DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2023, n. 18

DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2023, n. 18 (in Gazz. Uff. 6 marzo 2023, n. 55). – Attuazione della direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante «Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri» e, in particolare, l’articolo 14;

Vista la legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante «Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea» e, in particolare, l’articolo 31;

Vista la legge 4 agosto 2022, n. 127, recante: «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti normativi dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2021», e in particolare articolo 21, recante «Principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2020/2184, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano»;

Vista la direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano;

Visto il regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare;

Visto l’articolo 32, comma 1, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante «Istituzione del servizio sanitario nazionale»;

Vista la legge 24 novembre 1981, n. 689, recante «Modifiche al sistema penale»;

Visto il decreto legislativo del 2 febbraio 2001, n. 31, recante «Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano»;

Visto il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale»;

Visto il decreto legislativo 8 ottobre 2011, n. 176, recante «Attuazione della direttiva 2009/54/CE sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali»;

Vista la legge 28 giugno 2016, n. 132 recante «Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale»;

Visto il decreto del Ministro della sanità 26 marzo 1991, recante «Norme tecniche di prima attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 236, relativo all’attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano, ai sensi dell’articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183»;

Visto il decreto del Ministro della salute 6 aprile 2004, n. 174, recante «Regolamento concernente i materiali e gli oggetti che possono essere utilizzati negli impianti fissi di captazione, trattamento, adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano»;

Visto il decreto del Ministro della salute 14 giugno 2017, recante «Recepimento della direttiva (UE) 2015/1787 che modifica gli allegati II e III della direttiva 98/83/CE sulla qualità delle acque destinate al consumo umano. Modifica degli allegati II e III del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31»;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 9 dicembre 2022;

Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 21 dicembre 2022;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 16 febbraio 2023;

Sulla proposta del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR e della salute, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della giustizia, dell’economia e delle finanze, delle imprese e del made in Italy, dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, dell’ambiente e della sicurezza energetica e per gli affari regionali e le autonomie;

Emana

il seguente decreto legislativo:

Art. 1 Obiettivi

1. Il presente decreto disciplina la qualità delle acque destinate al consumo umano.

2. Gli obiettivi del presente decreto sono la protezione della salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque destinate al consumo umano, assicurando che le acque siano salubri e pulite, nonché il miglioramento dell’accesso alle acque destinate al consumo umano.

Art. 2 Definizioni

1. Ai fini del presente decreto si applicano le definizioni seguenti:

a) «acque destinate al consumo umano», in prosieguo anche denominate «acque potabili»:

1) tutte le acque trattate o non trattate, destinate a uso potabile, per la preparazione di cibi, bevande o per altri usi domestici, in locali sia pubblici che privati, a prescindere dalla loro origine, siano esse fornite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne o in bottiglie o contenitori, comprese le acque di sorgente di cui al decreto legislativo 8 ottobre 2011, n. 176;

2) tutte le acque utilizzate in un’impresa alimentare e incorporate negli alimenti o prodotti destinati al consumo umano nel corso della loro produzione, preparazione, trattamento, conservazione o immissione sul mercato;

b) «allacciamento idrico»: la condotta idrica derivata dalla condotta principale e relativi dispositivi ed elementi accessori e attacchi, dedicati all’erogazione del servizio a uno o più utenti; esso di norma inizia dal punto di innesto sulla condotta principale della rete di distribuzione del gestore idrico integrato e termina al punto di consegna dell’acquedotto; l’allacciamento idrico costituisce parte della rete del gestore idrico integrato, che ne risulta pertanto responsabile, salvo comprovate cause di forza maggiore o comunque non imputabili al gestore stesso, ivi inclusa la documentata impossibilità del gestore idro-potabile di accedere o intervenire su tratti di rete idrica ricadenti in proprietà privata;

c) «area di ricarica o alimentazione»: la porzione di bacino idrografico, o di bacino idrogeologico nel caso di acque sotterranee, sotteso alla sezione o punto di prelievo idropotabile. Sono da considerare nell’area di alimentazione anche le eventuali porzioni di bacino idrografico o idrogeologico connesse artificialmente mediante opere di trasferimento idrico;

d) «Anagrafe Territoriale dinamica delle Acque potabili (AnTeA)»: il sistema informativo centralizzato, istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità ai sensi dell’articolo 19;

e) «autorità sanitaria locale territorialmente competente»: l’Azienda sanitaria locale (ASL), l’Azienda Unità Sanitaria Locale (AUSL) o altro ente pubblico deputato a svolgere controlli sulla salubrità delle acque e sugli alimenti e bevande per scopi di tutela della salute pubblica, come individuato da norme nazionali e regionali;

f) «casa o chiosco dell’acqua»: un’unità distributiva aperta al pubblico che eroga acqua destinata al consumo umano generalmente affinata, refrigerata e addizionata di anidride carbonica, al consumatore direttamente in loco;

g) «Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque (CeNSiA)»: la struttura funzionale all’attuazione del presente decreto, attribuita all’Istituto Superiore di Sanità ai sensi dell’articolo 19;

h) «controllo della qualità delle acque destinate al consumo umano»: l’insieme di attività effettuate regolarmente in conformità all’articolo 12, per garantire che le acque erogate soddisfino nel tempo gli obblighi generali di cui all’articolo 4, nei punti di rispetto delle conformità indicati all’articolo 5;

i) «edifici prioritari» o «locali prioritari»: gli immobili di grandi dimensioni, ad uso diverso dal domestico, o parti di detti edifici, in particolare per uso pubblico, con numerosi utenti potenzialmente esposti ai rischi connessi all’acqua, come individuati in allegato VIII;

l) «Ente di governo dell’ambito territoriale ottimale» (EGATO): l’organismo individuato dalle regioni e province autonome per ciascun Ambito Territoriale Ottimale (ATO), al quale partecipano obbligatoriamente tutti i Comuni ricadenti nell’ATO e al quale è trasferito l’esercizio delle competenze dei Comuni stessi in materia di gestione del Servizio Idrico Integrato ai sensi dell’articolo 147, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

m) «evento pericoloso»: un qualsiasi evento che introduce pericoli nel sistema di fornitura di acque destinate al consumo umano o che non riesce a eliminarli da tale sistema;

n) «gestore idro-potabile»: il gestore del servizio idrico integrato così come riportato all’articolo 74, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ovvero chiunque fornisce a terzi acqua destinata al consumo umano mediante una rete di distribuzione idrica, oppure attraverso cisterne, fisse o mobili, o impianti idrici autonomi, o anche chiunque confeziona per la distribuzione a terzi, acqua destinata al consumo umano in bottiglie o altri contenitori;

o) «filiera idro-potabile»: l’insieme dei processi che presiedono alla fornitura e distribuzione di acqua destinata al consumo umano, comprendendo gli ambienti e i sistemi ove detti processi hanno luogo, che possono avere effetti sulla qualità dell’acqua; sono parte della filiera, tra l’altro, gli ambienti di ricarica o in connessione con gli acquiferi sotterranei o superficiali da cui sono prelevate acque da destinare al consumo umano, le fasi di prelievo delle risorse idriche da destinare al consumo umano, o, più in generale, gli approvvigionamenti di risorse idriche anche di origine diversa da destinare al consumo umano, il trattamento, lo stoccaggio, il trasporto e la distribuzione dell’acqua destinata al consumo umano, fino ai punti d’uso;

p) «sistema di fornitura idro-potabile»: l’insieme di risorse, sistemi e attività operate dal gestore idro-potabile a partire dall’approvvigionamento delle risorse idriche, comprendendo i trattamenti e la distribuzione delle acque fino al punto di consegna; sono altresì considerati gestori idro-potabili gli operatori del settore alimentare che si approvvigionano da fonti di acqua proprie e operano quali fornitori di acqua;

q) «gestore della distribuzione idrica interna»: il proprietario, il titolare, l’amministratore, il direttore o qualsiasi soggetto, anche se delegato o appaltato, che sia responsabile del sistema idro-potabile di distribuzione interno ai locali pubblici e privati, collocato fra il punto di consegna e il punto d’uso dell’acqua;

r) «impresa alimentare»: un’impresa alimentare quale definita all’articolo 3, punto 2, del regolamento (CE) n. 178/2002;

s) «indicatori di perdite idriche di rete», da utilizzare ai fini della valutazione dei miglioramenti conseguiti ai sensi della direttiva 2000/60/CE: gli indicatori specificamente definiti nell’allegato A (RQTI) alla deliberazione dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) n. 917/2017/R/IDR;

t) «misura di controllo»: ogni azione o attività posta in essere nella filiera idro-potabile per prevenire, eliminare o ridurre a livello accettabile un rischio correlato al consumo dell’acqua o, comunque, un’alterazione indesiderata della qualità dell’acqua;

u) «monitoraggio»: l’esecuzione di una sequenza pianificata di osservazioni o misurazioni su elementi significativi della filiera idro-potabile, ai fini del rilevamento puntuale di alterazioni della qualità dell’acqua; per monitoraggio operativo si intende la sequenza programmata di osservazioni o misure per valutare il regolare funzionamento delle «misure di controllo» poste in essere nell’ambito della filiera idro-potabile;

v) «operatore del settore alimentare»: un operatore del settore alimentare quale definito all’articolo 3, punto 3, del regolamento (CE) n. 178/2002;

z) «operatore economico», riferito a reagenti chimici e materiali filtranti attivi o passivi da impiegare nel trattamento delle acque destinate al consumo umano: qualsiasi persona fisica o giuridica che sottopone ai processi di certificazione e di autorizzazione tali prodotti in conformità all’articolo 11, che può essere il fabbricante, l’importatore, il distributore o il rappresentante autorizzato;

aa) «pericolo»: un agente biologico, chimico, fisico o radiologico contenuto nell’acqua, o relativo alla condizione dell’acqua, in grado di provocare danni alla salute umana;

bb) «piano di sicurezza dell’acqua»: il piano attraverso il quale è definita ed implementata l’analisi di rischio della filiera idro-potabile, effettuata in conformità all’articolo 6, articolata in valutazione, gestione del rischio, comunicazione ed azioni a queste correlate. Esso comprende, per i differenti aspetti di competenza:

1) una valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione dei punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano, effettuata in conformità all’articolo 7, con particolare riguardo ai piani di tutela delle acque;

2) una valutazione e gestione del rischio del sistema di fornitura idro-potabile (piano di sicurezza dell’acqua del sistema di fornitura idro-potabile) che include il prelievo, il trattamento, lo stoccaggio e la distribuzione delle acque destinate al consumo umano fino al punto di consegna, effettuata in conformità all’articolo 8;

3) una valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione idrica interni all’edificio, effettuata in conformità all’articolo 9;

cc) «punto di consegna»: il punto in cui la condotta di allacciamento idrico si collega all’impianto o agli impianti dell’utente finale (sistema di distribuzione interna) ed è posto in corrispondenza del misuratore dei volumi (contatore). La responsabilità del gestore idrico integrato si estende fino a tale punto di consegna, salvo comprovate cause di forza maggiore o comunque non imputabili al gestore stesso, ivi inclusa la documentata impossibilità del gestore di accedere o intervenire su tratti di rete idrica ricadenti in proprietà privata;

dd) «punto di utenza» o «punto d’uso»: il punto di uscita dell’acqua destinata al consumo umano, da cui si può attingere o utilizzare direttamente l’acqua, generalmente identificato nel rubinetto;

ee) «rete di distribuzione del gestore idro-potabile»: l’insieme delle condotte, apparecchiature e manufatti messi in opera e controllati dal gestore idro-potabile per alimentare le utenze private e i servizi pubblici;

ff) «rischio»: una combinazione della probabilità di un evento pericoloso e della gravità delle conseguenze se il pericolo e l’evento pericoloso si verificano nella filiera idro-potabile;

gg) «Sistema Informativo Nazionale per la Tutela delle Acque Italiane (SINTAI)»: lo strumento per la raccolta e diffusione delle informazioni relative allo stato di qualità delle acque interne e marine sviluppato e gestito dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ai sensi e per le finalità di cui alla parte Terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e in coerenza con la legge 28 giugno 2016, n. 132. Il SINTAI, gestito da ISPRA, è il nodo nazionale «Water Information System for Europe» (WISE), come definito daldecreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 luglio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 settembre 2009, n. 203 «Individuazione delle informazioni territoriali e modalità per la raccolta, lo scambio e l’utilizzazione dei dati necessari alla predisposizione dei rapporti conoscitivi sullo stato di attuazione degli obblighi comunitari e nazionali in materia di acque» e lo strumento per la trasmissione dei dati all’Agenzia Europea dell’Ambiente di cui al Regolamento (CE) n. 401/2009 del Parlamento Europeo;

hh) «sistema o impianto di distribuzione interno», anche detto «rete di distribuzione interna» o «sistema di distribuzione domestico»: le condutture, i raccordi e le apparecchiature installati fra i rubinetti normalmente utilizzati per le acque destinate al consumo umano in locali sia pubblici che privati, e la «rete di distribuzione del gestore idro-potabile», connesso a quest’ultima direttamente o attraverso l’allacciamento idrico;

ii) «zona di fornitura idro-potabile», di seguito anche «zona di fornitura» o «water supply zone»: un’area all’interno della quale le acque destinate al consumo umano provengono da una o varie fonti e la loro qualità può essere considerata ragionevolmente omogenea, sulla base di evidenze oggettive.

Art. 3 Campo di applicazione ed esenzioni

1. Il presente decreto non si applica:

a) alle acque minerali naturali riconosciute come tali ai sensi del decreto legislativo 8 ottobre 2011, n. 176;

b) alle acque considerate medicinali a norma della pertinente legislazione;

c) alle acque di cui all’articolo 2, comma 1), lettera a, punto 2), se:

1) provenienti da fonti di approvvigionamento proprie dell’operatore alimentare, in quanto soggette agli obblighi e ai provvedimenti correttivi della pertinente legislazione alimentare e in particolare comprese nei «principi dell’analisi dei pericoli e dei punti critici di controllo (sistema HACCP)», fatto salvo il rispetto per le stesse dei valori di parametro di cui all’allegato I, Parti A e B;

2) la loro qualità non può avere conseguenze dirette o indirette sulla salubrità del prodotto alimentare finale, secondo quanto valutato dall’autorità sanitaria territorialmente competente;

d) alle acque destinate esclusivamente a quegli usi specifici diversi da quello potabile, ivi incluse quelle utilizzate nelle imprese alimentari, la cui qualità non abbia ripercussioni, dirette o indirette, sulla salute dei consumatori interessati ovvero perché regolate da diversa specifica normativa, come individuate nell’allegato V.

2. Le acque destinate al consumo umano confezionate in bottiglie o contenitori e destinate alla vendita o utilizzate nella produzione, preparazione o trattamento di alimenti, devono essere conformi al presente decreto fino al punto di rispetto della conformità di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), e, qualora siano destinate ad essere ingerite o si preveda ragionevolmente che possano essere ingerite da esseri umani, devono da quel punto in poi essere considerate alimenti ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002.

3. Le acque destinate al consumo umano prodotte dalle case dell’acqua devono essere conformi al presente decreto fino al punto di rispetto della conformità di cui all’articolo 5, comma 1, lettera e), e, rientrando nell’attività di somministrazione diretta al pubblico di bevande, devono da quel punto in poi essere considerate alimenti.

4. Le acque destinate al consumo umano richiamate al precedente comma 2, sono soggette alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 e all’allegato I, Parti A e B.

5. Le navi che eseguono la desalinizzazione dell’acqua, il trasporto passeggeri e operano in veste di gestori idro-potabili, sono soggette esclusivamente alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 e agli articoli 8, 9, 12 e 15, e ai pertinenti allegati.

6. I requisiti minimi di cui all’allegato I, Parte A, non si applicano all’acqua di sorgente di cui al decreto legislativo 8 ottobre 2011, n. 176.

7. I gestori idro-potabili che forniscono, in media, meno di 10 m³ di acqua al giorno o che servono meno di 50 persone nell’ambito di un’attività commerciale o pubblica, sono soggetti soltanto alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 e agli articoli 13, 14 e 15, e ai pertinenti allegati.

Art. 4 Obblighi generali

1. Le acque destinate al consumo umano devono essere salubri e pulite.

2. Ai fini dell’osservanza dei requisiti minimi previsti dal presente decreto, le acque destinate al consumo umano sono salubri e pulite se soddisfano tutte le seguenti condizioni:

a) non devono contenere microrganismi, virus e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana;

b) devono soddisfare i requisiti minimi stabiliti nell’allegato I, Parti A, B e D;

c) devono essere conformi ai valori per parametri supplementari non riportati nell’allegato I e fissati ai sensi dell’articolo 12, comma 13;

d) devono essere adottate le misure necessarie previste dagli articoli da 5 a 15.

3. L’applicazione delle disposizioni del presente decreto non può avere l’effetto di consentire un deterioramento del livello esistente della qualità delle acque destinate al consumo umano tale da avere ripercussione sulla tutela della salute umana, né l’aumento dell’inquinamento delle acque destinate alla loro produzione.

4. I gestori idro-potabili che forniscono almeno 10.000 m³ di acqua al giorno o che servono almeno 50.000 persone, effettuano una valutazione dei livelli delle perdite e dei potenziali miglioramenti in termini di riduzione delle perdite di rete idrica, utilizzando gli indicatori di perdite idriche di rete quali definiti all’articolo 2, comma 1, lettera s).

5. ARERA provvede all’acquisizione dei risultati della valutazione e alla elaborazione del tasso medio di perdita idrica nazionale, trasmettendoli alla Commissione europea entro il 12 gennaio 2026.

6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, da adottarsi entro due anni dalla data di pubblicazione del tasso medio di perdita idrica stabilito dalla Commissione europea con atto delegato previsto entro il 12 gennaio 2028, è stabilito un piano d’azione contenente una serie di misure da adottare per ridurre il tasso di perdita idrica nazionale, nel caso in cui quest’ultimo superi la soglia media stabilita dalla commissione.

Art. 5 Punti in cui i valori dei parametri devono essere rispettati

1. I valori per i parametri elencati nell’allegato I, Parti A e B, devono essere rispettati:

a) per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione, nel punto di consegna, ovvero, ove sconsigliabile per difficoltà tecniche o pericolo di inquinamento del campione, in un punto rappresentativo della rete di distribuzione del gestore idro-potabile prossimo al punto di consegna, e nel punto di utenza in cui queste fuoriescono dai rubinetti utilizzati per il consumo umano all’interno dei locali pubblici e privati;

b) per le acque destinate al consumo umano fornite da una cisterna, nel punto in cui le acque fuoriescono dalla cisterna;

c) per le acque confezionate in bottiglie o contenitori e destinate al consumo umano, nel punto in cui sono confezionate in bottiglie o contenitori;

d) per le acque destinate al consumo umano utilizzate in una impresa alimentare, nel punto in cui sono utilizzate in tale impresa;

e) per le acque prodotte dalle case dell’acqua, nel punto di consegna alla casa dell’acqua e nel punto di utenza, tenendo conto di quanto disposto in articolo 3, comma 3.

2. Per le acque fornite attraverso la rete di distribuzione del gestore idro-potabile, si considera che quest’ultimo abbia adempiuto agli obblighi di cui al presente decreto quando i valori di parametro sono rispettati nel punto di consegna quale definito all’articolo 2, comma 1, lettera cc.

3. Per le acque fornite attraverso il sistema di distribuzione interno, il relativo gestore assicura che i valori di parametro di cui al comma 1, rispettati nel punto di consegna, siano mantenuti nel punto di utenza all’interno dei locali pubblici e privati. A tal fine, nel caso di edifici e locali prioritari il gestore del sistema di distribuzione interno assicura l’adempimento degli obblighi previsti all’articolo 9.

4. Fermo restando quanto stabilito ai commi 2 e 3, qualora sussista il rischio che le acque di cui al comma 1, lettera a), pur essendo nel punto di consegna rispondenti ai valori di parametro nell’allegato I, Parti A e B, non siano conformi a tali valori al rubinetto, e si abbia evidenza certa che l’inosservanza sia dovuta al sistema di distribuzione interno o alla sua manutenzione:

a) l’autorità sanitaria locale territorialmente competente dispone che siano adottate misure appropriate per eliminare o ridurre il rischio che le acque non rispettino i valori di parametro dopo la fornitura, quali, ad esempio:

1) provvedimenti correttivi da adottare da parte del gestore del sistema di distribuzione interno, in proporzione al rischio;

2) ferma restando la responsabilità primaria di intervento del gestore del sistema di distribuzione interno, raccomandando al gestore idro-potabile di adottare altre misure per modificare la natura e le caratteristiche delle acque prima della fornitura, quale ad esempio la possibilità di impiego di adeguate tecniche di trattamento, tenendo conto della fattibilità tecnica e economica di tali misure;

b) l’autorità sanitaria locale territorialmente competente ed il gestore idro-potabile, ciascuno per quanto di competenza, provvedono affinché i consumatori interessati siano debitamente informati e consigliati sugli eventuali provvedimenti e sui comportamenti da adottare.

Art. 6 Obblighi generali per l’approccio alla sicurezza dell’acqua basato sul rischio

1. L’approccio basato sul rischio è finalizzato a garantire la sicurezza delle acque destinate al consumo umano e l’accesso universale ed equo all’acqua in conformità al presente decreto, implementando un controllo olistico di eventi pericolosi e pericoli di diversa origine e natura – inclusi i rischi correlati ai cambiamenti climatici, alla protezione dei sistemi idrici e alla continuità della fornitura – conferendo priorità di tempo e risorse ai rischi significativi e alle misure più efficaci sotto il profilo dei costi e limitando analisi e oneri su questioni non rilevanti, coprendo l’intera filiera idropotabile, dal prelievo alla distribuzione, fino ai punti di rispetto della conformità dell’acqua specificati all’articolo 5 e garantendo lo scambio continuo di informazioni tra i gestori dei sistemi di distribuzione idro-potabili e le autorità competenti in materia sanitaria e ambientale.

2. L’approccio di cui al comma 1 comporta i seguenti elementi:

a) una valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano, in conformità all’articolo 7;

b) una valutazione e gestione del rischio di ciascun sistema di fornitura idro-potabile che includa il prelievo, il trattamento, lo stoccaggio e la distribuzione delle acque destinate al consumo umano fino al punto di consegna, effettuata dai gestori idro-potabili in conformità all’articolo 8;

c) una valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione interni per gli edifici e locali prioritari, in conformità all’articolo 9.

3. La valutazione e gestione del rischio richiamata ai commi 1 e 2, si basa sui principi generali della valutazione e gestione del rischio stabiliti dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, trasposti nelle Linee guida nazionali per l’implementazione dei Piani di Sicurezza dell’Acqua, elaborate dall’Istituto superiore di sanità (ISS), contenute in Rapporti ISTISAN 22/33 e successive modifiche e integrazioni.

4. Le regioni e province autonome effettuano e approvano una valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano di cui al comma 2, lettera a), coordinata ed aggiornata con quanto previsto ai sensi dell’articolo 94 del decreto legislativo n. 152 del 2006, e attraverso l’interoperabilità dei sistemi informativi SINTAI e AnTeA ai sensi dell’articolo 7, comma 16, la mettono a disposizione delle Autorità ambientali regionali, delle Autorità sanitarie regionali e locali, delle Autorità di bacino distrettuali, del Ministero della salute, del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica nonché dei gestori idro-potabili operanti nei territori di propria competenza.

5. La valutazione e gestione del rischio di cui al comma 4, è effettuata per la prima volta entro il 12 luglio 2027, riesaminata a intervalli periodici non superiori a sei anni, e, se necessario, aggiornata.

6. La valutazione e gestione del rischio relativa alla filiera idro-potabile di cui al comma 2, lettera b), è effettuata dai gestori idro-potabili per la prima volta entro il 12 gennaio 2029, riesaminata a intervalli periodici non superiori a sei anni e, se necessario, aggiornata.

7. Per le finalità di cui al comma 6, i gestori idro-potabili:

a) dimostrano l’adeguatezza della valutazione e gestione del rischio della filiera idro-potabile ai criteri di cui all’articolo 8, mediante elaborazione di Piani di Sicurezza dell’Acqua (PSA) per ogni sistema di fornitura idro-potabile, che sottopongono all’approvazione da parte del Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque (CeNSiA) di cui all’articolo 19;

b) assicurano che i documenti e le registrazioni relative al PSA per il sistema di fornitura idro-potabile siano costantemente conservati, aggiornati e resi disponibili alle autorità sanitarie territorialmente competenti, mediante condivisione degli stessi con il sistema «Anagrafe Territoriale dinamica delle Acque potabili (AnTeA)», secondo quanto indicato in allegato VI; la tracciabilità di tali dati dovrà essere garantita almeno per gli ultimi sei anni a partire dalla prima valutazione indicata al comma 6.

8. La valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione interni per gli edifici e locali prioritari di cui al comma 2, lettera c), è effettuata dai gestori idrici della distribuzione interna per la prima volta entro il 12 gennaio 2029, inserita dai medesimi gestori nel sistema AnTeA, riesaminata ogni sei anni e, se necessario, aggiornata.

9. Per le finalità di cui al comma 8, i gestori della distribuzione idrica interna:

a) dimostrano su richiesta dell’autorità sanitaria locale territorialmente competente, il rispetto dei requisiti di cui all’articolo 9, tenendo conto del tipo e della dimensione dell’edificio;

b) assicurano che le procedure, le registrazioni e ogni altro documento rilevante siano costantemente conservati, aggiornati e resi disponibili alle autorità sanitarie territorialmente competenti; la tracciabilità di tali dati dovrà essere garantita almeno per gli ultimi sei anni a partire dalla prima valutazione indicata al comma 8.

10. Le attività di approvazione delle valutazioni e gestioni del rischio di cui al comma 6, sono eseguite dal CeNSiA nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite ai sensi dell’articolo 19, comma 2, lettera a), sulla base degli indirizzi della Commissione nazionale di sorveglianza sui piani di sicurezza dell’acqua di cui all’articolo 20.

Art. 7 Valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione dei punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano

1. Le Autorità ambientali delle regioni e province autonome sulla base delle informazioni rese disponibili da ISPRA attraverso il SINTAI, elencate all’allegato VII, di quelle rese disponibili dall’Ente di governo dell’ambito territoriale ottimale (EGATO) e dal gestore idro-potabile, nonché delle altre informazioni necessarie alla valutazione e gestione del rischio, previste ai sensi della parte III del decreto legislativo n. 152 del 2006, comprese quelle relative all’applicazione dell’articolo 94 dello stesso decreto e dai PSA di cui aldecreto del Ministero della salute del 14 giugno 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 agosto 2017, n. 192, provvedono ad effettuare una valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione dei punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano.

2. Al fine di rendere più efficace l’azione tecnico-amministrativa, nel caso della presenza di più punti di prelievo in una stessa area di alimentazione, le Autorità ambientali delle regioni e province autonome possono attuare la valutazione e gestione del rischio in forma aggregata, avendo cura di rappresentare le eventuali differenze locali.

3. La valutazione del rischio include almeno i seguenti elementi:

a) una caratterizzazione delle aree di alimentazione per i punti di prelievo:

1) una specificazione e mappatura delle aree di alimentazione per i punti di prelievo;

2) una mappatura delle aree protette di cui all’art. 117 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ivi incluse quelle definite dall’art. 94 del medesimo decreto;

3) le coordinate geo-referenziate di tutti i punti di prelievo delle aree di alimentazione; poiché tali dati sono potenzialmente sensibili, in particolare in termini di salute pubblica e sicurezza pubblica, le Autorità ambientali delle regioni e province autonome provvedono affinché tali dati siano protetti e comunicati esclusivamente alle autorità competenti e ai gestori idro-potabili;

4) una descrizione dell’uso del suolo, del dilavamento e dei processi di ravvenamento delle aree di alimentazione per i punti di prelievo;

b) l’individuazione dei pericoli e degli eventi pericolosi nelle aree di alimentazione per i punti di prelievo e la valutazione del rischio che essi potrebbero rappresentare per la qualità delle acque da destinare al consumo umano; tale valutazione prende in esame i possibili rischi che potrebbero causare il deterioramento della qualità dell’acqua, nella misura in cui ciò possa rappresentare un rischio per la salute umana;

c) un adeguato monitoraggio nelle acque superficiali o nelle acque sotterranee o in entrambe per i punti di prelievo e nelle acque da destinare a consumo umano, di pertinenti parametri, sostanze o inquinanti selezionati tra i seguenti:

1) parametri di cui all’allegato I, parti A, B, o fissati conformemente all’articolo 12, comma 12;

2) inquinanti delle acque sotterranee di cui alle tabelle 2 e 3 della lettera B, Parte A, dell’allegato I alla parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006;

3) sostanze prioritarie e alcuni altri inquinanti, selezionati sulla base dei criteri di cui al punto A.3.2.5, di cui alla Tabella 1/A dell’allegato I alla parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006;

4) inquinanti specifici dei bacini idrografici riportati nei Piani di gestione delle acque, selezionati sulla base dei criteri di cui al punto A.3.2.5 e di cui alla Tabella 1/B dell’allegato I alla parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006;

5) altri inquinanti pertinenti per le acque destinate al consumo umano, stabiliti dalle regioni e province autonome sulla base dell’esame delle informazioni raccolte a norma della lettera b) del presente comma;

6) sostanze presenti naturalmente che potrebbero rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana attraverso l’uso di acque destinate al consumo umano;

7) sostanze e composti inseriti nell’«elenco di controllo» stabilito a norma dell’articolo 12, comma 10.

4. Ai fini della attuazione del comma 3, lettera a), possono essere utilizzate le informazioni raccolte conformemente agli articoli 82, 117, 118 e 120 e allegato I punto A.3.8, del decreto legislativo n. 152 del 2006.

5. Ai fini della attuazione del comma 3, lettera b), può essere utilizzato l’esame dell’impatto delle attività umane svolto a norma dell’articolo 118 del decreto n. 152 del 2006, nonché le informazioni relative alle pressioni significative raccolte a norma dell’allegato III, sezione C alla parte terza del medesimo decreto.

6. Le Autorità ambientali delle regioni e province autonome scelgono i parametri, le sostanze o gli inquinanti da monitorare tra quelli indicati del comma 3, lettera c), perché considerati pertinenti alla luce dell’individuazione dei pericoli e degli eventi pericolosi e delle valutazioni di cui al comma 3, lettera b), o alla luce delle informazioni comunicate dai gestori idro-potabili conformemente al comma 8.

7. Ai fini di un adeguato monitoraggio di cui al comma 3, lettera c), ai sensi del quale si individuano nuove sostanze pericolose per la salute umana attraverso l’uso di acque destinate al consumo umano, le Autorità ambientali delle regioni e province autonome possono utilizzare il monitoraggio effettuato conformemente agli articoli 82,118 e 120 del decreto legislativo n. 152 del 2006, o ad altra legislazione pertinente per le aree di alimentazione per i punti di prelievo.

8. Le Autorità ambientali delle regioni e province autonome, che a vario titolo, o avvalendosi di altri enti operativi o dei gestori idropotabili, effettuano il monitoraggio nelle aree di alimentazione per i punti di prelievo e nelle acque da destinare a consumo umano, anche ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, sono tenute ad informare tempestivamente le competenti autorità sanitarie delle regioni e province autonome delle tendenze, delle quantità e delle concentrazioni anomale, di parametri, sostanze o inquinanti monitorati.

9. Le Autorità ambientali delle regioni e province autonome provvedono altresì a definire le procedure operative interne e ad approvare la valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano: le valutazioni approvate sono messe a disposizione del SINTAI e trasmesse alle corrispondenti Direzioni regionali e alle competenti Autorità sanitarie delle regioni e province autonome.

10. Sulla base dei risultati della valutazione del rischio di cui al comma 3, le Autorità ambientali delle regioni e province autonome provvedono affinché siano adottate le opportune misure di gestione del rischio intese a prevenire o controllare i rischi individuati, partendo dalle seguenti misure di prevenzione:

a) definizione e attuazione di misure di prevenzione e di attenuazione nelle aree di alimentazione dei punti di prelievo oltre alle misure previste o adottate ai sensi dell’articolo 116 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ove necessario per garantire la qualità delle acque destinate al consumo umano; se del caso, tali misure di prevenzione e di attenuazione sono incluse nei programmi di misure di cui al medesimo articolo; ove opportuno, le Autorità ambientali delle regioni e province autonome provvedono, in collaborazione con i gestori e altri pertinenti portatori di interessi, affinché chi inquina adotti tali misure di prevenzione;

b) garanzia di un adeguato monitoraggio dei parametri, delle sostanze o degli inquinanti nelle acque superficiali o sotterranee, o in entrambe, nelle aree di alimentazione per i punti di prelievo o nelle acque da destinare a consumo umano, che potrebbero costituire un rischio per la salute umana attraverso il consumo di acqua o comportare un deterioramento inaccettabile della qualità delle acque destinate al consumo umano e che non sono stati presi in considerazione nel quadro del monitoraggio effettuato, almeno, conformemente agli articoli 82,118 e 120 del decreto legislativo n. 152 del 2006. Se del caso, tale monitoraggio è incluso nei programmi di controllo di cui all’articolo 12, comma 4, lettera e);

c) valutazione della necessità di definire o adattare zone di salvaguardia per le acque sotterranee e superficiali, di cui alle aree protette ai sensi dell’articolo 117 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ivi incluse quelle definite dall’articolo 94 del medesimo decreto.

11. Le Autorità ambientali delle regioni e province autonome provvedono affinché l’efficacia delle misure di cui al precedente comma sia riesaminata ogni sei anni.

12. Le Autorità ambientali delle regioni e province autonome garantiscono che i gestori idro-potabili abbiano accesso alle informazioni sulla valutazione del rischio di cui al comma 3. Sulla base delle informazioni di cui ai commi da 3 a 8, le competenti Autorità ambientali o sanitarie delle regioni e province autonome possono:

a) imporre ai gestori idro-potabili di effettuare ulteriori monitoraggi o trattamenti per alcuni parametri, tenendo conto della disponibilità di adeguati approcci metodologici e metodiche analitiche;

b) consentire ai gestori idro-potabili di ridurre la frequenza del monitoraggio di un parametro, o di rimuovere un parametro dall’elenco dei parametri che il gestore di acqua deve monitorare conformemente alle disposizioni dell’articolo 12, comma 4, lettera a), senza dover effettuare una valutazione del rischio del sistema di fornitura, a condizione che:

1) non si tratti di un parametro fondamentale ai sensi dell’allegato II, Parte B, punto 1;

2) nessun elemento, secondo quanto prevedibile sulla base delle evidenze disponibili, possa provocare un deterioramento della qualità delle acque destinate all’uso umano.

13. Laddove un gestore idro-potabile sia autorizzato a ridurre la frequenza del monitoraggio di un parametro o a rimuovere un parametro dall’elenco dei parametri da monitorare secondo quanto previsto al comma 12, lettera b), le Autorità ambientali delle regioni e province autonome garantiscono che sia effettuato un adeguato monitoraggio di tali parametri al momento del riesame della valutazione e gestione del rischio nelle aree di alimentazione per i punti di prelievo, in conformità dell’articolo 12, comma 3.

14. Le Autorità ambientali delle regioni e province autonome e le Agenzie del Sistema Nazionale Protezione Ambiente (SNPA), trasmettono ad ISPRA attraverso il SINTAI, ed aggiornano, le informazioni di cui all’allegato VII, riguardanti:

a) la mappatura delle aree di salvaguardia e le stazioni di monitoraggio delle acque destinate al consumo umano;

b) l’individuazione delle pressioni significative e dei parametri monitorati sui corpi idrici dove sono ubicate le stazioni di monitoraggio per le acque da destinare a consumo umano;

c) i dati SOE-WISE di cui al regolamento (CE) 401/2009.

15. Le informazioni di cui al comma 14, sono condivise con AnTeA e sono rese disponibili ai gestori idro-potabili per le finalità di implementazione del piano di sicurezza dell’acqua del sistema di fornitura idro-potabile di cui all’articolo 8.

16. Per le finalità di cui ai commi 14 e 15 e dell’articolo 6, comma 4, ISPRA e CeNSiA, di concerto con i rispettivi Ministeri vigilanti, stabiliscono accordi e protocolli specifici per l’interoperabilità dei dati di SINTAI e AnTeA.

Art. 8 Valutazione e gestione del rischio del sistema di fornitura idro-potabile

1. I gestori idro-potabili effettuano una valutazione e gestione del rischio dei propri sistemi di fornitura, attraverso l’elaborazione del PSA del sistema di fornitura idro-potabile e la successiva richiesta di approvazione dello stesso da parte del CeNSiA, secondo quanto previsto all’articolo 6, commi 6 e 7.

2. Il PSA di cui al comma 1 è conforme ai seguenti criteri:

a) tiene conto dei risultati della valutazione e gestione del rischio effettuata conformemente all’articolo 7;

b) include un’analisi dei rischi per approvvigionamenti idrici consistenti in acque da destinare a consumo umano di diversa origine, per le quali non siano disponibili valutazioni specifiche ai sensi del precedente comma, come, tra l’altro, nel caso di prelievo di acque di origine marina;

c) include una descrizione del sistema di fornitura dal punto di prelievo al trattamento, allo stoccaggio e alla distribuzione dell’acqua, con particolare riguardo alle zone di fornitura idro-potabile;

d) individua i pericoli e gli eventi pericolosi nell’ambito del sistema di fornitura idro-potabile, includendo una valutazione dei rischi che essi potrebbero rappresentare per la salute umana attraverso l’uso delle acque, tenendo conto anche dei rischi derivanti dai cambiamenti climatici, da perdite idriche, dalla vulnerabilità dei sistemi, da fattori che incidono sulla continuità della fornitura, per garantire l’accesso universale ed equo ad acqua sicura;

e) definisce e pone in essere misure di controllo adeguate alla prevenzione e all’attenuazione dei rischi individuati nel sistema di fornitura idro-potabile, che potrebbero compromettere la qualità delle acque destinate al consumo umano;

f) definisce e pone in essere misure di controllo adeguate nel sistema di fornitura idro-potabile, oltre alle misure previste o adottate conformemente all’articolo 7, comma 10, del presente decreto e all’articolo 116 del decreto legislativo n. 152 del 2006, per l’attenuazione dei rischi provenienti dalle aree di alimentazione dei punti di prelievo che potrebbero compromettere la qualità delle acque destinate al consumo umano;

g) definisce e pone in essere un adeguato programma di monitoraggio operativo specifico per il sistema di fornitura e un programma di controllo, conformemente all’articolo 12;

h) nei casi in cui la disinfezione rientri nel processo di preparazione o di distribuzione delle acque destinate al consumo umano, garantisce che sia verificata l’efficacia della disinfezione applicata, che la contaminazione da sottoprodotti di disinfezione sia mantenuta al livello più basso possibile senza compromettere la disinfezione, che la contaminazione da reagenti chimici per il trattamento sia mantenuta al livello più basso possibile e che qualsiasi sostanza residua nell’acqua non comprometta l’espletamento degli obblighi generali di cui all’articolo 4;

i) include una verifica della conformità di materiali a contatto con le acque destinate al consumo umano e di reagenti chimici e materiali filtranti impiegati per il loro trattamento, riguardo ai criteri stabiliti agli articoli 10 e 11.

3. Sulla base dei risultati della valutazione del rischio per il sistema di fornitura idro-potabile effettuata conformemente ai commi 1 e 2, il gestore idro-potabile definisce la frequenza dei controlli interni di verifica della conformità sulle acque destinate al consumo umano, secondo le prescrizioni generali di cui all’articolo 14 e tenendo conto delle seguenti condizioni:

a) possibilità di ridurre la frequenza dei controlli di un parametro o di rimuovere un parametro dall’elenco dei parametri da sottoporre a controllo interno, ad eccezione dei parametri fondamentali di cui all’allegato II, Parte B, punto 1, gruppo A, in uno dei seguenti casi:

1) sulla base del valore assunto da un parametro in acqua non trattata, che ne comprovi la non rilevanza, conformemente alla valutazione del rischio delle aree di alimentazione di cui all’articolo 7, comma 3;

2) quando un parametro può derivare solo dall’uso di una determinata tecnica di trattamento o di un metodo di disinfezione o di un materiale, che non siano utilizzati dal gestore idro-potabile;

3) sulla base delle specifiche di cui all’allegato II, Parte C;

4) sulla base delle valutazioni dell’autorità competente in fase di approvazione del PSA del sistema di fornitura idro-potabile da parte del CeNSiA, richiamate all’articolo 6, comma 10, per cui sia accertato che ciò non compromette la qualità delle acque destinate al consumo umano;

b) obbligo di ampliamento dell’elenco dei parametri da sottoporre a controllo interno ai sensi dell’articolo 14 o di aumento della frequenza del controllo interno in uno dei seguenti casi:

1) sulla base del riscontro di un parametro in acqua non trattata, conformemente alla valutazione del rischio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo di cui all’articolo 7, comma 3;

2) sulla base delle specifiche di cui all’allegato II, Parte C.

4. La valutazione del rischio del sistema di fornitura idro-potabile riguarda i parametri di cui all’allegato I, parti A, B e C, i parametri supplementari fissati ai sensi dell’articolo 12, comma 13, nonché le sostanze o i composti inseriti nell’elenco di controllo stabilito ai sensi dell’articolo 12, comma 10, e i controlli supplementari di cui all’articolo 12, comma 12.

5. Le forniture idro-potabili che erogano, in media, tra 10 e 100 m³ di acqua al giorno o servono tra 50 e 500 persone, non sono soggetti all’obbligo di applicazione del presente articolo, a condizione che l’autorità sanitaria locale territorialmente competente abbia accertato che tale esenzione non comprometta la qualità delle acque destinate al consumo umano.

6. Nel caso in cui i sistemi di fornitura di acqua di cui al comma 5 siano esentati, sussiste per essi l’obbligo di controlli interni periodici in conformità all’articolo 14.

Art. 9 Valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione idrica interni

1. I gestori della distribuzione idrica interna effettuano una valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione idrica interni alle strutture prioritarie individuate all’allegato VIII, con particolare riferimento ai parametri elencati nell’allegato I, parte D, adottando le necessarie misure preventive e correttive, proporzionate al rischio, per ripristinare la qualità delle acque nei casi in cui si evidenzi un rischio per la salute umana derivante da questi sistemi.

2. La valutazione e gestione del rischio effettuata ai sensi del comma 1, si basa sui principi generali della valutazione e gestione del rischio stabiliti secondo le Linee Guida per la valutazione e gestione del rischio per la sicurezza dell’acqua nei sistemi di distribuzione interni degli edifici prioritari e non prioritari e di talune navi ai sensi della direttiva (UE) 2020/2184, Rapporto ISTISAN 22/32.

3. Nei casi di non conformità ai punti d’uso nei locali degli edifici prioritari di cui al comma 1, ricondotte al sistema di distribuzione idrico interno o alla sua manutenzione, tenuto conto delle disposizioni applicabili ai sensi dell’articolo 5, commi 2, 3 e 4, si applicano le misure correttive di cui all’articolo 15.

4. Le regioni e province autonome promuovono la formazione specifica sulle disposizioni del presente articolo, in coordinamento con il Ministero della salute e il CeNSiA, per i gestori dei sistemi idrici interni, gli idraulici e per gli altri professionisti che operano nei settori dei sistemi di distribuzione idrici interni e dell’installazione di prodotti da costruzione e materiali che entrano in contatto con l’acqua destinata al consumo umano, anche nell’ambito delle attività di formazione professionale e qualifica di cui al decreto 22 gennaio 2008, n. 37, e di altre norme regionali o provinciali di settore.

Art. 10 Requisiti minimi di igiene per i materiali che entrano a contatto con le acque destinate al consumo umano

1. Per l’espletamento degli obblighi generali di cui all’articolo 4, i materiali destinati a essere utilizzati in impianti nuovi o, in caso di riparazione o di totale o parziale sostituzione, in impianti esistenti per il prelievo, il trattamento, lo stoccaggio o la distribuzione delle acque destinate al consumo umano e che possono, in ogni modo, entrare a contatto con tali acque, non devono nel tempo:

a) compromettere direttamente o indirettamente la tutela della salute umana, come previsto dal presente decreto;

b) alterare il colore, l’odore o il sapore dell’acqua;

c) favorire la crescita microbica;

d) causare il rilascio in acqua di contaminanti a livelli superiori a quelli accettabili per il raggiungimento delle finalità previste per il loro utilizzo.

2. I materiali di cui al comma 1 non devono, nel tempo, modificare le caratteristiche degli scarichi derivanti dall’acqua con cui essi vengono posti a contatto, in modo tale da non consentire il rispetto dei valori limite di emissione degli scarichi idrici previsti nell’allegato 5, alla Parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006, e, in ogni caso, da non pregiudicare il rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici previsti all’articolo 101, commi 1 e 2, del medesimo decreto.

3. Nelle more dell’adozione e della relativa applicazione degli atti di esecuzione che la Commissione europea prevede di adottare per stabilire requisiti minimi armonizzati per i materiali sulla base dei principi sanciti nell’allegato V, ai materiali contemplati dal presente articolo si applicano le disposizioni nazionali stabilite nel decreto del Ministro della salute 6 aprile 2004, n. 174. Ai fini della tutela della salute umana, nel caso in cui sia necessario recepire evidenze scientifiche in letteratura, indicazioni fornite da organismi scientifici nazionali e internazionali o atti dell’UE, il Ministro della salute, in cooperazione con l’ISS, può adottare criteri aggiuntivi di idoneità per i materiali che entrano a contatto con l’acqua destinata al consumo umano.

Art. 11 Requisiti minimi per i reagenti chimici e i materiali filtranti attivi e passivi da impiegare nel trattamento delle acque destinate al consumo umano

1. Le disposizioni del presente articolo definiscono i requisiti dei reagenti chimici e dei materiali filtranti attivi e passivi da impiegare nel trattamento delle acque destinate al consumo umano (in prosieguo denominati «ReMaF»), definiti in allegato IX, sezione A, utilizzati nei processi tecnologici di trattamento, preparazione e distribuzione delle acque da destinare e destinate al consumo umano, immessi sul mercato nazionale successivamente alla data indicata al comma 4.

2. I ReMaF di cui al comma 1 devono essere compatibili con le caratteristiche dell’acqua con cui vengono posti a contatto e, per le finalità degli obblighi generali di cui all’articolo 4, in condizioni normali o prevedibili di utilizzo e di messa in opera, non devono nel tempo:

a) compromettere, direttamente o indirettamente, la sicurezza dell’acqua o la sua idoneità al consumo umano;

b) alterare il colore, l’odore o il sapore dell’acqua;

c) favorire indirettamente la crescita microbica;

d) rilasciare in acqua contaminanti a livelli superiori a quelli accettabili per il raggiungimento delle finalità previste con il trattamento.

3. I ReMaF non devono, nel tempo, modificare le caratteristiche degli scarichi derivanti dall’acqua con cui essi vengono posti a contatto, in modo tale da non consentire il rispetto dei valori limite di emissione degli scarichi idrici previsti nell’allegato 5, alla Parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006, e, in ogni caso, da non pregiudicare il rispetto degli obiettivi di qualità dei corpi idrici previsti all’articolo 101, commi 1 e 2, del medesimo decreto legislativo.

4. A decorrere dal 12 gennaio 2036, possono essere immessi sul mercato nazionale e utilizzati negli impianti di captazione, trattamento, stoccaggio, adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano, esclusivamente i ReMaF conformi al presente decreto, autorizzati dal CeNSiA e registrati nel sistema AnTeA secondo le modalità riportate nell’allegato IX, sezione E, previa certificazione di conformità ai requisiti tecnici di idoneità di cui alle sezioni B, C e D del medesimo allegato.

5. Per l’espletamento degli obblighi di cui al comma 4, a decorrere dal 12 gennaio 2026, gli operatori economici possono avviare l’iter di autorizzazione di un ReMaF secondo le procedure descritte nell’allegato IX, sezione E, sulla base della certificazione di conformità richiamata al comma 4, rilasciata da un Organismo di certificazione di terza parte accreditato UNI CEI EN ISO/IEC 17065 da un Ente di accreditamento designato ai sensi del Reg. (CE) 765/2008. L’autorizzazione del CeNSiA può essere concessa solo a un ReMaF che sia conforme ai requisiti tecnici di idoneità per l’uso convenuto, riportati in allegato IX, sezioni B, C e D.

6. Ai fini dell’immissione in commercio, successivamente all’autorizzazione e alla registrazione di cui ai commi 4 e 5, i ReMaF devono essere corredati da apposite attestazioni di rispondenza ai requisiti minimi stabiliti dal presente decreto quali una marcatura o etichettatura o stampigliatura ovvero una dichiarazione di conformità sostitutiva, nonché un codice alfanumerico identificativo univoco, rilasciate dal CeNSiA secondo le modalità riportate nell’allegato IX, sezione E.

7. L’elenco aggiornato dei ReMaF autorizzati ai sensi del presente decreto è pubblicato in una apposita sezione del sistema informativo centralizzato AnTeA, a norma dell’articolo 19, comma 4, lettera d).

8. Le attività di autorizzazione per l’immissione sul mercato nazionale dei ReMaF in conformità al presente decreto sono eseguite dal CeNSiA nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite ai sensi dell’articolo 19, comma 2, lettera b).

9. Un ReMaF in possesso di un’autorizzazione concessa da un altro Stato membro dell’Unione europea o facente parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) o dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA), può essere immesso sul mercato nazionale a condizione che lo stesso sia stato sottoposto a una valutazione igienico-sanitaria da parte di un Organismo tecnico-scientifico riconosciuto nel medesimo Paese, sulla base di criteri che garantiscano un livello di sicurezza per la salute umana equivalente a quello del presente decreto.

Ai fini dell’autorizzazione all’immissione in commercio, il CeNSiA riconosce l’autorizzazione concessa dallo Stato membro dell’Unione europea o facente parte del SEE o dell’EFTA, e procede alla registrazione secondo quanto stabilito in allegato IX, sezione E.

10. È consentita l’importazione per l’immissione sul mercato nazionale dei ReMaF non unionali o provenienti da Stati non appartenenti allo Spazio economico europeo o all’Accordo europeo di libero scambio, solo se conformi alle disposizioni del presente articolo, autorizzati e registrati secondo le modalità riportate nell’allegato IX, sezione E, previa certificazione di conformità ai requisiti tecnici di idoneità di cui alle sezioni B, C e D del medesimo allegato.

11. Gli Operatori economici che producono o commercializzano i ReMaF in conformità al presente decreto:

a) sono responsabili di garantire e mantenere costantemente per gli stessi il rispetto delle disposizioni stabilite nel presente decreto e sono tenuti a dimostrare di aver adeguatamente provveduto ai controlli e agli accertamenti necessari;

b) mettono a disposizione delle competenti autorità sanitarie che ne fanno richiesta, le informazioni necessarie a consentire la verifica della conformità dei ReMaF ai requisiti fissati nel presente decreto;

c) assicurano che ogni fornitura di ReMaF sia corredata delle attestazioni di rispondenza al presente decreto, descritte al comma 6;

d) informano tempestivamente l’Organismo di certificazione richiamato al comma 5, di qualsiasi modifica esercitata su uno specifico ReMaF già autorizzato o in fase di autorizzazione, inclusa quella riguardante il processo di produzione;

e) adottano, per quanto di competenza, misure idonee a prevenire fenomeni di contaminazione degli stessi durante le fasi di trasporto, stoccaggio e distribuzione, al fine di evitare possibili deterioramenti della qualità dell’acqua con cui essi saranno posti in contatto;

f) garantiscono la purezza e la qualità dei precursori impiegati nella generazione in situ dei reagenti chimici di cui al comma 12.

12. Nel caso dei reagenti chimici generati in situ da precursori, per quanto di competenza, l’obbligo di garantire la purezza e la qualità dei reagenti chimici generati sul luogo ricade sui fabbricanti o distributori dei dispositivi generatori e sui gestori idro-potabili che li utilizzano, al fine di assicurare gli obblighi di cui al comma 2.

13. Chiunque sia responsabile di interventi di captazione, trattamento, stoccaggio, adduzione e distribuzione delle acque destinate al consumo umano, è tenuto a:

a) utilizzare esclusivamente ReMaF autorizzati ai sensi del presente decreto e immessi sul mercato nazionale dalla data indicata al comma 4;

b) adottare misure idonee a prevenire fenomeni di contaminazione durante le fasi di trasporto, stoccaggio, distribuzione e installazione dei ReMaF, assicurando le condizioni di utilizzo previste per il ReMaF, al fine di evitare il deterioramento della qualità dell’acqua con cui essi saranno posti in contatto.

14. Chiunque si approvvigioni di ReMaF immessi sul mercato nazionale dalla data indicata al comma 4, conserva per almeno cinque anni dal loro utilizzo, preferibilmente in formato digitale, la relativa documentazione di acquisto e le attestazioni di rispondenza al presente decreto di cui al comma 6, rendendole disponibili all’autorità sanitaria locale territorialmente competente che ne fa richiesta.

15. La vigilanza sul territorio nazionale e all’importazione dei ReMaF prodotti, immessi sul mercato nazionale e utilizzati a decorrere dalla data indicata al comma 4, è esercitata rispettivamente dalle autorità sanitarie locali e dagli Uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera territorialmente competenti, in conformità con quanto previsto in allegato IX, sezione F.

16. I ReMaF immessi sul mercato nazionale prima della data indicata al comma 4 e conformi alle disposizioni previgenti, potranno essere utilizzati fino ad esaurimento delle scorte.

17. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai reagenti chimici da impiegare nei processi tecnologici connessi con la preparazione e la distribuzione delle acque destinate al consumo umano, definiti in allegato IX, sezione A1.

Art. 12 Controlli

1. I controlli volti a verificare la qualità delle acque destinate al consumo umano consistono nell’insieme di attività effettuate regolarmente e in conformità al presente articolo e all’allegato II, Parte A e B, al fine di garantire che le acque fornite soddisfino nel tempo gli obblighi generali di cui all’articolo 4.

2. Per l’adempimento dei controlli di cui al comma 1, le autorità sanitarie delle regioni e province autonome adottano opportuni programmi di controllo relativi alle filiere idro-potabili che insistono sul territorio di propria competenza, nel rispetto degli obiettivi generali e dei requisiti stabiliti all’allegato II, Parte A, avvalendosi delle autorità sanitarie locali territorialmente competenti e delle Agenzie del SNPA, coordinandosi con i gestori idro-potabili, e tenendo conto dei risultati della valutazione del rischio nelle forniture idro-potabili, laddove prevista, e delle aree di alimentazione dei punti di prelievo.

3. Per la verifica della qualità delle acque destinate al consumo umano, i programmi di controllo:

a) si basano sulla «zona di fornitura idro-potabile» di cui all’articolo 2, comma 1, lettera ii);

b) si articolano in controlli esterni e controlli interni, specificati negli articoli 13 e 14, pianificati in modo coordinato nel rispetto dei principi seguenti:

1) il numero di campioni previsto dalla Tabella 1 dell’allegato II, va suddiviso in parti uguali tra i controlli esterni e i controlli interni, conferendo priorità per i controlli interni alle fonti di approvvigionamento e per i controlli esterni al punto di utenza; nel caso il numero risultante dalla divisione non fosse intero, esso va arrotondato all’intero superiore;

2) i controlli esterni e i controlli interni sono distribuiti uniformemente nel corso dell’anno in modo da garantire che i valori ottenuti siano rappresentativi della qualità dell’acqua fornita o utilizzata nel corso dell’anno;

3) nell’assicurare il numero minimo di campioni annui previsto dalla Tabella 1 dell’allegato II, il programma di controllo garantisce comunque un’adeguata flessibilità in relazione a possibili evidenti circostanze contingenti o emergenziali che richiedano modifiche puntuali rispetto alla pianificazione generale;

c) contengono le specifiche descrizioni dei punti di prelievo dei campioni definiti dalle competenti autorità sanitarie, dei parametri, delle frequenze e dei metodi di campionamento, conformemente all’allegato II, definiscono i tempi e i modi per la sua attuazione e includono le azioni previste per sopperire ad eventuali casi di inerzia delle strutture coinvolte.

4. I programmi di controllo consistono degli elementi seguenti:

a) il controllo dei parametri elencati nell’allegato I, parti A, B e C, e dei parametri supplementari fissati ai sensi del comma 13;

è fatta salva la possibilità di rimuovere uno o più di tali parametri ad eccezione dei parametri fondamentali di cui all’allegato II, parte B, punto 1, gruppo A, o di aggiungere ulteriori parametri individuati sulla base della valutazione del rischio, dall’elenco dei controlli interni in capo al gestore idro-potabile, qualora per quel sistema di fornitura idro-potabile sia stato realizzato ed approvato un PSA;

b) il controllo dei parametri elencati nell’allegato I, parte D, ai fini della valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione idrica interni alle strutture prioritarie individuate all’allegato VIII;

c) il controllo ai fini dell’individuazione dei pericoli e degli eventi pericolosi, conformemente all’articolo 8, comma 2, lettera d);

d) il monitoraggio operativo svolto conformemente all’allegato II, parte A, punto 5;

e) il controllo delle sostanze o composti che figurano nell’«elenco di controllo» stabilito a norma del successivo comma 10; a tal fine, si tiene conto delle informazioni sulla valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione dei punti di prelievo raccolte a norma dell’articolo 7, dei dati di monitoraggio raccolti a norma del decreto legislativo n. 152 del 2006 e norme a questo collegate, al fine di evitare la sovrapposizione degli obblighi di controllo;

f) le verifiche e le ispezioni sanitarie nell’area di prelievo, di trattamento, di stoccaggio e delle infrastrutture di distribuzione delle acque, incluse le verifiche agli impianti di confezionamento di acqua in bottiglia o in contenitori, fermi restando i controlli prescritti ai fini delle valutazioni e gestioni del rischio delle forniture idro-potabili e delle aree di alimentazione dei punti di prelievo;

g) la distribuzione dei campioni in modo da garantire la rappresentatività della qualità delle acque distribuite durante l’anno, nel rispetto di quanto stabilito dall’allegato II.

5. Entro dodici mesi dalla data di messa in operatività del sistema informativo AnTeA a norma dell’articolo 19, comma 1, lettera b), le regioni e province autonome provvedono all’inserimento nel sistema delle informazioni sui programmi di controllo di cui al comma 4, lettere da a) a g), nonché di ogni eventuale integrazione o emendamento ai programmi, entro 30 giorni dai cambiamenti intervenuti.

6. Fino alla messa in atto del programma di controllo di cui al comma 4, da avviare entro i ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto, le autorità sanitarie delle regioni e province autonome provvedono affinché il numero minimo di campioni annui previsto dalla Tabella 1 dell’allegato II, sia assicurato mediante controlli esterni, e a che i controlli interni, sia rispetto ai punti di prelievo che alla frequenza, possano essere concordati con l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente.

7. Il controllo dei parametri elencati nell’allegato I, parti A, B, C e D, è definito e effettuato in conformità alle specifiche relative all’analisi dei parametri indicati nell’allegato III, nel rispetto dei principi seguenti:

a) possono essere usati metodi di analisi diversi da quelli indicati nell’allegato III, Parte A, per i quali sia stata valutata l’equivalenza secondo quanto previsto nello stesso allegato, purché si possa dimostrare che i risultati ottenuti sono affidabili almeno quanto quelli ottenuti con i metodi specificati nello stesso allegato, formulando richiesta in tal senso al CeNSiA che, previa valutazione del caso, comunicherà alla Commissione europea le informazioni pertinenti su tali metodi e sulla loro equivalenza;

b) per i parametri elencati nell’allegato III, Parte B, si può utilizzare qualsiasi metodo, a condizione che rispetti i requisiti di cui allo stesso allegato.

8. Ove necessario, il CeNSiA recepisce e rende disponibile sul territorio la metodologia per misurare le microplastiche in vista di includerle nell’«elenco di controllo» di cui al comma 10, che la Commissione europea prevede di stabilire con atto delegato entro il 12 gennaio 2024.

9. Ove necessario, il CeNSiA recepisce e rende disponibili sul territorio le Linee guida tecniche sui metodi analitici per quanto riguarda il monitoraggio delle sostanze per- e polifluoroalchiliche comprese nei parametri «PFAS-totale» e «somma di PFAS», compresi i limiti di rilevazione, i valori di parametro e la frequenza di campionamento, che la Commissione europea prevede di stabilire entro il 12 gennaio 2024.

10. Con decreto del Ministro della salute, se del caso di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, vengono recepiti, ove necessario, gli atti di esecuzione che la Commissione europea adotta per stabilire e aggiornare un «elenco di controllo» riguardante sostanze o composti che destano preoccupazioni per la salute presso l’opinione pubblica o la comunità scientifica, quali ad esempio i prodotti farmaceutici, i composti interferenti endocrini e le microplastiche.

11. L’«elenco di controllo»:

a) include sostanze e composti di cui è probabile la presenza nelle acque destinate al consumo umano e che potrebbero presentare un potenziale rischio per la salute umana;

b) riporta un valore indicativo per ciascuna sostanza o composto e, se necessario, un possibile metodo di analisi che non comporti costi eccessivi;

c) comprende il primo elenco di controllo stabilito con decisione di esecuzione (UE) 2022/679 della Commissione del 19 gennaio 2022, e che include il 17-betaestradiolo e il nonilfenolo.

12. L’autorità sanitaria territorialmente competente assicura controlli supplementari delle singole sostanze e dei singoli microrganismi non compresi nell’allegato I e per cui sono fissati valori di parametro supplementari, qualora vi sia motivo di sospettarne una presenza in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana; tali controlli sono effettuati mediante controlli esterni o, in alternativa o ad integrazione di questi, tramite controlli interni, nell’ambito o al di fuori del PSA del sistema di fornitura idro-potabile.

13. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, su proposta dell’ISS e previo parere del Consiglio superiore di sanità (CSS), sono fissati valori per parametri supplementari non riportati nell’allegato I qualora ciò sia necessario per tutelare la salute umana in una parte o in tutto il territorio nazionale; i valori fissati devono, al minimo, soddisfare i requisiti di cui all’articolo 4, comma 2), lettera a).

14. Ai fini dei controlli di cui al presente articolo, i laboratori o i terzi che ottengono appalti dai laboratori, che eseguono le analisi, sono conformi alle specifiche indicate nell’allegato III.

Art. 13 Controlli esterni

1. I controlli esterni sono i controlli svolti dall’Azienda sanitaria locale territorialmente competente per l’adempimento degli obblighi di cui all’articolo 12, sotto il coordinamento delle regioni e province autonome di appartenenza.

2. Le regioni e province autonome provvedono all’inserimento dei risultati dei controlli esterni nel sistema operativo centralizzato AnTeA entro i dodici mesi successivi alla istituzione del suddetto sistema a norma dell’articolo 19, comma 1, lettera b).

3. Nel caso di conformità dell’acqua ai parametri stabiliti all’allegato I, Parte A, B, C e D, la trasmissione dei risultati dei controlli esterni è effettuata entro novanta giorni dall’acquisizione dell’esito dei controlli e comunque non oltre centottanta giorni dal campionamento ovvero, nel caso di risultati non conformi, non oltre 48 ore dall’esito dei controlli, fatti salvi gli altri obblighi sulle misure correttive di cui all’articolo 15.

4. I risultati dei controlli esterni:

a) sono integrati da ogni altra informazione rilevante sulla qualità delle acque, in particolare sui risultati dei controlli funzionali al «giudizio di idoneità» di cui al comma 7, e su eventuali provvedimenti e limitazioni d’uso;

b) sono registrati in AnTeA, e resi accessibili dal CeNSiA agli EGATO di competenza e ad ARERA per le specifiche finalità di pertinenza.

5. Ove gli impianti del sistema di fornitura dell’acqua ricadano nell’area di competenza territoriale di più Aziende sanitarie locali, la regione o provincia autonoma può individuare l’Azienda alla quale attribuire la competenza in materia di controlli esterni; per gli impianti del sistema di fornitura dell’acqua interregionali, l’organo sanitario di controllo è individuato d’intesa fra le regioni e province autonome interessate.

6. Per le attività di analisi dei controlli esterni l’Azienda sanitaria locale può avvalersi di propri laboratori, dei laboratori del Sistema regionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici di cui all’articolo 2 del decreto ministeriale 9 giugno 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 luglio 2022, n. 155, o delle Agenzie Regionali per la protezione dell’ambiente di cui all’articolo 7 della legge 28 giugno 2016, n. 132.

7. Il giudizio di idoneità d’uso sull’acqua destinata al consumo umano spetta all’Azienda sanitaria locale territorialmente competente, e si fonda sulle caratteristiche qualitative delle acque da destinare al consumo umano, sull’adeguatezza degli eventuali trattamenti di potabilizzazione adottati, sulle risultanze delle valutazioni e gestione del rischio descritte negli articoli da 6 a 9, nonché sulla conformità dei risultati dei controlli stabiliti per le seguenti fattispecie:

a) nel caso di acque da destinare al consumo umano provenienti da nuovi approvvigionamenti, o per le quali non siano disponibili pregressi giudizi di idoneità, la destinazione al consumo umano è subordinata di norma alle risultanze dell’esame ispettivo e dei controlli analitici riferiti ai parametri delle Parti A e B in allegato I, eseguiti su base stagionale, con una frequenza minima di quattro campionamenti uniformemente distribuiti nel tempo, fatte salve le circostanze eccezionali di cui al comma 8;

b) nel caso di acque già distribuite per uso umano, i controlli esterni riferiti ai parametri delle Parti A e B in allegato I possono essere programmati con una frequenza ridotta rispetto alle acque di nuova utilizzazione di cui alla precedente lettera a), e il giudizio di idoneità d’uso si intende acquisito sempreché risultino conformi alla normativa almeno 4 recenti controlli analitici effettuati su tali acque e almeno un recente controllo ispettivo sul sistema di fornitura idro-potabile ne accerti l’adeguatezza ai fini del presente decreto.

8. In circostanze di accertata emergenza idro-potabile, e limitatamente al periodo dell’emergenza, ove l’accesso all’acqua non possa essere garantito con altri mezzi congrui, il giudizio di idoneità per acque da destinare per la prima volta al consumo umano può essere espresso anche in deroga ai controlli stagionali sopra indicati sulla base di valutazioni dell’Azienda sanitaria locale territorialmente competente, tenendo in particolare conto delle risultanze dell’analisi di rischio rese disponibili dal gestore idro-potabile ai sensi dell’articolo 8, di ogni esame ispettivo e indagine ritenuta appropriata agli scopi, e ponendo in essere, ove necessario, adeguate misure di controllo volte ad assicurare e fornire evidenza dell’assenza di rischi per la salute umana.

Art. 14 Controlli interni

1. I controlli interni sono i controlli svolti dal gestore idro-potabile per l’adempimento degli obblighi di cui all’articolo 12.

2. Per l’esecuzione dei controlli interni il gestore idro-potabile si avvale in primo luogo di propri laboratori di analisi o, in alternativa, di laboratori di altri gestori del servizio idrico integrato o anche di laboratori terzi, in tutti i casi conformi alle specifiche indicate nell’allegato III; i controlli interni non possono essere effettuati dai laboratori di analisi che operano i controlli esterni di cui all’articolo 13.

3. I gestori idro-potabili provvedono all’inserimento dei risultati dei controlli interni nel sistema operativo centralizzato AnTeA entro i dodici mesi successivi alla istituzione del suddetto sistema a norma dell’articolo 19, comma 1, lettera, b), comunicandoli contestualmente alle Aziende sanitarie locali e alle regioni e province competenti per territorio; i risultati dei controlli interni, conseguiti a seguito dei programmi di controllo di cui all’articolo 12, comma 2, contengono eventuali controlli integrativi straordinari attuati per le finalità del presente decreto.

4. Nel caso di conformità dell’acqua ai parametri stabiliti all’allegato I, Parte A, B, C e D, la trasmissione dei risultati dei controlli interni è effettuata entro novanta giorni dall’acquisizione dell’esito dei controlli e comunque non oltre centottanta giorni dal campionamento ovvero, nel caso di risultati non conformi, non oltre 48 ore dall’esito dei controlli, fatti salvi gli altri obblighi sulle misure correttive di cui all’articolo 15.

5. I risultati dei controlli interni registrati in AnTeA:

a) sono resi accessibili da parte del CeNSiA all’EGATO di competenza e ad ARERA per le specifiche finalità di pertinenza;

b) sono resi disponibili da parte del CeNSiA all’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) per le specifiche finalità di competenza, anche per adempiere agli obblighi di informazione di cui all’articolo 18 e assicurare la disponibilità delle informazioni a livello di Commissione europea e Agenzia europea per l’ambiente.

Art. 15 Provvedimenti correttivi e limitazioni d’uso

1. Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 16, in caso di inosservanza dei requisiti minimi per i valori di parametro stabiliti nell’allegato I, l’Azienda sanitaria locale territorialmente competente:

a) provvede affinché siano ricercate immediatamente le cause della non conformità;

b) nel caso di mancata conformità ai requisiti minimi per i valori di parametro stabiliti nell’allegato I, parti A e B, considera il potenziale pericolo per la salute umana, tranne nel caso in cui l’inosservanza del valore di parametro venga ritenuta trascurabile;

c) provvede affinché siano adottati quanto prima i provvedimenti correttivi necessari per ripristinare la qualità delle acque, tenuto conto, tra l’altro, dell’entità del superamento del valore di parametro pertinente e del relativo potenziale pericolo per la salute umana, secondo quanto descritto nel comma 2;

d) nel caso di superamento dei valori di parametro stabiliti nell’allegato I, Parte C, esamina se tale inosservanza costituisca un rischio per la salute umana e – limitatamente ai casi in cui sia necessario per tutelare la salute umana – adotta provvedimenti congrui a ripristinare la qualità delle acque;

e) nel caso di mancata conformità ai requisiti minimi per i valori di parametro stabiliti nell’allegato I, Parte D, provvede affinché siano applicate le misure correttive previste all’articolo 5, comma 4, e all’articolo 9, relativamente ai rischi associati ai sistemi di distribuzione idrica interni.

2. Nei casi di cui al comma 1, lettere b) e d), qualora l’Azienda sanitaria locale territorialmente competente consideri che l’inosservanza dei valori di parametro configuri un pericolo per la salute umana, sono tempestivamente adottate le seguenti azioni:

a) l’Azienda sanitaria locale territorialmente competente comunica al gestore e all’EGATO l’avvenuto superamento dei valori di parametro e, effettuate le valutazioni del caso, propone al Sindaco l’adozione di provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica proporzionati al rischio, compresi divieti e limitazioni d’uso, tenendo presente i pericoli per la salute umana che potrebbero derivare da un’interruzione della fornitura o da una limitazione di uso delle acque erogate;

b) il gestore idro-potabile, sentite l’Azienda sanitaria locale e l’EGATO, individuate tempestivamente le cause della non conformità, attua i correttivi gestionali di competenza necessari all’immediato ripristino della qualità delle acque erogate;

c) l’Azienda sanitaria locale territorialmente competente, una volta stabilito che non sussiste più alcun pericolo potenziale per la salute umana, propone tempestivamente al Sindaco la revoca dei provvedimenti cautelativi adottati ai sensi della lettera a), informando contestualmente l’EGATO ed il gestore idro-potabile.

3. Il sindaco, l’Azienda sanitaria locale, l’EGATO ed il gestore idro-potabile, ciascuno per quanto di propria competenza, informano i consumatori in ordine ai provvedimenti adottati e ai comportamenti da adottare ai sensi del comma 2, secondo i seguenti principi:

1) sono fornite informazioni a tutti i consumatori interessati in merito alla valutazione sul potenziale pericolo per la salute umana e sulle relative cause, al superamento del valore di parametro e ai provvedimenti correttivi intrapresi, alle condizioni di uso e consumo dell’acqua, compresi divieti, limitazioni dell’uso o altri provvedimenti;

2) le informazioni ai consumatori sono fornite e aggiornate periodicamente e tengono conto, in particolare, dei gruppi di popolazione maggiormente esposti a rischi per la salute connessi all’acqua; una volta stabilito che non sussiste più alcun pericolo potenziale per la salute umana, l’informazione sul ripristino del normale servizio è comunicata tempestivamente ai consumatori.

4. In caso di rilevamento di sostanze o composti inclusi nell’elenco di controllo di cui all’articolo 12, comma 10, in concentrazioni superiori ai valori indicativi in esso stabiliti, l’Autorità Sanitaria territorialmente competente:

a) in ottemperanza all’articolo 7, richiede alla regione o provincia autonoma un adeguato monitoraggio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano;

b) in ottemperanza all’articolo 8, richiede ai gestori idro-potabili la verifica che il trattamento delle acque sia adeguato a raggiungere il valore indicativo o, se necessario, l’ottimizzazione del trattamento stesso;

c) adotta eventuali provvedimenti ritenuti necessari per proteggere la salute umana conformemente ai commi 2 e 3;

5. Ferma restando la non mancata conformità rispetto ai valori di parametro stabiliti nell’allegato I, l’Autorità sanitaria locale provvede affinché la fornitura di acque destinate al consumo umano che rappresentano un potenziale pericolo per i consumatori, sia vietata o ne sia limitato l’uso e che sia preso ogni altro provvedimento correttivo necessario per tutelare la salute umana.

Art. 16 Deroghe

1. La regione o provincia autonoma può stabilire deroghe ai valori di parametro fissati nell’allegato I, Parte B, fino a un valore massimo ammissibile stabilito ai sensi del comma 3, purché nessuna deroga presenti potenziale pericolo per la salute umana e sempreché l’approvvigionamento di acque destinate al consumo umano conformi ai valori di parametro non possa essere assicurato con nessun altro mezzo congruo.

2. Le deroghe stabilite in base al comma 1, sono limitate alle seguenti situazioni:

a) punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano afferenti ad una nuova area di alimentazione;

b) una nuova fonte di inquinamento rilevata nelle aree di alimentazione dei punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano, per parametri recentemente ricercati o individuati;

c) una circostanza imprevista ed eccezionale in un’area di alimentazione utilizzata per i punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano, che potrebbe comportare un superamento limitato temporaneo dei valori di parametro.

3. Il valore massimo ammissibile di cui al comma 1 è stabilito con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, su motivata richiesta della regione o provincia autonoma trasmessa al Ministero della salute.

4. Le deroghe concesse dalla regione o provincia autonoma ai sensi del comma 1, non possono essere superiori ad un periodo di tre anni. Sei mesi prima della scadenza di tale periodo, la regione o provincia autonoma trasmette al Ministero della salute una circostanziata relazione sui risultati conseguiti nel periodo di deroga in ordine alla qualità delle acque, comunicando e documentando ai sensi di quanto disposto al comma 3, l’eventuale necessità di un ulteriore periodo di deroga.

5. In casi eccezionali, e comunque limitatamente alle situazioni di cui al precedente comma 2, lettera a) e b), su motivata richiesta della regione o provincia autonoma fondata sulla relazione sui risultati conseguiti prodotta ai sensi del comma 4, con decreto del Ministro della salute, da emanare di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, valutata la documentazione pervenuta, può essere consentita la concessione di una seconda deroga per un periodo inferiore ai tre anni.

6. Le richieste motivate per le deroghe di cui ai commi 1 e 5, dovranno riportate le seguenti informazioni:

a) motivi della richiesta di deroga, con indicazione della causa di non conformità della risorsa idrica;

b) parametri interessati, risultati dei controlli effettuati negli ultimi tre anni, valore massimo ammissibile in deroga proposto per ogni parametro;

c) area geografica, quantità di acqua fornita ogni giorno, popolazione coinvolta e eventuali effetti sugli operatori del settore alimentare interessati;

d) opportuno programma di controllo che preveda, se necessario, una maggiore frequenza dei controlli rispetto a quelli minimi previsti;

e) piano d’azione relativo alle necessarie misure correttive, compreso un calendario dei lavori, una stima dei costi, la relativa copertura finanziaria e le disposizioni per il riesame;

f) durata necessaria della deroga richiesta.

7. Il Ministero della salute comunica alla Commissione europea le motivazioni della sua decisione in merito alla seconda deroga, unitamente ai risultati del riesame, entro 3 mesi dalla concessione della deroga stessa da parte della regione o provincia autonoma.

8. I provvedimenti di deroga emanati dalle regioni e province autonome ai sensi del presente articolo, sono trasmessi al Ministero della salute e al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica entro e non oltre quindici giorni dalla loro adozione.

9. In deroga a quanto disposto dai commi da 1 a 8, se la regione o la provincia autonoma ritiene che l’inosservanza del valore di parametro sia trascurabile e se le azioni correttive intraprese a norma dell’articolo 15 sono sufficienti a risolvere il problema entro un periodo massimo di trenta giorni, fissa il valore massimo ammissibile per il parametro interessato e attua le necessarie misure per risolvere il problema non oltre il suddetto periodo, trasmettendo al Ministero della salute le informazioni sul ripristino della qualità dell’acqua.

10. Il ricorso alla procedura di cui al comma 9 non è consentito se l’inosservanza di uno stesso valore di parametro per un determinato approvvigionamento d’acqua si è verificata per oltre 30 giorni complessivi nel corso dei dodici mesi precedenti.

11. La regione o provincia autonoma che si avvale delle deroghe di cui al presente articolo provvede affinché la popolazione interessata sia tempestivamente e adeguatamente informata delle deroghe applicate e delle condizioni che le disciplinano. Ove occorra, la regione o provincia autonoma provvede inoltre a fornire raccomandazioni a gruppi specifici di popolazione per i quali la deroga possa costituire un rischio particolare. Le informazioni e raccomandazioni fornite alla popolazione fanno parte integrante del provvedimento di deroga. Gli obblighi di cui al presente comma sono osservati anche nei casi di cui al precedente comma 9, qualora la regione o la provincia autonoma lo ritenga opportuno.

12. La regione o provincia autonoma tiene conto delle deroghe adottate a norma del presente articolo ai fini della redazione dei piani di tutela delle acque e per ogni considerazione, valutazione e provvedimento correttivo previsto ai sensi degli articoli 7 e 8 e per la definizione dei programmi di controllo di cui all’articolo 12.

13. Il presente articolo non si applica alle acque fornite mediante cisterna ed a quelle confezionate in bottiglie o contenitori, rese disponibili per il consumo umano.

Art. 17 Accesso all’acqua destinata al consumo umano

1. Le regioni e province autonome adottano le misure necessarie per migliorare l’accesso di tutti alle acque destinate al consumo umano, in particolare assicurandone l’accesso ai gruppi vulnerabili ed emarginati, migliorandone l’accesso per chi già ne beneficia e promuovendo l’uso di acque di rubinetto.

2. Ad integrazione della legislazione vigente sul territorio nazionale volta a garantire la fornitura del quantitativo minimo vitale di acqua agli utenti domestici del servizio idrico integrato che versano in condizioni di documentato stato di disagio economico-sociale, al fine di assicurare gli obiettivi di cui al comma 1, le regioni e province autonome:

a) individuano sul proprio territorio le persone prive di accesso o con un accesso limitato alle acque destinate al consumo umano, compresi i gruppi vulnerabili tra cui senzatetto, rifugiati, individui appartenenti a culture minoritarie stanziali o nomadi, nonché i motivi di tale mancanza di accesso;

b) adottano le misure che ritengono necessarie e adeguate a garantire l’accesso all’acqua destinata al consumo umano;

c) adottano una disciplina volta a consentire e favorire l’accesso all’acqua, che comprenda obblighi di punti di accesso alle acque per gli edifici prioritari, quantomeno per aeroporti, stazioni, stabilimenti balneari;

d) adottano azioni volte a promuovere l’utilizzo di acqua potabile di rubinetto:

1) creando dispositivi e punti di erogazione dell’acqua all’esterno e all’interno degli spazi pubblici, nelle pubbliche amministrazioni e negli edifici pubblici, in modo proporzionato alla necessità di tali misure e tenendo conto delle condizioni locali specifiche, quali il clima e la geografia, e promuovendo la fruibilità dei punti di accesso all’acqua mediante appropriata informazione;

2) incoraggiando o incentivando la messa a disposizione di acqua potabile a titolo gratuito ai clienti di ristoranti, mense e servizi di ristorazione;

3) avviando campagne di informazione per i cittadini circa la qualità dell’acqua destinata a consumo umano.

3. Le regioni e province autonome rendono disponibili una serie di dati contenenti le informazioni relative alle misure adottate per migliorare l’accesso e promuovere l’uso delle acque destinate al consumo umano di cui al precedente comma 2, inclusa la percentuale della popolazione che ne ha l’accesso, trasmettendola nel sistema AnTeA entro il 12 gennaio 2029 e aggiornandola successivamente ogni sei anni; tali disposizioni non si applicano all’acqua in bottiglia o in contenitori.

4. Le regioni e province autonome adottano misure atte a rendere possibile un approvvigionamento idrico di emergenza per fornire acqua potabile rispondente ai requisiti minimi previsti dall’allegato I, per la quantità ed il periodo minimi necessari a far fronte a contingenti esigenze locali.

5. Le regioni e province autonome, negli ambiti di loro competenza, esercitano poteri sostitutivi in casi di inerzia delle autorità locali competenti nell’adozione dei provvedimenti necessari alla tutela della salute umana e all’accesso all’acqua.

Art. 18 Informazioni al pubblico

1. Fatte salve le disposizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 e al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32, i gestori idro-potabili assicurano agli utenti informazioni adeguate e aggiornate sulla produzione, gestione e qualità dell’acqua potabile fornita, conformemente all’allegato IV, punto A, e nel rispetto delle norme applicabili in materia di protezione dei dati.

2. Le informazioni di cui al comma 1 sono fornite a tutti gli utenti periodicamente, almeno una volta all’anno, nella forma più appropriata e facilmente accessibile, anche nella bolletta o con mezzi digitali quali applicazioni intelligenti, e comprendono almeno:

a) le informazioni concernenti la qualità delle acque destinate al consumo umano, inclusi i parametri indicatori;

b) il prezzo dell’acqua destinata al consumo umano fornita per litro e metro cubo;

c) il volume consumato dal nucleo familiare, almeno per anno o per periodo di fatturazione, nonché le tendenze del consumo familiare annuo, se tecnicamente fattibile e se tali informazioni sono a disposizione del gestore idro-potabile;

d) il confronto del consumo idrico annuo del nucleo familiare con la media nazionale, se applicabile, conformemente alla lettera c);

e) un collegamento al sito istituzionale contenente le informazioni di cui all’allegato IV.

3. Al fine di assicurare gli obiettivi del presente articolo, l’ARERA adotta le misure necessarie per quanto di competenza, nell’ambito delle disposizioni di disciplina e controllo del servizio idrico integrato.

4. Le informazioni di cui ai commi 1 e 2 sono rese disponibili da parte dei gestori idro-potabili nel cloud del PSA richiamato all’Allegato VI, Parte I, e trasmesse con periodicità almeno semestrale al CeNSiA attraverso il sistema AnTeA.

Art. 19 Istituzione del CeNSiA e di AnTeA e informazioni relative al controllo dell’attuazione della direttiva 2020/2184/UE

1. Ai fini di assicurare un approccio sistemico nell’implementazione del presente decreto e la gestione e comunicazione efficiente dei dati funzionali al controllo dell’attuazione del decreto stesso, garantendo l’accesso al pubblico alle informazioni, e lo scambio di dati e di comunicazioni tra le Autorità competenti nazionali e dell’Unione europea, e tra queste e gli operatori del settore idropotabile, sono istituiti presso l’ISS:

a) entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Centro nazionale per la sicurezza delle acque (CeNSiA), articolato in quattro aree funzionali: rischio microbiologico e virologico; rischio chimico; coordinamento, gestione e accesso ai dati; valutazione e approvazione di piani di sicurezza delle acque; il direttore del CeNSiA è scelto tra i dirigenti di ricerca dell’ISS ovvero tra professionalità di comprovata esperienza in Piani di sicurezza delle acque e protocollo su acqua e salute; per lo svolgimento delle proprie funzioni il CeNSiA si avvale di personale dell’ISS;

b) entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il sistema informativo centralizzato denominato «Anagrafe Territoriale dinamica delle Acque potabili (AnTeA)».

2. Le funzioni del CeNSiA di cui al punto a) del comma 1, sono le seguenti:

a) approvazione dei Piani di sicurezza delle acque (PSA), anche nell’ambito della valutazione della qualità tecnica dell’acqua e del servizio idrico integrato di competenza di ARERA; in particolare:

1) elaborazione, entro novanta giorni dalla data in entrata in operatività del Centro, delle «Linee guida per l’approvazione dei Piani di sicurezza dell’acqua per le forniture idro-potabili», ai sensi degli articoli 6 e 8, sulla base dei criteri stabiliti all’Allegato VI, e successivo inoltro alla Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell’acqua di cui all’articolo 20, per sottoporle a giudizio di valutazione e validazione da parte della Commissione stessa;

2) coordinamento del Gruppo nazionale di esperti per la verifica, valutazione e approvazione del PSA, come descritto nella Parte II, lettera C, dell’allegato VI, istituito con decreto del Ministero della salute, su proposta del CeNSiA, da adottarsi entro centottanta giorni dalla istituzione del CeNSiA, stabilita al comma 1, lettera a);

3) formazione continua e qualifica degli esperti del Gruppo nazionale di cui al punto 2);

4) verifica della conformità e funzionalità dei PSA anche attraverso verifiche ispettive sulla filiera idro-potabile e secondo quanto previsto dalle Linee guida richiamate al punto 1);

5) formulazione dei giudizi di approvazione dei PSA richiesti dai gestori idro-potabili ai sensi dell’articolo 8, comma 1, e successiva notifica del giudizio al gestore idro-potabile, alla regione e provincia autonoma, alla ASL di competenza e ad ARERA, e pubblicazione sul sistema AnTeA;

6) elaborazione delle rendicontazioni e programmazioni annuali sullo stato delle valutazioni e gestioni del rischio dei sistemi di fornitura idro-potabile, successivo inoltro alla Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell’acqua per la valutazione e approvazione ai sensi dell’articolo 20, comma 3, lettera d), e pubblicazione sul sistema AnTeA, anche ai fini dell’accessibilità delle informazioni alle autorità dell’Unione europea ai sensi del comma 3, lettera d), da effettuare entro il mese di marzo di ogni anno a partire dal 2030;

b) rilascio delle autorizzazioni per l’immissione sul mercato nazionale dei ReMaF in conformità al presente decreto;

c) gestione del sistema informativo centralizzato AnTeA, sulla base degli indirizzi del Ministero della salute e delle indicazioni fornite dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica con il supporto di ISPRA, in accordo ai successivi commi 4 e 5;

d) produzione e comunicazione di evidenze funzionali a garantire le azioni previste all’articolo 17, anche per quanto riguarda l’accesso universale ed equo a quantità adeguate di acqua potabile e a servizi igienici sicuri, aumentando la resilienza del ciclo idrico integrato rispetto a diversi scenari di pressioni climatiche e ambientali.

3. Il sistema AnTeA di cui al comma 1, lettera b), è allineato con i sistemi informativi istituiti a livello di Unione europea e con il riparto delle competenze delle Autorità nazionali sanitarie e ambientali preposte alla protezione e alla vigilanza sui corpi idrici da destinare al consumo umano e sulle acque destinate al consumo umano, e ha le seguenti finalità:

a) assicurare l’acquisizione, l’elaborazione, l’analisi e la condivisione di dati di monitoraggio e controllo relativi alla qualità delle acque da destinare e destinate a consumo umano, funzionali all’attuazione del presente decreto, con particolare riguardo agli obiettivi generali di cui all’articolo 4;

b) assicurare la comunicazione, l’integrazione e la condivisione dei dati tra le Autorità ambientali e sanitarie competenti a livello nazionale, regionale e locale, e tra queste e gli operatori del settore idropotabile;

c) garantire un idoneo accesso al pubblico delle informazioni di cui all’articolo 18 e all’allegato IV;

d) assicurare la disponibilità, l’aggiornamento e l’accessibilità delle informazioni e dei dati di cui al comma 6, alla Commissione europea, all’Agenzia Europea per l’Ambiente e al Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, al minimo della serie di informazioni contenenti i dati relativi al superamento dei valori di parametro e agli incidenti di una certa rilevanza;

e) assicurare lo scambio di informazioni per le rispettive finalità di competenza con ARERA, ISTAT e altre istituzioni nazionali, nonché con l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e altre organizzazioni internazionali.

4. Il sistema AnTeA contiene:

a) una serie di dati sulle informazioni al pubblico sulle misure adottate per migliorare l’accesso all’acqua di cui all’articolo 17, comma 3;

b) una serie di dati sulle valutazioni e gestioni del rischio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano, effettuate ai sensi dell’articolo 7, da rendere disponibile a decorrere dal 12 luglio 2027 e regolarmente aggiornata almeno ogni sei anni, compresi i seguenti elementi:

1) caratterizzazione delle aree di alimentazione per i punti di prelievo, come definito all’articolo 7, comma 3, lettera a);

2) risultati del monitoraggio nelle acque superficiali e nelle acque sotterranee di cui all’articolo 7, comma 3, lettera c);

3) in forma concisa, le informazioni sulle misure adottate ai sensi dell’articolo 7, comma 10;

c) per le finalità di cui al comma 3, lettera d), una serie di dati sulle valutazioni e gestioni del rischio dei sistemi di distribuzione idrica interni, effettuate ai sensi dell’articolo 6, comma 8, e in conformità all’articolo 9, da rendere disponibile a decorrere dal 12 gennaio 2029 e regolarmente aggiornata almeno ogni sei anni, compresi i seguenti elementi:

1) i risultati dei controlli dei parametri elencati in allegato I, Parte D;

2) in forma concisa, le informazioni sulle misure adottate, e sui progressi compiuti, anche per quanto concerne le misure tese a sostituire le componenti di piombo laddove è stato economicamente e tecnicamente fattibile;

d) una sezione dedicata alle informazioni relative alle richieste di autorizzazione e alle registrazioni dei ReMaF;

e) per le finalità di cui al comma 3, lettera d), una serie di dati sui risultati dei controlli di cui agli articoli 12, 13 e 14 nonché sui casi di superamento dei valori di parametro stabiliti nell’allegato I, parti A e B, da rendere disponibile a decorrere dal 12 gennaio 2029 e annualmente aggiornata, comprese le informazioni sui provvedimenti correttivi adottati in conformità all’articolo 15;

f) per le finalità di cui al comma 3, lettera d), una serie di dati e informazioni, da rendere disponibile a decorrere dal 12 gennaio 2029 e annualmente aggiornata, sugli incidenti attinenti all’acqua destinata al consumo umano che hanno generato un potenziale rischio per la salute umana, a prescindere da qualsiasi mancata conformità ai valori di parametro che si sia verificata, protrattisi per più di dieci giorni consecutivi e che abbiano interessato almeno mille persone, comprese le cause e i provvedimenti correttivi adottati in conformità dell’articolo 15;

g) per le finalità di cui al comma 3, lettera d), una serie di dati e informazioni, da rendere disponibile a decorrere dal 12 gennaio 2029 e opportunamente aggiornata, su tutte le deroghe concesse a norma dell’articolo 16, commi 4 e 5, comprese le informazioni previste all’articolo 16, comma 6.

5. Ove possibile, i servizi relativi ai dati territoriali ai sensi del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 32, di attuazione della direttiva 2007/2/CE, che istituisce un’infrastruttura per l’informazione territoriale nella Comunità europea (INSPIRE), sono utilizzati al fine di presentare la serie di dati di cui al comma 4.

6. Il CeNSiA recepisce, ove necessario, gli atti di esecuzione che la Commissione europea adotta per specificare il formato e le modalità della presentazione delle informazioni relative al controllo dell’attuazione da fornire a norma del presente articolo, rendendoli disponibili sul sistema informativo AnTeA.

Art. 20 Istituzione della Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell’acqua

1. Per le attività di approvazione delle valutazioni e gestioni del rischio di cui all’articolo 6, comma 6, con decreto del Ministero della salute, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è istituita la Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell’Acqua.

2. La Commissione nazionale di cui al comma 1, è composta da:

a) due rappresentanti del Ministero della salute, di cui uno con funzione di Presidente della Commissione;

b) un rappresentante dell’ISS, referente del CeNSiA;

c) un rappresentante del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;

d) un rappresentante del Ministero delle imprese e del made in Italy;

e) un rappresentante del Coordinamento Interregionale della Prevenzione, Commissione Salute, Conferenza delle regioni e delle province autonome;

f) un rappresentante di SNPA;

g) un rappresentante di ARERA;

h) un rappresentante degli EGATO.

3. Alla Commissione nazionale di cui al comma 1, sono attribuite le seguenti funzioni:

a) svolge compiti di indirizzo e sorveglianza in materia di valutazioni e gestioni del rischio dei sistemi di fornitura idro-potabile, secondo un piano triennale di azioni;

b) ai sensi degli articoli 6 e 8 e secondo i requisiti generali stabiliti in allegato VI, valuta, per l’approvazione, le Linee guida per l’approvazione dei Piani di sicurezza dell’acqua per le forniture idro-potabili di cui all’articolo 19, comma 2), lettera a), punto 1), e le successive revisioni;

c) su proposta del CeNSiA, definisce i criteri di qualifica degli esperti del «Gruppo nazionale di esperti per la verifica, valutazione e approvazione del PSA» di cui all’articolo 19, comma 2, lettera a), punto 2), e approva annualmente la composizione del Gruppo stesso;

d) valuta, per l’approvazione, su proposta del CeNSiA, le rendicontazioni e le programmazioni annuali sulle approvazioni delle valutazioni e gestioni del rischio dei sistemi di fornitura idro-potabile.

4. Ai componenti della Commissione di cui al comma 1 non sono corrisposti compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese ed altri emolumenti comunque denominati.

Art. 21 Revisione e modifica degli allegati

1. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, sono recepite:

a) le modifiche dell’allegato III sulle specifiche per l’analisi dei parametri, ove necessario, che la Commissione può apportare attraverso l’adozione di atti delegati, al fine di adeguarle alle nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche;

b) le modifiche del valore di parametro del bisfenolo-A nell’allegato I, Parte B, che la Commissione può apportare attraverso l’adozione di atti delegati, al fine di adeguarlo alle nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche.

Art. 22 Competenze delle regioni speciali e province autonome

1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.

Art. 23 Sanzioni

1. Salvo che il fatto costituisca reato:

a) il gestore idro-potabile che fornisce acqua destinata al consumo umano in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 4, comma 2, lett. a), b) e c), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 16.000 a 92.000 euro;

b) il gestore della distribuzione idrica interna che viola le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 3, per le acque fornite attraverso sistemi di distribuzione interni, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro;

c) chiunque utilizza in un’impresa alimentare, mediante incorporazione o contatto, acqua non conforme alle disposizioni di cui all’articolo 4, comma 2, lett. a), b) e c), seppur lo sia nel punto di consegna, per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione, l’immissione sul mercato di prodotti o sostanze destinate al consumo umano, che ha conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale e ripercussioni, dirette o indirette, sulla salute dei consumatori interessati, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro;

d) chiunque distribuisce acqua destinata al consumo umano attraverso case dell’acqua, in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 4, comma 2, lettere a), b) e c), è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro;

e) l’inosservanza dell’obbligo di implementazione di valutazione e gestione del rischio del sistema di fornitura idro-potabile ai sensi dell’articolo 8, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 a 24.000 euro;

f) l’inosservanza dell’obbligo di implementazione delle misure dirette a escludere rischi di contaminazione di acque destinate a consumo umano con acque di qualità non adeguata menzionate all’articolo 3, comma 1, lettera d), è punita con sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 12.000 euro;

g) l’inosservanza dell’obbligo di implementazione di valutazione e gestione del rischio del sistema di distribuzione idrica interno degli edifici prioritari e di talune navi ai sensi dell’articolo 9, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 5.000 euro;

h) l’inosservanza dell’obbligo di implementazione dei controlli interni ai sensi dell’articolo 14, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 a 24.000 euro;

i) l’inosservanza dei provvedimenti imposti dalle competenti Autorità per ripristinare la qualità delle acque destinate al consumo umano a tutela della salute umana, è punita:

1) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 2.000 euro se i provvedimenti riguardano edifici o strutture in cui l’acqua non è fornita al pubblico;

2) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 a 24.000 euro se i provvedimenti riguardano edifici o strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico;

3) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 a 48.000 euro se i provvedimenti riguardano i sistemi di fornitura idro-potabile;

l) la violazione degli adempimenti di trasmissione dei risultati dei controlli interni secondo le modalità di cui all’articolo 14, comma 3 e 4, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 5.000 euro;

m) il gestore idro-potabile che non ottempera agli obblighi di informazione al pubblico di cui all’articolo 18, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 12.000 euro;

n) la violazione dei criteri aggiuntivi di idoneità adottati ai sensi dell’articolo 10, comma 3, per i materiali che entrano a contatto con acqua destinata al consumo umano, o stabiliti per la valutazione della conformità dei ReMaF come indicato in allegato IX, è punita con il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 20.000 euro;

2. Salvo che il fatto costituisca reato, relativamente ai ReMaF prodotti ovvero immessi sul mercato nazionale successivamente alla data indicata all’articolo 11, comma 4:

a) chiunque immette sul mercato nazionale, o importa per l’immissione sul mercato nazionale, ReMaF in assenza o in difformità dell’autorizzazione rilasciata ai sensi dell’articolo 11, comma 5, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 8.000 a 48.000 euro;

b) chiunque utilizza ReMaF non conformi ai requisiti tecnici di idoneità per l’uso convenuto, riportati in allegato IX, sezioni B, C e D, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 a 30.000 euro;

c) l’operatore economico che non ottempera agli obblighi di informazione all’Organismo di certificazione sui ReMaF di cui all’articolo 11, comma 11, lettera d), è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 20.000 euro;

d) chiunque non ottempera agli oneri di conservazione della documentazione sui ReMaF di cui all’articolo 11, comma 14, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 5.000 euro.

3. All’accertamento e alla contestazione delle violazioni e all’applicazione delle sanzioni amministrative di cui al presente articolo, provvedono le autorità sanitarie locali territorialmente competenti.

4. I proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie accertate per le violazioni di cui al presente decreto dagli organi dello Stato nelle materie di competenza statale, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato. Il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

5. L’entità delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto è aggiornata ogni due anni, sulla base delle variazioni dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, rilevato dall’ISTAT, mediante decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute.

6. Per quanto non previsto dal presente decreto, si applicano le disposizioni del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689.

7. Per la graduazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, l’autorità competente, oltre ai criteri di cui all’articolo 11 della legge n. 689 del 1981, può tener conto dei danni cagionati a cose o persone per effetto della violazione di disposizioni del presente decreto.

Art. 24 Norme transitorie

1. Le autorità ambientali e sanitarie e i gestori idro-potabili adottano con ogni tempestività, e comunque non oltre il 12 gennaio 2026, le misure necessarie a garantire che le acque destinate al consumo umano soddisfino i valori di parametro di cui all’allegato I, Parte B, per quanto riguarda: bisfenolo-A, clorato, acidi aloacetici, microcistina-LR, PFAS-totale, somma di PFAS e uranio.

2. Il controllo dei parametri di cui al comma 1 assume carattere di obbligo a decorrere dal 12 gennaio 2026.

Art. 25 Abrogazioni

1. Alla data di entrata in vigore del presente decreto, il decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, è abrogato e i rinvii operati dalla normativa vigente a tale decreto legislativo si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.

Art. 26 Disposizioni finanziarie

1. Dall’attuazione del presente decreto, ad eccezione dei commi 2 e 3, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le Amministrazioni interessate svolgono le attività previste dal presente decreto con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

2. Agli oneri derivanti dalla istituzione e pubblicazione di AnTeA di cui all’articolo 19, comma 1, lettera b), pari a 2,5 milioni di euro per l’anno 2023, si provvede a valere sulle risorse del Piano Nazionale per gli Investimenti complementari di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), numero 1, del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101.

3. Per le attività di cui all’articolo 19, comma 2, nonché per gli oneri di funzionamento del sistema informativo centralizzato AnTeA di cui al suddetto articolo 19, comma 1, lettera b), è autorizzata la spesa complessiva di 1,6 milioni di euro per l’anno 2023 e di 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024. Ai relativi oneri, pari a 1,6 milioni di euro per l’anno 2023 e a 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024 si provvede mediante corrispondente versamento ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato delle risorse di cui al «Conto per la promozione della qualità dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione» presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA).

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.