CORTE GIUSTIZIA UNIONE EUROPEA, sez. IV, 25 gennaio 2024, n.334

CORTE GIUSTIZIA UNIONE EUROPEA, sez. IV, 25 gennaio 2024, n.334

L’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 1001/2017/UE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che il costruttore di autoveicoli titolare di un marchio dell’Unione europea vieti ad un terzo l’uso di un segno identico o simile a tale marchio per pezzi di ricambio per tali autoveicoli, ossia griglie per radiatori, qualora tale segno consista nella forma di un elemento della griglia per radiatori, progettato per fissare su quest’ultima l’emblema che rispecchia detto marchio, e ciò senza che rilevi a tale riguardo l’esistenza o no di una possibilità tecnica di fissare tale emblema su detta griglia per radiatori senza apporre detto segno su quest’ultima.

Nella causa C-334/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sad Okregowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia, Polonia), con decisione del 25 febbraio 2022, pervenuta in cancelleria il 23 maggio 2022, nel procedimento

Audi AG

contro

GQ,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, O. Spineanu-Matei (relatrice), J.-C. Bonichot, S. Rodin e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: M. Siekierzynska, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 giugno 2023,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Audi AG, da J. Alchimionek, B. Kochlewski, M. Popielska e P. Siekierzynski, adwokaci;

– per la GQ, da E. Jaroszynska-Kozlowska e S. Karpierz, radcowie prawni;

– per il governo polacco, da B. Majczyna, J. Lachowicz e J. Sawicka, in qualità di agenti;

– per il governo francese, da R. Bénard, A. Daniel e E. Timmermans, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, inizialmente da S.L. Kaleda, P. Nemecková, J. Samnadda e B. Sasinowska, successivamente da P. Nemecková, J. Samnadda e B. Sasinowska, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale presentate all’udienza del 21 settembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettera a), nonché dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 2, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Audi AG e la GQ in ragione di un’asserita violazione del diritto conferito da un marchio dell’Unione europea di cui la Audi è titolare.

Contesto normativo

Regolamento 2017/1001

3 L’articolo 9 del regolamento 2017/1001, intitolato «Diritti conferiti dal marchio UE», ai suoi paragrafi da 1 a 3 prevede quanto segue:

«1. La registrazione del marchio UE conferisce al titolare un diritto esclusivo.

2. Fatti salvi i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio UE, il titolare del marchio UE ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio, in relazione a prodotti o servizi, qualsiasi segno quando:

a) il segno è identico al marchio UE ed è usato in relazione a prodotti e servizi identici ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio UE è stato registrato;

b) il segno è identico o simile al marchio UE ed è usato in relazione a prodotti e a servizi identici o simili ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio UE è stato registrato, se vi è rischio di confusione da parte del pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra segno e marchio;

c) il segno è identico o simile al marchio UE, a prescindere dal fatto che sia usato per prodotti o servizi identici, simili o non simili a quelli per i quali il marchio UE è stato registrato, se il marchio UE gode di notorietà nell’Unione [europea] e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio UE o reca pregiudizio agli stessi.

3. Possono essere in particolare vietati, a norma del paragrafo 2:

a) l’apposizione del segno sui prodotti o sul loro imballaggio;

b) l’offerta, l’immissione in commercio o lo stoccaggio dei prodotti a tali fini oppure l’offerta o la fornitura di servizi sotto la copertura del segno;

c) l’importazione o l’esportazione dei prodotti sotto la copertura del segno;

d) l’uso del segno come nome commerciale o denominazione sociale o come parte di essi;

e) l’uso del segno nella corrispondenza commerciale o nella pubblicità;

f) l’uso del segno nella pubblicità comparativa in una maniera contraria alla direttiva 2006/114/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (GU 2006 del 27.12.2006, pag. 21)]».

4 L’articolo 14 del regolamento in parola, intitolato «Limitazione degli effetti del marchio UE», è redatto nel seguente modo:

«1. Il diritto conferito dal marchio UE non consente al titolare di impedire ai terzi l’uso in commercio:

(…)

c) del marchio UE per identificare o fare riferimento a prodotti o servizi come prodotti o servizi del titolare di tale marchio, specie se l’uso di tale marchio è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio.

2. Il paragrafo 1 si applica solo quando l’uso da parte di terzi è conforme alle pratiche di lealtà in campo industriale o commerciale».

Regolamento (CE) n. 6/2002

5 L’articolo 19 del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari (GU 2002, L 3, pag. 1), intitolato «Diritti conferiti dal disegno o modello comunitario», al suo paragrafo 1, dispone quanto segue:

«Il disegno o modello comunitario registrato conferisce al titolare il diritto esclusivo di utilizzare il disegno o il modello e di vietarne l’utilizzo a terzi senza il suo consenso. Sono in particolare atti di utilizzazione ai sensi della presente disposizione la fabbricazione, l’offerta, la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione o l’impiego di un prodotto in cui il disegno o modello è [incorporato] o cui è applicato, ovvero la detenzione di siffatto prodotto per i fini suddetti».

6 L’articolo 110 di tale regolamento, intitolato «Disposizione transitoria», al paragrafo 1 così dispone:

«Fino a quando a questo proposito non entreranno in vigore, su proposta della Commissione [europea], modifiche al presente regolamento, non esiste protezione in quanto disegno o modello comunitario nei confronti di un disegno o modello che costituisca una componente di un prodotto complesso che è utilizzato ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

7 La Audi è un costruttore di autoveicoli, che è titolare del marchio figurativo dell’Unione europea, di seguito rappresentato, registrato con il numero 000018762, che designa in particolare i «veicoli terrestri, aerei e nautici e loro parti, compresi nella classe 12, compresi motori per autoveicoli», rientranti nella classe 12 ai sensi dell’Accordo di Nizza concernente la classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato (in prosieguo: il «marchio AUDI»):

8 GQ è una persona fisica che opera nel settore della vendita, mediante un sito Internet, di pezzi di ricambio per automobili principalmente destinati a distributori di tali pezzi di ricambio. Nell’ambito di tale attività, GQ ha pubblicizzato griglie per radiatori compatibili, destinate ad essere utilizzate su vecchi modelli di autoveicoli Audi degli anni ’80 e ’90, e ha proposto alla vendita tali griglie per radiatori. Esse includevano un elemento progettato per il fissaggio di un emblema del marchio del costruttore di autoveicoli Audi (in prosieguo: l’«emblema della Audi»).

9 A partire dal 2017 la Audi ha avviato un procedimento giudiziario contro GQ, al fine di bloccare l’offerta di vendita di pezzi di ricambio non originali in cui alcuni elementi corrispondevano (parzialmente o completamente), nella loro forma, al marchio AUDI.

10 In particolare, il 5 maggio 2020, la Audi ha chiesto al Sad Okregowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia, Polonia), giudice del rinvio, che venisse vietato a GQ di pubblicizzare, importare, offrire e commercializzare griglie per radiatori non originali recanti un segno identico o simile al marchio AUDI. Essa ha inoltre chiesto la distruzione di 70 griglie per radiatori sequestrate dalle autorità doganali polacche che violerebbero il diritto esclusivo conferito dal marchio AUDI.

11 GQ contesta tali domande, invocando una prassi dei costruttori di autoveicoli secondo la quale essi non si opporrebbero alla vendita di griglie per radiatori non originali che includono un elemento progettato per il fissaggio dell’emblema che rispecchia il loro marchio.

12 Il giudice del rinvio ritiene che, per pronunciarsi sulla causa di cui è investito, esso debba stabilire se l’ambito di tutela del marchio AUDI – che, secondo tale giudice, ha un’elevata capacità distintiva, è ampiamente conosciuto in Polonia ed è chiaramente associato alla Audi – si estenda anche agli elementi progettati per fissare l’emblema della Audi sulle griglie per radiatori e che, in virtù del loro aspetto, in particolare della loro forma, sono identici al marchio AUDI o a esso simili al punto di dar adito a confusione o sono a esso semplicemente simili.

13 A tal riguardo, in primo luogo, il giudice del rinvio ritiene che occorra esaminare le conseguenze dell’assenza, nel diritto dei marchi, di una disposizione equivalente alla clausola cosiddetta «di riparazione» prevista all’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002.

14 Tale giudice sottolinea, infatti, la necessità di preservare una concorrenza non falsata e l’interesse dei consumatori a poter scegliere tra l’acquisto di pezzi di ricambio per autoveicoli originali e o di pezzi non originali. Detto giudice precisa che, sebbene nella fattispecie non si tratti della protezione di un disegno o modello comunitario, il riferimento alla clausola cosiddetta «di riparazione» si basa sull’idea che il diritto conferito da un marchio dell’Unione europea non può concedere al titolare di tale marchio una protezione più ampia di quella risultante da diritti conferiti contemporaneamente da un siffatto marchio e da un disegno o modello comunitario. Il medesimo giudice rileva che dall’ordinanza del 6 ottobre 2015, Ford Motor Company (C-500/14, EU:C:2015:680, punti 39 e 42), risulta che tale clausola non può essere applicata per analogia nel diritto dei marchi. Esso si chiede tuttavia se la sentenza del 20 dicembre 2017, Acacia e D’Amato (C-397/16 e C-435/16, EU:C:2017:992), non imponga una nuova lettura di tale ordinanza, al fine di evitare una situazione in cui terzi non siano né autorizzati ad utilizzare un marchio di un costruttore di autoveicoli per produrre e proporre in vendita pezzi di ricambio dei veicoli di tale costruttore, né autorizzati a non utilizzare siffatto marchio a tale scopo. Esso ritiene che, anche se, secondo la giurisprudenza della Corte, è esclusa l’applicazione per analogia della clausola cosiddetta «di riparazione» nel diritto dei marchi, ciò non escluda che la possibilità di limitare la tutela dei marchi sia stata presa in considerazione dal legislatore dell’Unione o derivi dall’ordinanza del 6 ottobre 2015, Ford Motor Company (C-500/14, EU:C:2015:680).

15 Il giudice del rinvio si chiede pertanto se, nelle circostanze della causa di cui è investito, un marchio svolga una funzione di indicazione d’origine di un pezzo di ricambio quando è un elemento di tale pezzo. Esso si chiede altresì se, qualora un elemento di un pezzo di un autoveicolo, vale a dire di una griglia per radiatori, consenta di fissare l’emblema del costruttore di tale veicolo su tale pezzo e rappresenti la forma di un marchio di tale costruttore o sia simile a tale marchio al punto da creare confusione, tale elemento possa essere considerato un marchio che svolge una funzione di indicazione d’origine.

16 In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che il titolare di un marchio dell’Unione europea vieti a un terzo l’uso, nel commercio, di un segno identico o simile a tale marchio al punto da creare confusione, per pezzi di ricambio per autoveicoli, vale a dire griglie per radiatori, qualora tale segno costituisca un elemento di tali pezzi, progettato per il fissaggio dell’emblema del costruttore di tali veicoli sui medesimi. Esso distingue due situazioni al riguardo, a seconda che sia o no tecnicamente possibile fissare un siffatto emblema senza riprodurre sui detti pezzi un segno identico a tale marchio o che sia a esso talmente simile da dar adito a confusione. Esso precisa, tuttavia, che un tale criterio di ordine tecnico non costituirebbe un criterio di valutazione facilmente applicabile.

17 In terzo luogo, il giudice del rinvio chiede quali criteri di valutazione debbano essere, se del caso, applicati per determinare se il marchio dell’Unione europea sia utilizzato in conformità alle pratiche di lealtà in campo industriale o commerciale, come richiesto dall’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001.

18 In tale contesto, il Sad Okregowy w Warszawie (Tribunale regionale di Varsavia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del [regolamento 2017/1001] debba essere interpretato nel senso che osta a che il titolare del marchio o un organo giurisdizionale vieti a un terzo di utilizzare nel commercio un segno identico a un marchio dell’Unione europea, o ad esso simile al punto di dar adito a confusione, in relazione a pezzi di ricambio di automobile (copertura del radiatore/griglia), allorché tale segno costituisce un elemento per il fissaggio di un accessorio dell’automobile (un emblema che rispecchia un marchio dell’Unione), e:

– quando dal punto di vista tecnico sia possibile montare l’emblema originale, che rispecchia il marchio dell’Unione, sul pezzo di ricambio dell’automobile (copertura del radiatore/griglia) senza riprodurre su tale pezzo un segno identico, o simile al punto di dar adito a confusione, al marchio dell’Unione;

o nell’ipotesi in cui

– dal punto di vista tecnico non sia possibile montare l’emblema originale che rispecchia il marchio dell’Unione sul pezzo di ricambio dell’automobile (copertura del radiatore /griglia) senza riprodurre su tale pezzo un segno identico, o simile al punto di dar adito a confusione, al marchio dell’Unione;

In caso di risposta in senso affermativo a[lla prima questione, primo o secondo trattino]:

2) Quali criteri di valutazione debbano essere applicati in tali casi per determinare se l’uso di un marchio dell’Unione sia conforme alle leali pratiche commerciali e industriali.

3) Se l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 9, paragrafo 3, lettera a), del [regolamento 2017/1001] debbano essere interpretati nel senso che quando il marchio è un elemento della forma di una componente dell’automobile e in mancanza di una disposizione equivalente alla clausola di riparazione di cui all’articolo 110, paragrafo 1, del [regolamento n. 6/2002], il marchio non svolge una funzione distintiva in tale ipotesi.

4) Se l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 9, paragrafo 3, lettera a), del [regolamento 2017/1001] debbano essere interpretati nel senso che allorché un elemento per il fissaggio di un marchio, che rispecchia la forma del marchio o è ad esso simile al punto di dar adito a confusione, costituisce un elemento della forma di una componente dell’automobile e in mancanza [in tale regolamento] di una disposizione equivalente alla clausola di riparazione di cui all’articolo 110, paragrafo 1, del [regolamento n. 6/2002], tale elemento per il fissaggio non può essere considerato un marchio con funzione distintiva anche se è identico al marchio stesso o ad esso simile al punto di dar adito a confusione».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulle questioni terza e quarta

19 In limine, si deve ricordare che secondo l’articolo 9, paragrafi 1 e 2 del regolamento 2017/1001, il marchio dell’Unione conferisce al titolare il diritto esclusivo di vietare a terzi di usare nel commercio qualsiasi segno identico a tale marchio in relazione a prodotti o servizi identici a quelli per i quali esso è stato registrato, o un segno che, a motivo della sua identità o somiglianza con il marchio dell’Unione europea e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti da tale marchio e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, oppure un segno identico o simile al marchio dell’Unione europea per prodotti o servizi che non sono simili a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, se quest’ultimo gode di notorietà nell’Unione e l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio oppure rechi pregiudizio agli stessi (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Coty Germany, C-567/18, EU:C:2020:267, punto 31).

20 A tale proposito, dalla decisione di rinvio risulta che, con le sue questioni terza e quarta, che occorre esaminare congiuntamente e in primo luogo, il giudice del rinvio chiede, in realtà, se l’importazione e l’offerta di vendita di un pezzo di ricambio di un autoveicolo, ossia di una griglia per radiatori, contenente un elemento la cui forma è identica o simile a un marchio di cui il costruttore di tale veicolo è titolare e che è progettato per il fissaggio, su tale componente, dell’emblema di tale costruttore, che rispecchia detto marchio, costituisca un «us[o], nel commercio, [di un] segno» di cui all’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001.

21 Per contro, nonostante la formulazione della terza questione, tale giudice non si interroga sull’idoneità di un segno ad essere registrato come marchio dell’Unione europea. Infatti, la funzione essenziale di un marchio individuale dell’Unione europea che è stato registrato, come nel caso di specie il marchio AUDI, consiste nel garantire ai consumatori l’origine dei prodotti o servizi contrassegnati dal marchio (v., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2017, W.F. Gözze Frottierweberei e Gözze, C-689/15, EU:C:2017:434, punti 40 e 41 e giurisprudenza ivi citata). Si ritiene quindi che un siffatto marchio consenta di indicare, di per sé e in mancanza di qualsiasi altro elemento, l’origine di tali prodotti o servizi. Orbene, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non risulta che il giudice del rinvio nutra dubbi quanto alla fondatezza della registrazione del marchio AUDI come marchio dell’Unione europea e alla capacità di tale marchio di designare l’origine dei prodotti per i quali è registrato.

22 Occorre altresì sottolineare che la condizione per l’applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 relativa all’«us[o], nel commercio [di un] segno» deve essere esaminata prima dell’eventuale valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera b), di tale regolamento. Infatti, l’esistenza di un siffatto rischio non costituisce una premessa per l’esame della questione se un segno sia utilizzato nella normale prassi commerciale.

23 Infine, occorre ricordare che, in forza dell’articolo 9, paragrafo 3, lettere b) e c), di detto regolamento, possono essere vietati, rispettivamente, l’offerta, l’immissione in commercio, o lo stoccaggio dei prodotti a tali fini, sotto la copertura di tale segno e l’importazione o l’esportazione dei prodotti sotto la copertura di detto segno. Pertanto, alla luce dei fatti di cui al procedimento principale, quali esposti nella decisione di rinvio, tali disposizioni possono essere altresì pertinenti per statuire su tale controversia.

24 Pertanto, occorre riformulare la terza e la quarta questione nel senso che, con esse, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, in assenza, nel regolamento 2017/1001, di una disposizione equivalente alla clausola cosiddetta «di riparazione» di cui all’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, l’articolo 9, paragrafo 2 e paragrafo 3, lettere da a) a c), del regolamento 2017/1001 debba essere interpretato nel senso che il terzo che, senza il consenso del costruttore di autoveicoli titolare di un marchio dell’Unione europea, importa e propone alla vendita pezzi di ricambio, vale a dire griglie per radiatori per tali autoveicoli, contenenti un elemento progettato per il fissaggio dell’emblema che rispecchia tale marchio e la cui forma è identica o simile a detto marchio, fa uso di un segno nel commercio in un modo che può pregiudicare una o più funzioni dello stesso marchio.

25 Occorre rilevare, in primo luogo, che, sebbene un segno protetto in quanto marchio dell’Unione europea possa anche essere, in determinate circostanze, protetto in quanto disegno o modello comunitario, dalla decisione di rinvio risulta che la controversia di cui al procedimento principale riguarda soltanto la protezione conferita da un marchio dell’Unione europea, e non anche quella conferita da un disegno o modello comunitario.

26 Orbene, occorre rilevare, al pari del giudice del rinvio, che una clausola cosiddetta «di riparazione», come quella esistente nel diritto dei disegni o modelli all’articolo 110 del regolamento n. 6/2002, non è stata prevista dal legislatore dell’Unione nel regolamento 2017/1001.

27 Inoltre, la Corte ha già chiarito la portata dell’articolo 110 del regolamento n. 6/2002, nel senso che esso apporta determinate limitazioni soltanto alla tutela conferita ai disegni e modelli e la sua applicazione lascia impregiudicate le disposizioni del diritto dell’Unione relative ai marchi. Tale disposizione non contiene, pertanto, alcuna deroga alla normativa dell’Unione in materia di marchi (v., in tal senso, ordinanza del 6 ottobre 2015, Ford Motor Company, C-500/14, EU:C:2015:680, punti 39, 41 e 42).

28 Peraltro, l’obiettivo di preservare una concorrenza non falsata è stato preso in considerazione dal legislatore dell’Unione nell’ambito del regolamento 2017/1001, in quanto l’articolo 14 di tale regolamento limita gli effetti del diritto che il titolare di un marchio dell’Unione europea trae dall’articolo 9 di detto regolamento. Tale articolo 14 mira a conciliare gli interessi fondamentali della tutela conferita da un tale marchio con quelli della libera circolazione delle merci e della libera prestazione dei servizi nel mercato interno, e ciò in modo tale che detto diritto possa svolgere la sua funzione di elemento essenziale nel sistema di concorrenza non falsata che il Trattato FUE intende stabilire e conservare (v., in tal senso, ordinanza del 6 ottobre 2015, Ford Motor Company, C-500/14, EU:C:2015:680, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

29 Di conseguenza, non si può procedere a un’interpretazione dell’articolo 9 del regolamento 2017/1001 che condurrebbe, al fine di prendere in considerazione un obiettivo di preservare una concorrenza non falsata tra costruttori di autoveicoli e venditori di pezzi di ricambio non originali, ad applicare per analogia l’articolo 110 del regolamento n. 6/2002 e a limitare, sulla base di tale disposizione, il diritto conferito al titolare di un marchio dell’Unione europea da tale articolo 9.

30 In secondo luogo, occorre rilevare che la nozione di «usare», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, non è definita da tale regolamento [sentenza del 22 dicembre 2022, Louboutin (Utilizzo di un segno contraffatto su un mercato online), C-148/21 e C-184/21, EU:C:2022:1016, punto 25].

31 Deriva dalla giurisprudenza che, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lettere a) e b), di tale regolamento, il titolare di un marchio dell’Unione europea è legittimato a vietare ai terzi di usare nel commercio, salvo proprio consenso, un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato o un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza con il marchio e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, compreso il rischio che si proceda a un’associazione tra il segno e il marchio. L’esercizio di tale diritto deve, tuttavia, essere riservato ai casi in cui l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio, tra le quali è da annoverare non solo la funzione essenziale del marchio, consistente nel garantire ai consumatori la provenienza del prodotto o del servizio, ma anche le altre funzioni di quest’ultimo, come in particolare quella consistente nel garantire la qualità del prodotto o servizio, o quelle di comunicazione, investimento o pubblicità (sentenza del 25 luglio 2018, Mitsubishi Shoji Kaisha e Mitsubishi Caterpillar Forklift Europe, C-129/17, EU:C:2018:594, punti 33 e 34 e giurisprudenza ivi citata).

32 Inoltre, dall’articolo 9, paragrafo 2, lettera c), di detto regolamento risulta che il titolare di un marchio dell’Unione europea notorio è legittimato a vietare l’uso nel commercio, senza il suo consenso, di un segno identico o simile a quest’ultimo, a prescindere dal fatto che sia usato per prodotti o servizi identici, simili o non simili a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, se tale uso senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà di detto marchio o rechi pregiudizio agli stessi.

33 A tale proposito, per quanto riguarda il termine «us[o]», la Corte ha già dichiarato che esso si riferisce esclusivamente a comportamenti attivi da parte del terzo [v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Mitsubishi Shoji Kaisha e Mitsubishi Caterpillar Forklift Europe, C-129/17, punto 38 e giurisprudenza ivi citata] e che l’elenco dei tipi di uso che il titolare del marchio dell’Unione europea può vietare, contenuto nell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001, non è esaustivo (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2020, Coty Germany, C-567/18, EU:C:2020:267, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

34 L’uso del segno identico o simile al marchio dell’Unione europea ha luogo «nel commercio» se si colloca nel contesto di un’attività commerciale finalizzata a un vantaggio economico e non nell’ambito privato (v., in tal senso, sentenze del 12 novembre 2002, Arsenal Football Club, C-206/01, punto 40, nonché del 23 marzo 2010, Google France e Google, da C-236/08 a C-238/08, EU:C:2010:159, punto 50).

35 Per quanto riguarda le funzioni del marchio dell’Unione europea, quella, essenziale, menzionata ai punti 21 e 31 della presente sentenza, consistente nel garantire l’identità di origine, serve, in particolare, ad attestare che tutti i prodotti o i servizi contrassegnati da tale marchio sono stati fabbricati o forniti sotto il controllo di un’unica impresa, alla quale può essere attribuita la responsabilità della loro qualità, e ciò affinché possa svolgere la sua funzione di elemento essenziale del sistema di concorrenza non falsato (v., in tal senso, sentenze del 12 novembre 2002, Arsenal Football Club, C-206/01, EU:C:2002:651, punto 48, nonché del 25 luglio 2018, Mitsubishi Shoji Kaisha et Mitsubishi Caterpillar Forklift Europe, C-129/17, EU:C:2018:594, punto 35).

36 Fra le altre funzioni del marchio dell’Unione europea, quella di investimento è intesa come la possibilità per il titolare del marchio di utilizzarlo per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e renderli fedeli, mediante diverse tecniche commerciali. Pertanto, qualora l’uso da parte di un terzo, come ad esempio un concorrente del titolare del marchio dell’Unione europea, di un segno identico o simile a tale marchio per prodotti o servizi identici, simili o diversi da quelli per i quali detto marchio è stato registrato intralci in modo sostanziale l’utilizzo, da parte del suddetto titolare, del proprio marchio per acquisire o mantenere una reputazione idonea ad attirare i consumatori e renderli fedeli, il predetto uso pregiudica tale funzione. Detto titolare ha pertanto il diritto di vietare un uso di questo tipo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Mitsubishi Shoji Kaisha e Mitsubishi Caterpillar Forklift Europe, C-129/17, EU:C:2018:594, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

37 Nel caso di specie, occorre rilevare che la terza e la quarta questione si basano sulla premessa che le griglie per radiatori importate e messe in vendita dalla GQ non sono prodotti provenienti dal titolare del marchio AUDI o immessi in commercio con il suo consenso.

38 Inoltre, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che la forma dell’elemento di tali griglie per radiatori progettato per il fissaggio dell’emblema AUDI è considerata dal giudice del rinvio identica o simile al marchio AUDI. Tale forma costituisce quindi un segno ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, in quanto il fatto che si tratti di un elemento di un pezzo di ricambio per un autoveicolo, vale a dire una griglia per radiatore, non è idoneo a modificare tale constatazione.

39 Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta altresì che tale segno è apposto su tali griglie o in esse integrato, ai fini della commercializzazione di queste ultime, il che rappresenta un uso rientrante nell’articolo 9, paragrafo 3, lettera a), del regolamento 2017/1001. Peraltro, nei limiti in cui GQ importa e propone in vendita griglie per radiatori contenenti detto segno, si può ritenere che esso faccia i tipi di uso di cui all’articolo 9, paragrafo 3, lettere b) e c), di tale regolamento.

40 Ciò vale a maggior ragione quando, come nel caso di specie, detto elemento è collocato sul pezzo di ricambio, vale a dire la griglia per radiatori, in modo tale che, finché l’emblema che rispecchia il marchio del costruttore dei veicoli non è fissato, il segno identico o simile a tale marchio è visibile per il pubblico di riferimento quando quest’ultimo vede tale componente, essendo tale pubblico quello che desidera acquistare un pezzo siffatto al fine di riparare o di far riparare un autoveicolo. Un fatto del genere è tale da concretizzare l’esistenza di un collegamento materiale tra questo stesso pezzo, che un terzo importa, pubblicizza e propone in vendita, e il titolare del marchio AUDI.

41 In terzo luogo, occorre rilevare che un siffatto uso è, se del caso, tale da pregiudicare una o più funzioni del marchio.

42 A tale proposito, occorre ricordare che l’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), del regolamento 2017/1001 contempla l’ipotesi cosiddetta di «duplice identità», vale a dire l’uso da parte di un terzo di un segno identico al marchio dell’Unione europea per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è registrato. In tale ipotesi, l’uso del segno da parte del terzo ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, di tale regolamento potrà essere vietato dal titolare di tale marchio in forza dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), di detto regolamento (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit, C-323/09, EU:C:2011:604, punto 33), quando tale uso pregiudica o può pregiudicare le funzioni del marchio, tra le quali rientrano non solo la funzione essenziale del marchio, che consiste nel garantire ai consumatori la provenienza del prodotto o del servizio, ma anche le altre sue funzioni, quali, in particolare, quella di garantire la qualità del prodotto o del servizio in questione, o quelle di comunicazione, investimento o pubblicità (v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2016, Daimler, C-179/15, EU:C:2016:134, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

43 Se non sussiste una duplice identità tra il segno utilizzato dal terzo e il marchio dell’Unione europea nonché tra i prodotti di cui trattasi, in particolare quando il segno utilizzato dal terzo e il marchio dell’Unione europea sono simili, e non identici, poiché i prodotti o i servizi di cui trattasi sono identici o simili, il giudice nazionale dovrà valutare se l’uso di tale segno comporti un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera b), del regolamento 2017/1001. Secondo la giurisprudenza, un rischio di confusione si configura qualora il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate (sentenze del 22 giugno 1999, Lloyd Schuhfabrik Meyer, C-342/97, EU:C:1999:323, punto 17, e del 18 luglio 2010, Portakabin, C-558/08, EU:C:2010:416, punto 51). In forza di tale disposizione il titolare del marchio può, quindi, vietare ai terzi l’uso del segno identico o simile solamente se, a motivo della sussistenza di un rischio di confusione, tale uso pregiudica o può pregiudicare detta funzione «essenziale» (v., in tal senso, sentenza del 3 marzo 2016, Daimler, C-179/15, EU:C:2016:134, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

44 Inoltre, quando il marchio gode di notorietà nell’Unione, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera c), del regolamento 2017/1001, il titolare di tale marchio ha il diritto di vietare l’uso nel commercio da parte di un terzo di un segno identico o simile a detto marchio alle condizioni ricordate al punto 32 della presente sentenza. L’esercizio di tale diritto da parte del titolare del marchio che gode di notorietà non presuppone l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico considerato (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2011, Interflora e Interflora British Unit, C-323/09, EU:C:2011:604, punti 70 e 71 e giurisprudenza ivi citata).

45 Nella fattispecie, spetta al giudice del rinvio innanzitutto stabilire, da un lato, se il segno utilizzato da GQ, consistente nella forma dell’elemento della griglia per radiatori progettato per il fissaggio dell’emblema della Audi, sia identico o simile al marchio AUDI e, dall’altro, se una griglia per radiatori sia identica o simile a uno o più prodotti per i quali tale marchio è registrato, citati al punto 7 della presente sentenza.

46 Se il giudice nazionale accerta che tale forma è un segno identico al marchio AUDI e che tali griglie, in quanto pezzi di ricambio, sono identiche ai prodotti per i quali tale marchio è registrato, esso dovrà applicare l’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), del regolamento 2017/1001.

47 Se, invece, tale giudice stabilisce che GQ utilizza un segno simile, e non identico, al marchio AUDI e che le sue griglie per radiatori, in quanto pezzi di ricambio, sono identiche o simili ai prodotti per i quali tale marchio è registrato, esso dovrà valutare l’esistenza di un rischio di confusione, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera b), del regolamento 2017/1001, prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti, in particolare il grado di somiglianza dei segni e quello dei prodotti, la percezione del consumatore medio del pubblico di riferimento, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto quando vede i prodotti per i quali il terzo utilizza il segno, nonché il livello di attenzione di tale pubblico, il carattere distintivo del marchio dell’Unione europea o ancora le condizioni in cui i prodotti sono commercializzati (v., in tal senso, sentenze dell’11 novembre 1997, SABEL, C-251/95, EU:C:1997:528, punto 22, e del 4 marzo 2020, EUIPO/Equivalenza Manufactory, C-328/18 P, EU:C:2020:156, punti 57 e 70).

48 Peraltro, dalla decisione di rinvio risulta che il marchio AUDI gode di un’ampia notorietà in Polonia e ha un elevato carattere distintivo. Qualora il giudice nazionale ritenga che tale marchio sia notorio e che la forma dell’elemento della griglia per radiatori progettato per il fissaggio dell’emblema della Audi sia identico o simile a detto marchio, quest’ultimo dovrà beneficiare di una tutela a tale titolo, a prescindere dal fatto che le griglie per radiatori importate e messe in vendita da GQ e i prodotti per i quali lo stesso marchio è registrato siano identici, simili o diversi. L’uso del segno da parte di GQ potrebbe quindi essere vietato, conformemente all’articolo 9, paragrafo 2, lettera c), del regolamento 2017/1001, ove il giudice nazionale stabilisca che tale uso senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio AUDI o reca pregiudizio agli stessi. In tal caso, detto giudice non sarà tenuto a valutare l’esistenza di un rischio di confusione, poiché, in tale contesto, è irrilevante il fatto che il consumatore medio percepisca le griglie come non originali.

49 Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, si deve rispondere alla terza e quarta questione dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettere da a) a c), del regolamento 2017/1001 deve essere interpretato nel senso che un terzo che, senza il consenso del costruttore di autoveicoli titolare di un marchio dell’Unione europea, importa e pone in vendita pezzi di ricambio, ossia griglie per radiatori per tali autoveicoli, contenenti un elemento progettato per il fissaggio dell’emblema che rispecchia tale marchio e la cui forma è identica o simile a detto marchio, fa uso di un segno nel commercio in un modo tale da pregiudicare una o più funzioni del medesimo marchio, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.

Sulla prima questione

50 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che il costruttore di autoveicoli titolare di un marchio dell’Unione europea vieti ad un terzo l’uso di un segno identico o simile a tale marchio per pezzi di ricambio per tali autoveicoli, ossia griglie per radiatori, qualora tale segno consista nella forma di un elemento della griglia per radiatori, progettato per il fissaggio su quest’ultima dell’emblema che rispecchia detto marchio, e ciò in considerazione dell’esistenza o no di una possibilità tecnica di fissare tale emblema su detta griglia per radiatori senza apporre detto segno su quest’ultima.

51 Occorre rilevare, in via preliminare, che, quando l’uso di un segno identico o simile a un marchio dell’Unione europea da parte di un terzo può essere vietato dal suo titolare in forza dell’articolo 9 del regolamento 2017/1001, l’articolo 14 di tale regolamento limita, nelle situazioni che esso enuncia, il diritto di tale titolare di opporsi a tale uso.

52 Infatti, conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, un marchio dell’Unione europea non consente al titolare del marchio di impedire ai terzi l’uso in commercio di tale marchio per identificare o fare riferimento a prodotti o servizi come prodotti o servizi del titolare di tale marchio, specie se l’uso del marchio è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio.

53 Nonostante l’esistenza di differenze significative tra tale disposizione, che corrisponde all’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), della direttiva (UE) 2015/2436, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2015, L 336, pag. 1), e la disposizione che l’ha preceduta nella normativa dell’Unione anteriormente in vigore, l’impossibilità, per il titolare di un marchio, di vietare a un terzo l’uso di tale marchio se tale uso è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o di un servizio, in particolare, come accessori o pezzi di ricambio, ed è conforme alle pratiche di lealtà in campo industriale o commerciale, è stata mantenuta e costituisce ormai una delle ipotesi in cui il diritto esclusivo conferito dal marchio non può essere opposto ai terzi (v., in tal senso, sentenza dell’11 gennaio 2024, Inditex, C-361/22, EU:C:2024:17, punti da 44 a 46).

54 L’obiettivo della limitazione, prevista da tale ipotesi, del diritto esclusivo conferito dal marchio è di consentire ai fornitori di prodotti o di servizi complementari a prodotti o servizi offerti dal titolare di un marchio di utilizzare tale marchio al fine di informare, in modo comprensibile e completo, il pubblico sulla destinazione del prodotto che commercializzano o del servizio che offrono o, in altri termini, sul nesso utilitaristico esistente tra i loro prodotti o i loro servizi e quelli del suddetto titolare del marchio (v., per analogia, sentenze del 17 marzo 2005, Gillette Company e Gillette Group Finland, C-228/03, EU:C:2005:177, punti 33 e 34, nonché dell’11 gennaio 2024, Inditex, C-361/22, EU:C:2024:17, punto 51).

55 Pertanto, l’uso di un marchio da parte di un terzo per designare o menzionare prodotti o servizi come quelli del titolare di tale marchio quando tale uso è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto commercializzato da tale terzo o di un servizio offerto da quest’ultimo rientra, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, in una delle ipotesi in cui l’uso del marchio non può essere vietato dal suo titolare (v., in tal senso, sentenza dell’11 gennaio 2024, Inditex, C-361/22, EU:C:2024:17, punto 52). Tale limitazione del diritto esclusivo conferito al titolare del marchio dall’articolo 9 di tale regolamento si applica, tuttavia, solo se detto uso di tale marchio da parte del terzo è conforme alle pratiche di lealtà in campo industriale e commerciale, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, di detto regolamento.

56 Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che l’elemento della griglia per radiatori la cui forma è identica o simile al marchio AUDI consente di fissare l’emblema che rispecchia tale marchio su detta griglia. Come risulta altresì dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni delle parti, la scelta della forma di tale elemento è guidata dalla volontà di commercializzare una griglia per radiatori che assomigli nel modo più fedele possibile alla griglia per radiatori originale del costruttore degli autoveicoli di cui trattasi.

57 Orbene, occorre distinguere una siffatta situazione, nella quale un’impresa non economicamente collegata al titolare del marchio appone un segno identico o simile a tale marchio sui pezzi di ricambio da essa commercializzati e destinati ad essere integrati nei prodotti di tale titolare, da una situazione in cui una tale impresa, senza tuttavia apporre un segno identico o simile al marchio su tali pezzi di ricambio, faccia un uso di tale marchio per indicare che detti pezzi di ricambio sono destinati ad essere integrati nei prodotti del titolare di detto marchio. Sebbene la seconda di tali situazioni rientri nell’ipotesi di cui al punto 55 della presente sentenza, la prima di dette situazioni non vi rientra. L’apposizione di un segno identico o simile al marchio sul prodotto commercializzato dal terzo eccede, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 57 delle sue conclusioni, l’uso a scopo di riferimento di cui all’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 e non rientra quindi in alcuna delle ipotesi coperte da tale disposizione.

58 Ne consegue che, quando un segno, identico o simile a un marchio dell’Unione europea, costituisce un elemento di un pezzo di ricambio per autoveicoli, progettato per il fissaggio dell’emblema del costruttore di tali veicoli su quest’ultimo e non è utilizzato per designare o fare riferimento a prodotti o servizi come prodotti o servizi del titolare di tale marchio, ma per riprodurre nel modo più fedele possibile un prodotto di tale titolare, un siffatto uso di detto marchio non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001.

59 In tali circostanze, poco importa che esista o no una possibilità tecnica di fissare l’emblema che rispecchia il marchio del costruttore degli autoveicoli sulla griglia per radiatori senza che la forma dell’elemento della griglia per radiatori progettato per tale fissaggio costituisca un segno identico o simile al marchio. L’uso, da parte di GQ, di tale forma, che è nella fattispecie considerata, dal giudice del rinvio, come un segno identico o simile al marchio AUDI, dovrà essere valutato alla luce delle norme enunciate all’articolo 9 del regolamento 2017/1001, come interpretate dalla Corte nella giurisprudenza richiamata ai punti da 42 a 48 della presente sentenza.

60 Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che il costruttore di autoveicoli titolare di un marchio dell’Unione europea vieti ad un terzo l’uso di un segno identico o simile a tale marchio per pezzi di ricambio per tali autoveicoli, ossia griglie per radiatori, qualora tale segno consista nella forma di un elemento della griglia per radiatori, progettato per fissare su quest’ultima l’emblema che rispecchia detto marchio, e ciò senza che rilevi a tale riguardo l’esistenza o no di una possibilità tecnica di fissare tale emblema su detta griglia per radiatori senza apporre detto segno su quest’ultima.

Sulla seconda questione

61 Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

Sulle spese

62 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

PQM

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1) L’articolo 9, paragrafo 2, e paragrafo 3, lettere da a) a c), del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che:

un terzo che, senza il consenso del costruttore di autoveicoli titolare di un marchio dell’Unione europea, importa e pone in vendita pezzi di ricambio, ossia griglie per radiatori per tali autoveicoli, contenenti un elemento progettato per il fissaggio dell’emblema che rispecchia tale marchio e la cui forma è identica o simile a detto marchio, fa uso di un segno nel commercio in un modo che può pregiudicare una o più funzioni del medesimo marchio, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare.

2) L’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a che il costruttore di autoveicoli titolare di un marchio dell’Unione europea vieti ad un terzo l’uso di un segno identico o simile a tale marchio per pezzi di ricambio per tali autoveicoli, ossia griglie per radiatori, qualora tale segno consista nella forma di un elemento della griglia per radiatori, progettato per fissare su quest’ultima l’emblema che rispecchia detto marchio, e ciò senza che rilevi a tale riguardo l’esistenza o no di una possibilità tecnica di fissare tale emblema su detta griglia per radiatori senza apporre detto segno su quest’ultima.