun argomento riguardante i «bauli» e i «bauletti» oggetto di detto marchio.

64 L’interveniente contesta l’argomento della ricorrente. A suo avviso, la valutazione della somiglianza tra gli «ombrelloni» e gli «ombrelli» è conforme alla giurisprudenza. La valutazione della somiglianza tra, da un lato, i «bauli» e i «vanity cases» e, dall’altro, le «valigie» non sarebbe contestata, né quella tra, da un lato, gli «articoli in queste materie non compresi in altre classi [cuoio e sue imitazioni]» e, dall’altro, le «valigie». Inoltre, per quanto riguarda i diversi tipi di borse esaminati al punto 47 della decisione impugnata, le eventuali differenze tra tali prodotti e le «valigie» non consentirebbero di dimostrare che essi differiscono gli uni dagli altri.

65 In primo luogo, per quanto riguarda gli «ombrelloni», che la commissione di ricorso ha ritenuto presentare un grado medio di somiglianza con gli «ombrelli» contraddistinti dal marchio anteriore, dalla sentenza del 27 febbraio 2014, Advance Magazine Publishers/UAMI – López Cabré (VOGUE) (T-229/12, non pubblicata, EU:T:2014:95, punto 32), si evince che tra gli ombrelloni e gli ombrelli sussiste un debole grado di somiglianza. Infatti, secondo tale sentenza, sebbene, in particolare, gli ombrelli e gli ombrelloni funzionino secondo uno stesso tipo di meccanismo e mirino entrambi a proteggere gli esseri umani da taluni disagi causati dalle condizioni meteorologiche, ciò non toglie che i loro utilizzatori finali non siano gli stessi, che i loro canali di distribuzione differiscano frequentemente e che non abbiano lo stesso scopo, in quanto l’ombrellone risponde soprattutto a uno scopo ricreativo, mentre l’ombrello risponde a una necessità più quotidiana, che riguarda prevalentemente un pubblico urbano.

66 La commissione di ricorso non poteva proficuamente basarsi, come ha fatto al punto 45 della decisione impugnata, sulla sentenza del 26 marzo 2019, Deray/EUIPO – Charles Claire (LILI LA TIGRESSE) (T-105/18, non pubblicata, EU:T:2019:194, punti da 50 a 53). Infatti, in tale sentenza, il Tribunale ha dichiarato che gli ombrelloni erano simili agli ombrelli da golf, in quanto offrivano una protezione non solo dalla pioggia, ma anche dal sole, e, pertanto, potevano avere lo stesso impiego degli ombrelloni. Orbene, nella presente causa, i prodotti ai quali sono paragonati gli ombrelloni designati dal marchio contestato sono ombrelli, e non ombrelli da golf. Gli ombrelli sono principalmente utilizzati per offrire protezione dalla pioggia. Pertanto, la valutazione del Tribunale relativa al grado di somiglianza esistente tra gli ombrelloni e gli ombrelli da golf non può essere estesa agli ombrelloni e agli ombrelli.

67 Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dall’EUIPO e dall’interveniente, è irrilevante che la banca dati, chiamata Similarity, dell’EUIPO indichi che gli ombrelloni sono simili agli ombrelli. Infatti, tale banca dati, che riflette la prassi dell’EUIPO e delle diverse autorità competenti degli Stati membri, non può vincolare il Tribunale.

68 Peraltro, dal fascicolo non risulta che gli ombrelloni abbiano gli stessi produttori degli ombrelli.

69 Pertanto, la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto, al punto 45 della decisione impugnata, che il grado di somiglianza tra gli «ombrelloni», designati dal marchio contestato, e gli «ombrelli», protetti dal marchio anteriore, fosse medio e non debole.

70 In secondo luogo, per quanto riguarda i «bauli» e i «bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases», che secondo la commissione di ricorso presentavano «quanto meno un grado medio» di somiglianza con le «valigie» protette dal marchio anteriore, occorre rilevare che, sebbene, come sottolinea l’interveniente, il ricorso non riguardi espressamente detti bauli e detti bauletti, nondimeno esso contesta la decisione impugnata «per quanto riguarda i prodotti compresi nella classe 18». Ne consegue che si deve ritenere che la ricorrente contesti tutti i prodotti della classe 18, designati dal marchio contestato, esaminati ai punti da 45 a 48 della decisione impugnata.

71 Al riguardo, è vero che un «baule» è di dimensioni maggiori rispetto a una «valigia». Pertanto, sebbene, come una «valigia», serva a trasportare beni allo scopo di viaggiare [sentenza del 1º marzo 2023, Lifestyle Equities/EUIPO – Greenwich Polo Club (GREENWICH POLO CLUB GPC 2002), T-217/22, non pubblicata, EU:T:2023:92, punto 35], esso consente di trasportare oggetti più grandi ed è in sé più difficile da spostare rispetto a una «valigia».

72 È altresì vero che i «vanity cases» sono di dimensioni molto più piccole rispetto alle «valigie», è vero che, come indica la stessa classificazione di Nizza, i «vanity cases» sono destinati a contenere e non solamente, come le «valigie», a trasportare oggetti e che, contrariamente alle «valigie», essi sono destinati a contenere unicamente taluni oggetti specifici, ossia articoli da toilette.

73 È altresì vero che i «vanity cases» possono svolgere, al di là della loro funzione principale, un’ulteriore funzione estetica contribuendo all’immagine esteriore del consumatore interessato [sentenza del 9 novembre 2016, Birkenstock Sales/EUIPO (Raffigurazione di un motivo di linee ondulate incrociate), T-579/14, EU:T:2016:650, punto 116].

74 Tuttavia, è giocoforza rilevare che la differenza di dimensioni tra, da un lato, i «bauli» e i «vanity cases» e, dall’altro, le «valigie», nonché la differenza tra gli oggetti trasportati non sono tali da mettere in discussione il grado quantomeno medio di somiglianza attestato dalla commissione di ricorso, dal momento che la natura di tali prodotti e la loro funzione di trasporto di oggetti, generalmente durante i viaggi, restano comuni [v., per analogia, sentenza del 1º settembre 2021, FF IP/EUIPO – Seven (the DoubleF), T-23/20, non pubblicata, EU:T:2021:523, punto 68]. Ciò vale a maggior ragione in quanto essi hanno il più delle volte lo stesso produttore e gli stessi canali di distribuzione.

75 Pertanto, è senza commettere errori di valutazione che, al punto 46 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che i «bauli» e i «bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti vanity cases» presentassero quanto meno un grado medio di somiglianza con le «valigie».

76 In terzo luogo, per quanto riguarda le «borse da spiaggia; cartelle, buste [articoli di pelle]; porta-carte [portafogli]; borse lavorate a maglia; borsette; sacche; portafogli; borsellini; zaini; scolari (borse, per -); cartelle scolastiche; borse della spesa; borse da sport; borse con ruote per la spesa», che la commissione di ricorso ha ritenuto presentassero un grado di somiglianza «basso o al più medio» con le «valigie» del marchio anteriore, è vero che i prodotti designati dal marchio contestato possono svolgere, oltre alla loro funzione di trasporto di oggetti, un’ulteriore funzione estetica.

77 È altresì vero che i prodotti designati dal marchio contestato servono unicamente a trasportare taluni oggetti specifici (ad esempio, oggetti da spiaggia per le «borse da spiaggia», documenti per le «cartelle, buste [articoli di pelle]», provviste per le «borse della spesa»), a differenza delle «valigie» del marchio anteriore.

78 Tuttavia, è giocoforza rilevare che l’ulteriore funzione estetica svolta dai prodotti designati dal marchio contestato, nonché la differenza tra gli oggetti trasportati, non sono sufficienti a rimettere in discussione il grado di somiglianza «basso o al più medio» attestato dalla commissione di ricorso, dato che essi fanno tutti parte della categoria dei «contenitori trasportabili». Ciò vale a maggior ragione in quanto tali prodotti hanno il più delle volte lo stesso produttore.

79 Di conseguenza, è senza commettere errori di valutazione che, al punto 47 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti designati dal marchio contestato, elencati in detto punto, presentassero un grado di somiglianza «basso o al più medio» con le «valigie» del marchio anteriore.

80 In quarto luogo, per quanto riguarda gli «articoli in queste materie non compresi in altre classi [cuoio e sue imitazioni]», che la commissione di ricorso ha ritenuto identici alle «valigie» protette dal marchio anteriore, il Tribunale rileva che è pacifico che esistono «valigie» in cuoio o in sue imitazioni. Pertanto, una parte dei prodotti protetti dal marchio anteriore può essere inclusa nella categoria degli «articoli in queste materie non compresi in altre classi [cuoio e sue imitazioni]» designata dal marchio contestato [v., per analogia, sentenze dell’8 marzo 2013, Mayer Naman/UAMI – Daniel e Mayer (David Mayer), T-498/10, non pubblicata, EU:T:2013:117, punti da 62 a 64, e del 6 dicembre 2018, Vans/EUIPO – Deichmann (V), T-817/16, non pubblicata, EU:T:2018:880, punti da 83 a 86]. Questi ultimi possono dunque essere considerati identici alle «valigie».

81 La commissione di ricorso non è quindi incorsa in alcun errore di valutazione per aver ritenuto, al punto 48 della decisione impugnata, che gli «articoli in queste materie non compresi in altre classi [cuoio e sue imitazioni]», designati dal marchio contestato, fossero identici alle «valigie» protette dal marchio anteriore.

82 Pertanto, la commissione di ricorso è incorsa in un errore di valutazione non solo, come indicato nel precedente punto 55, per aver ritenuto che i prodotti della classe 25 designati dal marchio contestato fossero simili ai prodotti della classe 24 protetti dal marchio anteriore, ma anche, come indicato al precedente punto 69, che gli «ombrelloni», designati dal marchio contestato, presentassero un grado medio di somiglianza con gli «ombrelli» contraddistinti dal marchio anteriore.

c) Sul rischio di confusione

83 La valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori presi in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa [sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C-39/97, EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T-81/03, T-82/03 e T-103/03, EU:T:2006:397, punto 74].

84 Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha ritenuto, ai punti da 49 a 55 della decisione impugnata, che, tenuto conto del carattere distintivo normale del marchio anteriore, del fatto che i prodotti oggetto del presente ricorso erano «in parte identici e in parte simili (in diversa misura)» e della giurisprudenza secondo la quale la quasi identità dei marchi era in grado di compensare il basso grado di affinità dei prodotti, sussistesse un rischio di confusione.

85 Orbene, da un lato, la commissione di ricorso è incorsa in un errore di valutazione per aver ritenuto che gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)» fossero simili ai prodotti della classe 24 protetti dal marchio anteriore. Infatti, tali prodotti non sono simili. Pertanto, la commissione di ricorso ha erroneamente concluso nel senso che sussistesse un rischio di confusione in relazione a tali prodotti.

86 Dall’altro lato, la commissione di ricorso è incorsa in un errore di valutazione per aver ritenuto che gli «ombrelloni», designati dal marchio contestato, presentassero un grado medio di somiglianza con gli «ombrelli» protetti dal marchio anteriore. Infatti, tali prodotti presentano solo un tenue grado di somiglianza. Tuttavia, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi di cui trattasi può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i segni in conflitto e viceversa (sentenza del 4 marzo 2020, EUIPO/Equivalenza Manufactory, C-328/18 P, EU:C:2020:156, punto 59). Nel caso di specie, il Tribunale ritiene che la quasi identità dei segni in conflitto compensi il basso grado di somiglianza tra gli «ombrelloni» e gli «ombrelli». Pertanto, la commissione di ricorso non è incorsa in un errore di valutazione nel ritenere che esistesse un rischio di confusione per quanto riguarda tali prodotti.

87 Di conseguenza, la decisione impugnata deve essere annullata nella parte in cui vi si afferma che sussiste un rischio di confusione per quanto riguarda gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)», designati dal marchio contestato, e i prodotti rientranti nella classe 24, contraddistinti dal marchio anteriore, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi e argomenti della ricorrente nella parte in cui riguardano questi stessi prodotti.

88 Inoltre, il secondo motivo, poiché è diretto contro il rilievo, ai punti da 45 a 48 della decisione impugnata, relativo all’esistenza di un rischio di confusione per quanto riguarda i prodotti rientranti nella classe 18, deve essere respinto. Infatti, è giocoforza notare che la ricorrente si basa sugli stessi argomenti a sostegno del primo e del secondo motivo, senza distinguere, anche solo formalmente, gli argomenti dedotti a sostegno dell’uno e dell’altro motivo.

89 Occorre quindi accogliere la domanda di annullamento della decisione impugnata nella parte in cui quest’ultima attesta la sussistenza di un rischio di confusione per quanto riguarda gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)», designati dal marchio contestato, e i prodotti rientranti nella classe 24, contraddistinti dal marchio anteriore. La domanda di annullamento deve essere respinta quanto al resto.

2. Sulla domanda di riforma della decisione impugnata

90 Per quanto riguarda la domanda della ricorrente diretta ad ottenere che il Tribunale riformi la decisione impugnata, occorre ricordare che, sebbene il potere di riforma riconosciuto al Tribunale non abbia l’effetto di conferire a quest’ultimo la facoltà di sostituire la propria valutazione a quella della commissione di ricorso e neppure di procedere ad una valutazione alla quale detta commissione non ha ancora proceduto, esso deve essere esercitato nelle situazioni in cui il Tribunale, dopo aver controllato la valutazione compiuta dalla commissione di ricorso, è in grado di determinare, sulla base degli elementi di fatto e di diritto accertati, la decisione che la commissione di ricorso era tenuta a prendere (sentenza del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C-263/09 P, EU:C:2011:452, punto 72).

91 Nel caso di specie, come indicato nel precedente punto 84, la commissione di ricorso ha concluso per l’esistenza di un rischio di confusione.

92 Pertanto, il Tribunale dispone del potere di riformare la decisione impugnata su tale punto.

93 Orbene, come risulta dal precedente punto 85, la commissione di ricorso doveva ritenere che non sussistesse alcun rischio di confusione per quanto riguarda gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)», designati dal marchio contestato, e i prodotti rientranti nella classe 24, contraddistinti dal marchio anteriore.

94 Ne consegue che la decisione impugnata deve essere riformata nel senso che la domanda di dichiarazione di nullità è respinta per gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)», rientranti nella classe 25. La domanda di riforma deve essere respinta quanto al resto.

IV. Sulle spese

95 Per quanto riguarda sia le spese relative al procedimento dinanzi alla commissione di ricorso e la divisione di annullamento sia quelle relative al procedimento dinanzi al Tribunale, con il terzo capo della domanda la ricorrente chiede che il Tribunale voglia condannare soltanto l’interveniente.

96 Da un lato, in forza dell’articolo 190, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, soltanto le spese indispensabili sostenute dalle parti per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili. Pertanto, la domanda della ricorrente è irricevibile nei limiti in cui concerne le spese relative al procedimento amministrativo dinanzi alla divisione di opposizione, le quali non costituiscono spese ripetibili.

97 Dall’altro lato, ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. A norma dell’articolo 134, paragrafo 2, di detto regolamento, quando vi sono più parti soccombenti il Tribunale decide sulla ripartizione delle spese. Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 3, del medesimo regolamento, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, le spese sono compensate.

98 Poiché il ricorso è accolto solo per una parte dei prodotti di cui trattasi, occorre decidere che ciascuna parte si farà carico delle proprie spese sostenute nell’ambito del presente procedimento e dinanzi alla commissione di ricorso.

PQM

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

dichiara e statuisce:

1) La decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 24 agosto 2022 (procedimento R 1738/2021-2) è annullata nella parte in cui attesta la sussistenza di un rischio di confusione per quanto riguarda gli «articoli di abbigliamento (esclusi gli accappatoi)» rientranti nella classe 25 e riformata nel senso che la domanda di nullità del marchio registrato con il numero 9287038 è respinta per questi stessi prodotti.

2) Il ricorso è respinto quanto al resto.

3) Ciascuna parte si farà carico delle proprie spese, comprese quelle sostenute nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso.

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 settembre 2024.