CORTE GIUSTIZIA UNIONE EUROPEA, sez. VII, 21 marzo 2024, n. 10/23

CORTE GIUSTIZIA UNIONE EUROPEA, sez. VII, 21 marzo 2024, n. 10/23

L’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), ii), del regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, letto alla luce del considerando 13 di quest’ultimo, dev’essere interpretato nel senso che poiché tali disposizioni definiscono la nozione di “attività (…) localizzata” come l’approvvigionamento di esercizi situati nelle “immediate vicinanze”, esso osta a una normativa nazionale che include in tale nozione forniture che vanno oltre un tale approvvigionamento, quali forniture a esercizi situati nell’intero territorio nazionale, e limita così la portata di tale regolamento.

Nella causa C‑10/23,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania), con decisione del 19 ottobre 2022, pervenuta in cancelleria l’11 gennaio 2023, nel procedimento

Remia Com Impex SRL

contro

Autoritatea Naţională Sanitară Veterinară şi pentru Siguranţa Alimentelor (ANSVSA),

Direcţia Sanitară Veterinară şi pentru Siguranţa Alimentelor Dolj,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da F. Biltgen, presidente di sezione, N. Wahl e M.L. Arastey Sahún (relatrice), giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo rumeno, da E. Gane, L. Ghiţă e A. Wellman, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da F. Le Bot e L. Radu Bouyon, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (GU 2004, L 139, pag. 55, e rettifica in GU 2004, L 226, pag. 22), in particolare dell’articolo 1, paragrafi da 3 a 5, di quest’ultimo, letto alla luce del suo considerando 13, nonché del principio di equivalenza.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Remia Com Impex SRL (in prosieguo: la «Remia») e, dall’altro, l’Autoritatea Națională Sanitară Veterinară și pentru Siguranța Alimentelor (ANSVSA) (Autorità nazionale sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare, Romania) e la Direcția Sanitară Veterinară și pentru Siguranța Alimentelor Dolj (Direzione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare di Dolj, Romania) in merito alla legittimità di un decreto, adottato dall’ANSVSA, che stabilisce la procedura di registrazione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare delle attività degli stabilimenti di vendita diretta di prodotti primari o di vendita al dettaglio.

 Contesto normativo

3        Ai sensi dei considerando da 2 a 4 e 13 del regolamento n. 853/2004:

«2)      Alcuni prodotti alimentari possono presentare rischi specifici per la salute umana, che richiedono l’applicazione di specifiche norme in materia di igiene. Ciò vale in particolar modo per gli alimenti di origine animale, nei quali sono spesso stati segnalati rischi microbiologici e chimici.

3)      Nell’ambito della politica agricola comune sono state adottate varie direttive volte a fissare norme sanitarie specifiche per la produzione e l’immissione sul mercato dei prodotti elencati nell’allegato I [a]l trattato. Tali norme sanitarie hanno ridotto le barriere commerciali per i prodotti di cui trattasi, contribuendo alla creazione del mercato interno e garantendo nel contempo un elevato livello di tutela della salute pubblica.

4)      In materia di salute pubblica, le norme summenzionate contengono principi comuni, in particolare in relazione alle responsabilità dei fabbricanti e delle autorità competenti, requisiti strutturali, operativi e igienici degli stabilimenti, procedure di riconoscimento degli stabilimenti, requisiti per magazzinaggio e trasporto e bolli sanitari.

(…)

13)      Gli Stati membri dovrebbero disporre di una certa discrezionalità per estendere o limitare al commercio al dettaglio l’applicazione dei requisiti del presente regolamento ai sensi della legislazione nazionale. Tuttavia, gli Stati membri possono limitarne l’applicazione soltanto quando ritengano che i requisiti del regolamento (CE) n. 852/2004 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU 2004, L 139, pag. 1, e rettifica GU 2004, L 226, pag. 3),] siano sufficienti per conseguire gli obiettivi in materia di igiene degli alimenti e quando [l’approvvigionamento] di alimenti di origine animale da un laboratorio annesso all’esercizio di commercio al dettaglio [di] un altro esercizio rappresenti un’attività marginale, localizzata e [ristretta]. Dett[o] [approvvigionamento] dovrebbe pertanto rappresentare solo una modesta parte del fatturato dell’esercizio. Gli esercizi riforniti dovrebbero essere situati nelle sue immediate vicinanze e [l’approvvigionamento] dovrebbe vertere soltanto su taluni tipi di prodotti o di esercizi».

4        L’articolo 1 del regolamento n. 853/2004, rubricato «Ambito di applicazione», così dispone:

«1.      Il presente regolamento stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, destinate agli operatori del settore alimentare. Dette norme integrano quelle previste dal regolamento (CE) n. 852/2004. Esse si applicano ai prodotti di origine animale trasformati e non.

(…)

3.      Il presente regolamento non si applica:

a)      alla produzione primaria per uso domestico privato;

b)      alla preparazione, alla manipolazione e alla conservazione domestica di alimenti destinati al consumo domestico privato;

c)      all’[approvvigionamento] dirett[o] di piccoli quantitativi di prodotti primari dal produttore al consumatore finale o ai laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio o di somministrazione a livello locale che riforniscono direttamente il consumatore finale;

d)      all’[approvvigionamento] dirett[o] di piccoli quantitativi di carni provenienti da pollame e lagomorfi macellati nell’azienda agricola dal produttore al consumatore finale o ai laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio o di somministrazione a livello locale che forniscono direttamente al consumatore finale siffatte carni come carni fresche;

e)      ai cacciatori che forniscono piccoli quantitativi di selvaggina selvatica o di carne di selvaggina selvatica direttamente al consumatore finale o ai laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio o di somministrazione a livello locale che riforniscono il consumatore finale.

4.      Gli Stati membri stabiliscono, nell’ambito della legislazione nazionale, norme che disciplinano le attività e che si applicano alle persone di cui al paragrafo 3, lettere c), d) e e). Tali norme nazionali garantiscono il conseguimento degli obiettivi del presente regolamento.

5.      a)      Salvo espressa indicazione contraria, il presente regolamento non si applica al commercio al dettaglio.

b)      Il presente regolamento si applica tuttavia al commercio al dettaglio quando le operazioni sono effettuate allo scopo di fornire alimenti di origine animale ad altri stabilimenti, salvo:

i)      quando le operazioni si limitano al magazzinaggio o al trasporto, nel qual caso si applicano comunque i requisiti specifici di temperatura stabiliti nell’allegato III;

oppure

ii)      quando la fornitura di alimenti di origine animale è effettuata unicamente da un laboratorio annesso all’esercizio di commercio al dettaglio ad un altro laboratorio annesso all’esercizio di commercio al dettaglio e, conformemente alla legislazione nazionale, tale fornitura costituisce un’attività marginale, localizzata e ristretta.

c)      Gli Stati membri possono adottare misure nazionali per l’applicazione dei requisiti fissati dal presente regolamento ai laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio situati nel loro territorio, ai quali esso non si applicherebbe ai sensi delle lettere a) o b).

(…)».

5        L’articolo 4 del regolamento n. 853/2004, intitolato «Registrazione e riconoscimento degli stabilimenti», al paragrafo 2, prevede quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 852/2004, gli stabilimenti che trattano i prodotti di origine animale per i quali sono previsti requisiti ai sensi dell’allegato III [a]l presente regolamento possono operare solo se l’autorità competente li ha riconosciuti a norma del paragrafo 3 del presente articolo, ad eccezione degli stabilimenti che effettuano esclusivamente:

a)      produzione primaria;

b)      operazioni di trasporto;

c)      magazzinaggio di prodotti che non richiedono installazioni termicamente controllate

o

d)      operazioni di vendita al dettaglio diverse da quelle cui si applica il presente regolamento ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, lettera b)».

 Diritto rumeno

6        L’Ordinul nr. 111/2008 privind aprobarea Normei sanitare veterinare și pentru siguranța alimentelor privind procedura de înregistrare sanitară veterinară și pentru siguranța alimentelor a activităților de obținere și de vânzare directă și/sau cu amănuntul a produselor alimentare de origine animală sau nonanimală, precum și a activităților de producție, procesare, depozitare, transport și comercializare a produselor alimentare de origine nonanimală (decreto n. 11/2008 che approva le norme sanitarie-veterinarie e per la sicurezza alimentare relativamente alla procedura di registrazione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare delle attività di produzione e di vendita diretta e/o al dettaglio degli alimenti di origine animale o non animale, nonché delle attività di produzione, trattamento, magazzinaggio, trasporto e vendita degli alimenti di origine non animale), del 16 dicembre 2008 (Monitorul Oficial al României, parte I, n. 895, del 30 dicembre 2008) è stato adottato dall’ANSVSA.

7        L’articolo 2 del decreto n. 111/2008 prevede quanto segue:

«Le norme sanitarie-veterinarie e per la sicurezza alimentare previste all’articolo 1 sono state elaborate al fine di stabilire la procedura di registrazione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare delle attività degli stabilimenti di vendita diretta di prodotti primari o di vendita al dettaglio, conformemente all’[…] articolo 1, paragrafo 4, del [regolamento n. 853/2004]».

8        Tali norme sanitarie-veterinarie e per la sicurezza alimentare (in prosieguo: le «norme sanitarie-veterinarie») sono contenute nell’allegato 1 al decreto n. 111/2008.

9        L’articolo 16 delle norme sanitarie-veterinarie così dispone:

«Il presente capo stabilisce la procedura di registrazione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare delle attività di vendita al dettaglio degli alimenti di origine animale e non animale».

10      L’articolo 17 di tali norme così dispone:

«Ai sensi del presente capo, i termini e le espressioni seguenti sono così definiti:

a)      vendita al dettaglio (…) – la fornitura di alimenti di origine animale e non animale ottenuti in stabilimenti registrati a fini sanitari-veterinari e per la sicurezza alimentare/riconosciuti a fini sanitari-veterinari o/e la fornitura ristretta, localizzata e limitata di alimenti di origine animale e non animale ottenuti in piccoli quantitativi in stabilimenti di vendita al dettaglio e che sono venduti:

1.      al consumatore finale, nel luogo di produzione;

2.      ad altri stabilimenti di vendita al dettaglio registrati a fini sanitari-veterinari e per la sicurezza alimentare, sull’intero territorio nazionale;

3.      a stabilimenti di ristorazione registrati a fini sanitari-veterinari e per la sicurezza alimentare;

4.      al consumatore finale nei mercati agroalimentari nonché in occasione di fiere, esposizioni, manifestazioni organizzate durante le festività religiose o altri eventi pubblici simili, organizzati periodicamente dagli enti locali/distrettuali sull’intero territorio nazionale, ad eccezione delle carni suine fresche;

(…)

d)      fornitura ristretta – la cessione in piccoli quantitativi di alimenti di origine animale e non animale al consumatore finale attraverso altri laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio;

e)      fornitura localizzata – la cessione di alimenti di origine animale sull’intero territorio nazionale, nel rispetto delle condizioni di trasporto, della catena del freddo e della tracciabilità;

f)      fornitura limitata – l’ottenimento nel luogo di vendita di categorie ristrette di alimenti di origine animale destinati a essere ceduti al consumatore finale attraverso altri laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio;

(…)».

11      L’articolo 18, paragrafo 1, di dette norme così recita:

«I laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio di cui all’allegato 1 esercitano le loro attività sulla base dell’attestazione o, se del caso, del certificato di registrazione rilasciato dall’ufficio del registro delle imprese presso il Tribunalul (Tribunale superiore, Romania) nella cui giurisdizione si svolgono le attività e sulla base del documento di registrazione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare rilasciato dalla direzione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare a livello dipartimentale o della città di Bucarest, conformemente al modello contenuto all’allegato n. 3».

12      Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, delle medesime norme:

«Al fine di ottenere il documento di registrazione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare per le attività dei laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio di cui all’allegato n. 1, gli operatori del settore alimentare o i loro rappresentanti legali devono presentare alla direzione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare a livello dipartimentale o della città di Bucarest un fascicolo contenente i seguenti documenti: (…)».

13      L’articolo 20, paragrafo 1, delle norme sanitarie-veterinarie è così formulato:

«La direzione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare a livello dipartimentale o della città di Bucarest rilascia il documento di registrazione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare, conformemente al modello contenuto nell’allegato n. 3, ai laboratori annessi agli esercizi di commercio al dettaglio che soddisfano i requisiti sanitari-veterinari e di sicurezza alimentare previsti dalla legislazione specifica».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14      Il 9 marzo 2018 la Remia ha presentato, presso la Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest, Romania), un ricorso diretto, in primo luogo, all’annullamento dell’articolo 2 del decreto n. 111/2008, degli articoli 16 e 17, dell’articolo 18, paragrafo 1, dell’articolo 19, paragrafo 1, delle norme sanitarie-veterinarie e dell’espressione «conformemente al modello contenuto nell’allegato n. 3» di cui all’articolo 20, paragrafo 1, di tali norme, nonché di detto allegato n. 3 nella sua interezza, in secondo luogo, al riesame della situazione degli stabilimenti registrati nel dipartimento di Dolj, ai fini della loro classificazione come stabilimenti sottoposti a registrazione o a certificazione, ai sensi dei regolamenti nn. 852/2004 e 853/2004, e, in terzo luogo, al pagamento di un risarcimento per il danno causato dalla violazione del diritto dell’Unione a motivo, segnatamente, dell’errata realizzazione delle operazioni amministrative necessarie alla tutela dell’interesse legittimo della Remia, ossia il rilascio di documenti di registrazione sanitaria-veterinaria e per la sicurezza alimentare a stabilimenti che dovrebbero disporre di un riconoscimento.

15      Con sentenza del 4 dicembre 2019, la Curtea de Apel București (Corte d’appello di Bucarest) ha respinto il ricorso in quanto infondato.

16      La Remia ha proposto impugnazione avverso tale sentenza dinanzi all’Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie (Alta Corte di cassazione e di giustizia, Romania), giudice del rinvio, invocando, in sostanza, l’illegittimità del decreto n. 111/2008 nella parte in cui violerebbe la definizione della nozione di «attività marginale, localizzata e [ristretta]» di cui al considerando 13 del regolamento n. 853/2004.

17      Secondo l’ANSVSA, le definizioni di tali termini contenute all’articolo 17, lettere da d) a f), delle norme sanitarie-veterinarie non sono contrarie a tale considerando 13.

18      In occasione di un’udienza tenutasi dinanzi al giudice del rinvio, la Remia ha chiesto che la Corte sia adita in via pregiudiziale, sostenendo, essenzialmente, che la normativa nazionale di cui al procedimento principale consente di limitare l’ambito di applicazione del regolamento n. 853/2004, in violazione del diritto dell’Unione. Il decreto n. 111/2008 avrebbe come effetto che non siano sottoposte a riconoscimento attività che, sebbene costituiscano vendita al dettaglio, presentano caratteristiche che necessitano del riconoscimento, dal momento che esse non rientrano nelle eccezioni previste dall’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), di tale regolamento. Infatti, il termine «localizzata», ai sensi di tale disposizione, designerebbe, secondo il considerando 13 di detto regolamento, esercizi situati nelle immediate vicinanze dell’esercizio che fornisce alimenti di origine animale, mentre l’articolo 17, lettera e), delle norme sanitarie-veterinarie riguarderebbe la fornitura di tali alimenti sull’intero territorio nazionale.

19      Al riguardo, il giudice del rinvio precisa di essere tenuto ad adire la Corte, conformemente all’articolo 267, terzo comma, TFUE, dato che è un organo giurisdizionale nazionale avverso le cui decisioni non può proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno. La controversia di cui al procedimento principale solleverebbe la questione della compatibilità di disposizioni del diritto nazionale con il regolamento n. 853/2004. Tenuto conto della formulazione del considerando 13 di tale regolamento, la definizione della nozione di «attività marginale, localizzata e [ristretta]» prevista da tale diritto nazionale crea, secondo tale giudice, una difficoltà a livello d’interpretazione del diritto dell’Unione.

20      Ciò premesso, l’Înalta Curte de Casație și Justiție (Alta Corte di cassazione e di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il [regolamento n. 853/2004], nel suo insieme, e le disposizioni dell’articolo 1, paragrafi da 3 a 5, in particolare, debbano essere interpretati nel senso che i depositi frigoriferi che effettuano attività di vendita al dettaglio ad altri stabilimenti di vendita al dettaglio, ma non al consumatore finale, debbano essere riconosciuti conformemente a tale regolamento, quando l’attività interessata non rientri nelle eccezioni previste dall’articolo 1, paragrafo 5, lettera b) [di tale regolamento].

2)      Se [il regolamento n. 853/2004] e il diritto dell’Unione, in generale, debbano essere interpretati nel senso che le autorità nazionali che sono competenti a garantire l’attuazione della politica che costituisce l’obiettivo da conseguire per via normativa e a garantire il rispetto dei correlativi obblighi degli operatori economici interessati siano tenute a interpretare il requisito relativo all’attività marginale, localizzata e ristretta, contenuto all’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), punto ii), alla luce del considerando 13 del medesimo regolamento o possano derogare a tale interpretazione attraverso proprie definizioni dei termini.

3)      In caso di risposta affermativa alla questione n. 2, se le rispettive definizioni, contenute in un atto nazionale di trasposizione del [regolamento n. 853/2004], debbano rispettare la sostanza dei concetti, così come questa è descritta al considerando 13 [di tale regolamento].

4)      Tenuto conto del fatto che le disposizioni dell’articolo 17 delle Norme [sanitarie-veterinarie] allegate al decreto n. 111/2008 prevedono che l’attività di vendita al dettaglio di prodotti di origine animale possa includere anche attività di fornitura e vendita dei prodotti ad altri stabilimenti al dettaglio sull’intero territorio rumeno senza l’obbligo di ottenere un’autorizzazione sanitaria-veterinaria, se il diritto dell’Unione e in particolare il regolamento n. 853/2004 osti a una tale disposizione e/o a una siffatta prassi amministrativa.

5)      Se il principio di equivalenza imponga che, qualora un provvedimento di un’autorità amministrativa possa essere annullato per non conformità a una legge nazionale, tale atto amministrativo possa essere annullato anche per non conformità a un regolamento dell’Unione rilevante, come il regolamento n. 853/2004».

 Sulle questioni pregiudiziali

21      Il governo rumeno afferma che la decisione di rinvio non illustra il contesto di fatto della controversia principale e ciò, nonostante il fatto che quest’ultimo sarebbe essenziale per qualificare i fatti, per determinare le disposizioni del diritto nazionale applicabili e per individuare le norme del diritto dell’Unione la cui interpretazione è utile ai fini della definizione della controversia principale.

22      In particolare, l’assenza di descrizione del contesto di fatto non consentirebbe di conoscere il tipo di attività esercitate dalla Remia né di comprendere se essa potrebbe beneficiare della procedura di riconoscimento delle sue attività o se tali attività rientrino nel regolamento n. 853/2004. Tuttavia, tale governo indica che, secondo le informazioni di cui dispone l’ANSVSA, ma che non sono contenute nella decisione di rinvio, l’attività principale della Remia sarebbe il commercio all’ingrosso di prodotti d’origine animale e la locazione di strutture di magazzinaggio.

23      Il giudice del rinvio non avrebbe pertanto giustificato, nella decisione di rinvio, da un lato, i motivi per i quali ha fatto riferimento alle disposizioni del diritto dell’Unione indicate nelle questioni pregiudiziali e, dall’altro, il collegamento tra l’oggetto della controversia principale e tali questioni. Di conseguenza, la domanda di pronuncia pregiudiziale sarebbe irricevibile nella sua interezza.

24      Senza eccepire una siffatta irricevibilità, la Commissione europea sottolinea comunque l’esistenza di lacune nella decisione di rinvio per quanto concerne la prima e la quinta questione.

25      Per quanto attiene alla prima questione, tale istituzione afferma che la lettura della decisione di rinvio non consente di discernere chiaramente la natura delle attività della Remia. Tuttavia, essa ritiene che da tale decisione emerga che tale società esercita attività di vendita al dettaglio presso altri stabilimenti di vendita al dettaglio.

26      Per quanto attiene alla quinta questione, vertente sul principio di equivalenza, la Commissione rileva che la decisione di rinvio non menziona le disposizioni del diritto nazionale in forza delle quali una decisione emessa da un’autorità amministrativa può essere annullata per non rispetto di una legge nazionale né eventuali misure che i giudici nazionali potrebbero adottare in caso di contestazione della non conformità di un atto amministrativo nazionale al diritto dell’Unione.

27      Al riguardo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il procedimento ex articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere la controversia che essi sono chiamati a dirimere (sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny, C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

28      Secondo una giurisprudenza parimenti costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, la necessità di pervenire a un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo rispetti scrupolosamente i requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale e indicati in maniera esplicita all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte (sentenza del 28 novembre 2023, Commune d’Ans, C‑148/22, EU:C:2023:924, punto 44 e giurisprudenza ivi citata). Detti requisiti sono, inoltre, richiamati ai punti 13, 15 e 16 delle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1).

29      Così, innanzitutto, conformemente all’articolo 94, lettera a), del regolamento di procedura, è indispensabile che il giudice del rinvio definisca il contesto di fatto e di diritto nel quale si inseriscono le questioni da esso sollevate o che, quantomeno, illustri le ipotesi di fatto su cui si basano tali questioni. Infatti, nell’ambito del procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE, la Corte può pronunciarsi esclusivamente sull’interpretazione di un testo dell’Unione a partire dai fatti ad essa presentati dal giudice nazionale (sentenza del 28 novembre 2023, Commune d’Ans, C‑148/22, EU:C:2023:924, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

30      Al riguardo, l’articolo 94, lettera b), del regolamento di procedura prevede che la domanda di pronuncia pregiudiziale contenga il contenuto delle norme nazionali applicabili alla causa di cui al procedimento principale e, se del caso, la giurisprudenza nazionale in materia.

31      Dall’altro lato, come enunciato all’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura, è indispensabile che la decisione di rinvio contenga l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale (sentenza del 28 novembre 2023, Commune d’Ans, C‑148/22, EU:C:2023:924, punto 46 e giurisprudenza citata).

32      Nel caso di specie, si deve rilevare che la decisione di rinvio fornisce un’illustrazione estremamente sommaria dell’oggetto della controversia principale, senza effettuare una presentazione del contesto di fatto di tale controversia. Inoltre, detta decisione giustifica solo in modo altrettanto sommario i motivi per i quali il giudice del rinvio ha ritenuto che fosse necessario adire la Corte in via pregiudiziale.

33      Più precisamente, la prima questione è diretta a determinare se depositi frigoriferi che vendono al dettaglio ad altri stabilimenti di vendita al dettaglio debbano essere riconosciuti conformemente al regolamento n. 853/2004 qualora tale attività non rientri nelle eccezioni previste dall’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), di detto regolamento.

34      Orbene, in assenza di precisazioni riguardanti il contesto di fatto della controversia principale in particolare con riferimento a quale sia la natura delle attività della Remai, la Corte non è in grado di comprendere se, con tale questione, il giudice del rinvio si interroghi sulla situazione degli altri stabilimenti situati nel dipartimento di Dolj che, secondo la Remia, dovrebbero essere soggetti all’obbligo di ottenere un riconoscimento o sulla situazione di tale società. Al riguardo, occorre rilevare che, mentre il governo rumeno afferma che la Remia effettua quale attività principale il commercio all’ingrosso, la Commissione ritiene che dalla decisione di rinvio emerga che detta società svolge attività di vendita al dettaglio, pur riconoscendo, tuttavia, che tale decisione non consente di discernere chiaramente la natura delle attività di detta società.

35      Parimenti, il riferimento a «depositi frigoriferi» in tale prima questione, espressione che non è affatto menzionata altrove nella decisione di rinvio, non è sufficiente, in mancanza di qualsivoglia spiegazione sulla sua incidenza ai fini della soluzione della controversia principale, affinché la Corte possa ritenere di essere in grado di fornire una risposta utile al giudice del rinvio.

36      Ne consegue che la prima questione è irricevibile.

37      Inoltre, con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede se il principio di equivalenza imponga che, quando un decreto di un’autorità amministrativa può essere annullato per non conformità a una legge nazionale, tale atto amministrativo possa altresì essere annullato per non conformità a un regolamento dell’Unione, quale il regolamento n. 853/2004.

38      Al riguardo, si deve rammentare che il principio di equivalenza vieta a uno Stato membro di istituire modalità procedurali meno favorevoli per le domande dirette alla tutela dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione rispetto alle modalità applicabili a ricorsi analoghi di natura interna (sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a., C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 25 nonché giurisprudenza ivi citata).

39      Ne consegue che, affinché la Corte possa offrire una risposta utile al giudice del rinvio, quest’ultimo dovrebbe fornire, perlomeno, un minimo di indicazioni quanto alle modalità procedurali previste dalla normativa nazionale nonché sui motivi per i quali esso nutre dubbi concernenti il rispetto, da parte di tale normativa, del principio di equivalenza. Orbene, la decisione di rinvio non contiene alcuna indicazione quanto al tenore delle disposizioni nazionali pertinenti né quanto ai motivi per i quali detto giudice si interroga, nella specie, sull’interpretazione di tale principio, in violazione dei requisiti contenuti all’articolo 94, lettere b) e c) del regolamento di procedura.

40      Di conseguenza, anche la quinta questione è irricevibile.

41      Occorre tuttavia rammentare che, in considerazione dello spirito di cooperazione che presiede ai rapporti fra i giudici nazionali e la Corte nell’ambito del procedimento pregiudiziale, l’assenza di talune constatazioni preliminari da parte del giudice del rinvio non conduce necessariamente all’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale o di una delle questioni sollevate in tale domanda qualora la Corte, alla luce degli elementi risultanti dal fascicolo di cui dispone, ritenga di essere in grado di fornire una risposta utile al giudice del rinvio (sentenza del 22 settembre 2022, Admiral Gaming Network e a., da C‑475/20 a C‑482/20, EU:C:2022:714, punto 29, nonché giurisprudenza ivi citata).

42      Inoltre, per quanto attiene più precisamente al requisito relativo al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale di cui all’articolo 94, lettera a), del regolamento di procedura, la Corte ha giudicato che è sufficiente che l’oggetto della controversia principale nonché le sue principali questioni riguardo all’ordinamento giuridico dell’Unione emergano dalla domanda di pronuncia pregiudiziale al fine di consentire agli Stati membri e agli altri interessati di presentare osservazioni, conformemente all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, e di partecipare efficacemente al procedimento dinanzi a quest’ultima (sentenza del 7 febbraio 2018, American Express, C‑643/16, EU:C:2018:67, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

43      Al riguardo, per quanto attiene alle questioni da due a quattro, dall’illustrazione dell’oggetto della controversia principale nonché dal ragionamento della decisione di rinvio, emerge, certamente brevemente, ma in modo sufficientemente chiaro, che il giudice del rinvio, investito di una domanda di annullamento parziale del decreto n. 111/2008, nutre essenzialmente dubbi riguardo alla compatibilità della nozione di «fornitura localizzata», ai sensi di tale decreto, con la nozione di «attività (…) localizzata», ai sensi del regolamento n. 853/2004.

44      Pertanto, la decisione di rinvio espone a sufficienza l’origine e la natura della controversia principale, il cui esito dipende, secondo tale decisione, dall’interpretazione di tale regolamento. Ne consegue che il giudice del rinvio ha fornito sufficienti indicazioni per consentire alla Corte di rispondere utilmente alle questioni dalla seconda alla quarta.

Nel merito

45      Con le sue questioni dalla seconda alla quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), ii), del regolamento n. 853/2004, letto alla luce del considerando 13 di quest’ultimo, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che si discosta dalla definizione di «attività (…) localizzata», ai sensi di tali disposizioni, e limita quindi la portata di tale regolamento.

46      Al riguardo, da un lato, si deve rilevare che dall’articolo 1, paragrafo 5, lettera a), del regolamento n. 853/2004 discende che il commercio al dettaglio è, in linea di principio, escluso dall’ambito di applicazione di tale regolamento.

47      Tuttavia, conformemente all’inciso iniziale dell’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), di detto regolamento, il commercio al dettaglio è incluso in tale ambito di applicazione quando le operazioni sono effettuate allo scopo di fornire alimenti di origine animale ad altri stabilimenti.

48      Orbene, in quest’ultimo caso, il commercio al dettaglio è tuttavia escluso da detto ambito di applicazione nelle due ipotesi contenute ai punti i) e ii) di tale disposizione.

49      Per questo motivo, in forza dell’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), ii) del regolamento n. 853/2004, tale regolamento non si applica al commercio al dettaglio quando la fornitura di alimenti di origine animale avviene tra laboratori annessi all’esercizio di commercio al dettaglio e se, conformemente alla legislazione nazionale, essa costituisce un’attività marginale, localizzata e ristretta.

50      Dall’altro lato, dal considerando 13 del regolamento n. 853/2004 discende che gli Stati membri possono limitare l’applicazione dei requisiti previsti da tale regolamento alle sole attività al dettaglio, in particolare, quando l’approvvigionamento di alimenti di origine animale, da un laboratorio annesso all’esercizio di commercio al dettaglio, di un altro esercizio rappresenti un’attività marginale, localizzata e ristretta. Detto approvvigionamento dovrebbe pertanto rappresentare solo una modesta parte del fatturato dell’esercizio. Gli esercizi riforniti dovrebbero essere situati nelle sue immediate vicinanze e l’approvvigionamento dovrebbe vertere soltanto su taluni tipi di prodotti o di esercizi.

51      Si deve ricordare che sulla base di costante giurisprudenza il preambolo di un atto dell’Unione è idoneo a precisare il contenuto delle disposizioni di detto atto e che i considerando di tale atto costituiscono importanti elementi di interpretazione, idonei a chiarire la volontà dell’autore dell’atto stesso (sentenza del 13 luglio 2023, Commissione/CK Telecoms UK Investments, C‑376/20 P, EU:C:2023:561, punto 104 e giurisprudenza ivi citata).

52      Sempre secondo giurisprudenza costante, sebbene, a motivo della loro stessa natura e della loro funzione nell’ambito delle fonti del diritto dell’Unione, le disposizioni dei regolamenti producano in genere effetti immediati negli ordinamenti giuridici nazionali, senza che le autorità nazionali debbano adottare misure di attuazione, alcune delle loro disposizioni possono tuttavia richiedere, per la loro attuazione, l’adozione di misure di applicazione da parte degli Stati membri. Pertanto, gli Stati membri possono adottare misure di attuazione di un regolamento se essi non ostacolano la sua applicabilità diretta, se non dissimulano la sua natura di atto di diritto dell’Unione e se precisano l’esercizio del margine discrezionale ad essi conferito da tale regolamento rimanendo nei limiti delle sue disposizioni (sentenza del 12 aprile 2018, Commission/Danimarca, C‑541/16, EU:C:2018:251, punti 27 e 28 nonché giurisprudenza ivi citata).

53      La Corte ha altresì precisato che l’applicabilità diretta dei regolamenti esclude, salvo disposizione contraria, che gli Stati membri adottino disposizioni interne che incidono sulla portata del regolamento stesso (sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Conseil e Pays-Bas/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 86 nonché giurisprudenza ivi citata). Pertanto, gli Stati membri non possono, salvo disposizione contraria, restringere l’ambito di applicazione di un regolamento e, in tal modo, limitare la portata degli obblighi da esso previsti.

54      Nel caso di specie, è giocoforza rilevare che l’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), ii), del regolamento n. 853/2004 rinvia espressamente alla legislazione degli Stati membri per quanto concerne la definizione della nozione di «attività marginale, localizzata e ristretta», ai sensi di tale disposizione. Tuttavia, il margine di discrezionalità così riconosciuto agli Stati membri è circoscritto dal considerando 13 di tale regolamento, che fornisce precisazioni quanto alla portata di tale nozione.

55      Ne consegue che, al fine di rimanere nei limiti delle disposizioni del regolamento n. 853/2004, gli Stati membri sono tenuti a rispettare la definizione di «attività marginale, localizzata e [ristretta]» contenuta in tale considerando 13 qualora prevedano, nella loro legislazione nazionale, le condizioni di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), ii), di tale regolamento.

56      Ciò vale a maggior ragione in quanto, contrariamente alla prima parte della seconda frase di detto considerando 13, che prevede che gli Stati membri possono limitare l’applicazione dei requisiti previsti da tale regolamento al commercio al dettaglio «quando ritengano che i requisiti del regolamento (CE) n. 852/2004 siano sufficienti per conseguire gli obiettivi in materia di igiene degli alimenti», la seconda parte di tale frase e la terza frase del medesimo considerando 13, che vertono sulla nozione di «attività marginale, localizzata e [ristretta]», sono formulate in modo imperativo, cosicché gli Stati membri non potrebbero derogarvi.

57      Per quanto concerne la nozione di «attività (…) localizzata», dal considerando 13 del regolamento n. 853/2004 discende che deve trattarsi dell’approvvigionamento, da un laboratorio annesso all’esercizio di commercio al dettaglio, di un altro esercizio situato nelle sue «immediate vicinanze».

58      Orbene, dalla decisione di rinvio emerge che la nozione di «fornitura localizzata», ai sensi dell’articolo 17, lettera e), delle norme sanitarie-veterinarie, è definita quale la fornitura «sull’intero territorio nazionale», il che va manifestamente al di là di una fornitura nelle immediate vicinanze. Infatti, la nozione di «territorio nazionale» è molto più ampia di quella di «immediate vicinanze», a maggior ragione trattandosi di uno Stato membro, quale la Romania, il cui territorio nazionale è di notevoli dimensioni.

59      In tal modo, una siffatta normativa nazionale ha per effetto di escludere, in pratica, dall’ambito di applicazione del regolamento n. 853/2004 attività di vendita al dettaglio che non costituiscono attività localizzate, ai sensi di tale regolamento, riducendo così la portata di quest’ultimo e dell’obbligo di riconoscimento previsto dall’articolo 4 di detto regolamento.

60      Orbene, come discende dai considerando 3 e 4 del regolamento n. 853/2004, le procedure di riconoscimento sono dirette a garantire un livello elevato di tutela della salute pubblica. Più in generale, mediante l’adozione di tale regolamento, il legislatore dell’Unione ha inteso espressamente garantire, conformemente all’intenzione enunciata al considerando 2 di quest’ultimo, che tutti gli alimenti di origine animale siano prodotti e commercializzati secondo norme rigorose che consentono di garantire il rispetto dell’igiene e della sicurezza alimentari, e prevenire in tal modo danni alla salute umana (v., in tal senso, sentenza del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a., C‑426/16, EU:C:2018:335, punto 67).

61      Tali obiettivi corroborano l’interpretazione secondo cui gli Stati membri non possono adottare disposizioni che limitano la portata del regolamento n. 853/2004.

62      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono si deve rispondere alle questioni dalla seconda alla quarta dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), ii), del regolamento n. 853/2004, letto alla luce del considerando 13 di quest’ultimo, dev’essere interpretato nel senso che, poiché tali disposizioni definiscono la nozione di «attività (…) localizzata» come l’approvvigionamento di esercizi situati nelle «immediate vicinanze», esso osta a una normativa nazionale che include in tale nozione forniture che vanno oltre un tale approvvigionamento, quali forniture a esercizi situati nell’intero territorio nazionale, e limita così la portata di tale regolamento.

63      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

L’articolo 1, paragrafo 5, lettera b), ii), del regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, letto alla luce del considerando 13 di quest’ultimo,

dev’essere interpretato nel senso che:

poiché tali disposizioni definiscono la nozione di «attività (…) localizzata» come l’approvvigionamento di esercizi situati nelle «immediate vicinanze», esso osta a una normativa nazionale che include in tale nozione forniture che vanno oltre un tale approvvigionamento, quali forniture a esercizi situati nell’intero territorio nazionale, e limita così la portata di tale regolamento.