Corte giustizia UE grande sezione – 7 febbraio 2023, n. 688

La mutagenesi casuale in vitro (OGM) non è automaticamente esclusa dalla deroga ai controlli previsti dalla normativa UE

L’emissione nell’ambiente o l’immissione in commercio, senza aver condotto a buon fine una procedura di valutazione dei rischi, di organismi ottenuti mediante una tecnica o un metodo di mutagenesi che presentino caratteristiche diverse da quelle di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza può comportare, in taluni casi, effetti negativi, eventualmente irreversibili e che interessano diversi Stati membri, sulla salute umana e sull’ambiente, anche qualora tali caratteristiche non riguardino le modalità di modificazione, da parte dell’agente mutageno, del materiale genetico dell’organismo interessato.

Nella causa C-688/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), con decisione dell’8 novembre 2021, pervenuta in cancelleria il 17 novembre 2021, nel procedimento

Confédération paysanne,

Réseau Semences Paysannes,

Les Amis de la Terre France,

Collectif Vigilance OGM et Pesticides 16,

Vigilance OG2M,

CSFV 49,

OGM: dangers,

Vigilance OGM 33,

Fédération Nature et Progrès

contro

Premier ministre,

Ministre de l’Agriculture et de l’Alimentation,

con l’intervento di:

Fédération française des producteurs d’oléagineux et de protéagineux,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen (relatore), vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, E. Regan e L.S. Rossi, presidenti di sezione, M. Ilešic, S. Rodin, N. Piçarra, I. Jarukaitis, A. Kumin, I. Ziemele, M. Gavalec, Z. Csehi e O. Spineanu-Matei, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: R. Stefanova-Kamisheva, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 giugno 2022,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Confédération paysanne, il Réseau Semences Paysannes, Les Amis de la Terre France, il Collectif Vigilance OGM et Pesticides 16, Vigilance OG2M, CSFV 49, OGM: dangers, Vigilance OGM 33 e la Fédération Nature et Progrès, da G. Tumerelle, avocat;

– per la Fédération française des producteurs d’oléagineux et de protéagineux, da M.-A. de Chillaz e B. Le Bret, avocats;

– per il governo francese, da G. Bain e J.-L. Carré, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, da F. Castilla Contreras, B. Eggers, I. Galindo Martín e C. Valero, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 ottobre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, e dell’allegato I B, punto 1, della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU 2001, L 106, pag. 1).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Confédération paysanne, il Réseau Semences Paysannes, Les Amis de la Terre France, il Collectif Vigilance OGM et Pesticides 16, Vigilance OG2M, CFSV 49, OGM: dangers, Vigilance OGM 33 e la Fédération Nature et Progrès e, dall’altro, il Premier ministre (Primo ministro, Francia) e il ministre de l’Agriculture et de l’Alimentation (Ministro dell’Agricoltura e dell’Alimentazione, Francia), in merito all’esecuzione di un’ingiunzione giudiziaria per l’adozione di misure volte, in particolare, a stabilire l’elenco delle tecniche o metodi di mutagenesi, utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, da escludere dall’ambito di applicazione della normativa francese di recepimento della direttiva 2001/18.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3 Il considerando 17 della direttiva 2001/18 è così redatto:

«La presente direttiva non concerne gli organismi ottenuti attraverso determinate tecniche di modificazione genetica utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza».

4 Ai sensi dell’articolo 1 di tale direttiva:

«Nel rispetto del principio precauzionale, la presente direttiva mira al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri e alla tutela della salute umana e dell’ambiente quando:

– si emettono deliberatamente nell’ambiente organismi geneticamente modificati a scopo diverso dall’immissione in commercio all’interno dell[‘Unione europea],

– si immettono in commercio all’interno dell[‘Unione] organismi geneticamente modificati come tali o contenuti in prodotti».

5 L’articolo 2 della direttiva in parola dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

2) “organismo geneticamente modificato (OGM)”, un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale.

Ai fini della presente definizione:

a) una modificazione genetica è ottenuta almeno mediante l’impiego delle tecniche elencate nell’allegato I A, parte 1;

b) le tecniche elencate nell’allegato I A, parte 2 non sono considerate tecniche che hanno per effetto una modificazione genetica;

(…)».

6 L’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva così prevede:

«La presente direttiva non si applica agli organismi ottenuti con le tecniche di modificazione genetica di cui all’allegato I B».

7 L’allegato I A della direttiva 2001/18, intitolato «Tecniche di cui all’articolo 2, [punto] 2», è formulato nel seguente modo:

«Parte 1

Le tecniche di modificazione genetica di cui all’articolo 2, [punto] 2, lettera a), comprendono tra l’altro:

1) tecniche di ricombinazione dell’acido [desossiribo]nucleico che comportano la formazione di nuove combinazioni di materiale genetico mediante inserimento (…) di molecole di acido nucleico (…);

2) tecniche che comportano l’introduzione diretta in un organismo di materiale ereditabile preparato al suo esterno, (…);

3) fusione cellulare (inclusa la fusione di protoplasti) o tecniche di ibridazione (…).

Parte 2

Tecniche di cui all’articolo 2, [punto] 2, lettera b), che non si ritiene producano modificazioni genetiche, a condizione che non comportino l’impiego di molecole di acido nucleico ricombinante o di organismi geneticamente modificati prodotti con tecniche o metodi diversi da quelli esclusi dall’allegato I B:

1) fecondazione in vitro;

2) processi naturali, quali la coniugazione, la trasduzione e la trasformazione;

3) induzione della poliploidia».

8 L’allegato I B di tale direttiva, intitolato «Tecniche di cui all’articolo 3», prevede quanto segue:

«Le tecniche o i metodi di modificazione genetica che implicano l’esclusione degli organismi dal campo di applicazione della presente direttiva, a condizione che non comportino l’impiego di molecole di acido nucleico ricombinante o di organismi geneticamente modificati diversi da quelli prodotti mediante una o più tecniche oppure uno o più metodi elencati qui di seguito sono:

1) la mutagenesi;

2) la fusione cellulare (inclusa la fusione di protoplasti) di cellule vegetali di organismi che possono scambiare materiale genetico anche con metodi di riproduzione tradizionali».

Diritto francese

9 Ai sensi dell’articolo L. 531-2 del Code de l’environnement (codice dell’ambiente):

«Non sono soggetti alle disposizioni del presente titolo e degli articoli L. 125-3 e L. 515-13 gli organismi geneticamente modificati ottenuti con tecniche che, per il loro carattere naturale, non sono considerate come determinanti una modificazione genetica o quelle che sono state oggetto di un utilizzo convenzionale, senza danni comprovati alla salute pubblica o all’ambiente.

L’elenco di tali tecniche è stabilito con decreto previo parere dell’Haut Conseil des biotechnologies [Consiglio superiore per le biotecnologie]».

10 L’articolo D. 531-2 dello stesso codice dispone quanto segue:

«Le tecniche indicate all’articolo L. 531-2, che non sono considerate tecniche che hanno per effetto una modificazione genetica, sono le seguenti:

(…)

2° A condizione che esse non comportino l’impiego di organismi geneticamente modificati in quanto organismi riceventi o parentali:

a) la mutagenesi;

(…)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

11 Con ricorso del 12 marzo 2015, i ricorrenti nel procedimento principale, un sindacato agricolo francese e otto associazioni aventi come scopo la tutela dell’ambiente e la diffusione d’informazioni riguardanti i pericoli che gli OGM comportano, hanno chiesto al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), giudice del rinvio, da un lato, di annullare la decisione implicita di rigetto, da parte del Primo ministro, della loro domanda diretta, segnatamente, in primo luogo, all’abrogazione dell’articolo D. 531-2 del codice dell’ambiente, che traspone la direttiva 2001/18, il quale esclude la mutagenesi dalla definizione delle tecniche che hanno per effetto una modificazione genetica ai sensi di detto codice e, in secondo luogo, a vietare la coltivazione e la commercializzazione delle varietà di colza rese resistenti agli erbicidi, ottenute attraverso mutagenesi, e, dall’altro, di ingiungere al Primo ministro, a pena di una sanzione pecuniaria, di adottare tutte le misure necessarie per attuare una moratoria sulle varietà di piante rese resistenti agli erbicidi ottenute attraverso mutagenesi.

12 Con decisione del 3 ottobre 2016, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha sottoposto alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, la quale ha dato luogo alla sentenza del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a. (C-528/16, EU:C:2018:583).

13 A seguito di tale sentenza, il giudice del rinvio, con decisione del 7 febbraio 2020 (in prosieguo: la «decisione del 7 febbraio 2020»), ha annullato la decisione implicita di cui al punto 11 della presente sentenza e ha ingiunto al Primo ministro, tra l’altro, di predisporre, entro sei mesi dalla notifica della decisione in questione, l’elenco tassativo delle tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.

14 Con la decisione del 7 febbraio 2020, tale giudice ha ritenuto che dalla sentenza del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a. (C-528/16, EU:C:2018:583), risulta che devono essere inclusi nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/18 gli organismi ottenuti per mezzo di tecniche o metodi che siano emersi o si siano principalmente sviluppati successivamente alla data di adozione della direttiva citata. Al riguardo, detto giudice ha ritenuto che sia le tecniche o metodi detti «diretti» o «di editing genomico» sia le tecniche di «mutagenesi casuale in vitro» siano emerse successivamente o si siano principalmente sviluppate in un momento successivo a tale data e che, pertanto, le tecniche o i metodi menzionati debbano essere considerati soggetti agli obblighi imposti dalla direttiva in discorso.

15 Per ottemperare all’ingiunzione pronunciata dallo stesso giudice, il governo francese ha elaborato, in particolare, un progetto di decreto relativo alla modifica dell’elenco delle tecniche di ottenimento degli OGM che sono state oggetto di un utilizzo convenzionale, senza danni comprovati alla salute pubblica o all’ambiente, ai sensi dell’articolo L. 531-2 del codice dell’ambiente. Tale progetto di decreto prevedeva che la mutagenesi casuale, ad eccezione della mutagenesi casuale in vitro, dovesse essere considerata come rientrante in un siffatto utilizzo.

16 In seguito alla notifica del suddetto progetto di decreto, in applicazione della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 2015, L 241, pag. 1), la Commissione europea ha emesso un parere circostanziato. In tale parere essa ha affermato in particolare che, in base al diritto dell’Unione e alla luce dei progressi scientifici, non era giustificato operare una distinzione tra la mutagenesi casuale in vivo e la mutagenesi casuale in vitro.

17 Poiché il medesimo progetto di decreto non è stato adottato dalle autorità francesi entro il termine fissato dalla decisione del 7 febbraio 2020, i ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto al Conseil d’État (Consiglio di Stato), con ricorso del 12 ottobre 2020, di dare esecuzione alla decisione in questione.

18 Il giudice del rinvio rileva che da un parere emesso dall’Haut Conseil des biotechnologies (Consiglio superiore per le biotecnologie) emerge che i meccanismi di riparazione dell’acido desossiribonucleico (DNA) attivati dalle alterazioni indotte da un agente mutageno sono identici, indipendentemente dal fatto che le cellule siano coltivate in vitro o in vivo. Tuttavia, la coltura in vitro comporterebbe variazioni genetiche ed epigenetiche, indicate con il nome di «variazioni somaclonali», che sono più frequenti delle mutazioni spontanee.

19 In tale contesto, detto giudice ritiene che, per stabilire quali tecniche di mutagenesi costituiscano tecniche o metodi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, che esulano dal regime di controllo previsto dalla direttiva 2001/18, si contrappongano due approcci. Secondo un primo approccio, a tal fine si deve tener conto del solo processo di modificazione del materiale genetico. Secondo un secondo approccio, occorre prendere in considerazione tutti gli effetti sull’organismo del procedimento utilizzato, qualora possano incidere sulla salute umana o sull’ambiente, compresi quelli che possono produrre variazioni somaclonali.

20 Tale giudice ritiene inoltre che, qualora si dovesse adottare il secondo approccio, occorrerebbe precisare gli elementi rilevanti per valutare se una tecnica o un metodo abbia una lunga tradizione di sicurezza. Infatti, considerati gli usi della mutagenesi casuale in vitro precedenti all’adozione della direttiva 2001/18, sarebbe necessario stabilire se al riguardo occorra disporre di dati sufficienti relativi alle colture a pieno campo di organismi ottenuti mediante tale tecnica o metodo o se, al contrario, detta sicurezza possa essere accertata anche sulla base di lavori e di pubblicazioni di ricerche che non riguardano le colture considerate.

21 In tali circostanze, il Conseil d’État (Consiglio di Stato) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [2001/18], in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, di tale direttiva e alla luce del considerando 17 della stessa, debba essere interpretato nel senso che, per distinguere tra le tecniche o metodi di mutagenesi e le tecniche o metodi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, ai sensi della sentenza [del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a. (C-528/16, EU:C:2018:583)], è necessario tenere conto solo delle modalità in base alle quali l’agente mutageno modifica il materiale genetico dell’organismo oppure (…) prendere in considerazione tutte le variazioni dell’organismo indotte dal processo utilizzato, comprese le variazioni somaclonali, che possono incidere sulla salute umana e sull’ambiente.

2) Se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [2001/18], in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, di tale direttiva e alla luce del considerando 17 della stessa, debba essere interpretato nel senso che, per stabilire se una tecnica o un metodo di mutagenesi sia stato utilizzato convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, ai sensi della sentenza [del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a. (C-528/16, EU:C:2018:583)], occorre prendere in considerazione solo le colture in pieno campo degli organismi ottenuti mediante tale metodo o tecnica o possono essere presi in considerazione anche i lavori di ricerca e le pubblicazioni che non riguardano tali colture, e se, tra questi ultimi, debbano essere considerati solo quelli relativi ai rischi per la salute umana o per l’ambiente».

Sul procedimento dinanzi alla Corte

22 Il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte che il presente rinvio pregiudiziale sia sottoposto a procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte.

23 A sostegno di tale domanda, detto giudice afferma che, in applicazione delle norme processuali francesi, egli deve giudicare con urgenza il procedimento principale, che tale procedimento verte su rischi particolari per la salute umana e per l’ambiente e che esso solleva una controversia che coinvolge la Commissione e un numero significativo di Stati membri.

24 L’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, possa decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato, in deroga alle disposizioni di tale regolamento.

25 Nel caso di specie, il presidente della Corte ha deciso, il 10 dicembre 2021, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, che non doveva accogliersi la domanda di cui al punto 22 della presente sentenza.

26 Infatti, occorre, in primo luogo, sottolineare che la necessità del rapido trattamento di una causa pendente dinanzi alla Corte non può scaturire dal solo fatto che la domanda di pronuncia pregiudiziale sia stata proposta nell’ambito di un procedimento che, nell’ordinamento nazionale, riveste carattere d’urgenza e che il giudice del rinvio sia tenuto a garantire una celere risoluzione della controversia (ordinanza del presidente della Corte del 7 ottobre 2013, Rabal Cañas, C-392/13, non pubblicata, EU:C:2013:877, punto 15 e giurisprudenza ivi citata).

27 In secondo luogo, se l’applicazione del procedimento accelerato può essere giustificata quando sussiste un notevole rischio che si producano conseguenze ambientali irrimediabili nell’attesa della decisione della Corte (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 13 aprile 2016, Pesce e a., C-78/16 e C-79/16, non pubblicata, EU:C:2016:251, punto 10), dall’ordinanza di rinvio non risulta che un rischio di tal genere ricorra nel procedimento principale, pendente dal 2015 e in cui il giudice del rinvio deve pronunciarsi su una potenziale revisione di una normativa nazionale in vigore da diversi anni.

28 In terzo luogo, per quanto riguarda la circostanza che tale causa ha sollevato una controversia che coinvolge la Commissione e un numero significativo di Stati membri, va ricordato che, sebbene non esista, in linea di principio, alcuna correlazione tra il grado di difficoltà di una causa e l’urgenza che vi sia di decidere sulla stessa, il fatto che una causa sollevi, come nel caso specifico, problemi giuridici sensibili e complessi può ostare all’applicazione del procedimento accelerato (v., in tale senso, sentenza del 29 marzo 2022, Getin Noble Bank, C-132/20, EU:C:2022:235, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

29 La Fédération française des producteurs d’oléagineux et de protéagineux (Federazione francese dei produttori di semi oleosi e colture proteiche) sostiene che una risposta della Corte alla domanda di pronuncia pregiudiziale non è necessaria per dirimere la controversia principale e che tale domanda è, di conseguenza, irricevibile.

30 Da un lato, il giudice del rinvio disporrebbe già, sulla base della sentenza del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a. (C-528/16, EU:C:2018:583), e del fascicolo nazionale, di elementi sufficienti per risolvere la controversia principale dichiarando che, poiché la mutagenesi casuale in vitro è utilizzata convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, tale tecnica o metodo non ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/18.

31 Dall’altro lato, detto giudice non potrebbe nutrire ragionevoli dubbi quanto alla fondatezza di una simile valutazione, poiché dal parere circostanziato adottato dalla Commissione, citato al punto 16 della presente sentenza, risulterebbe che la decisione del 7 febbraio 2020, la cui esecuzione è in discussione nel procedimento principale, è contraria al diritto dell’Unione in quanto distingue i rispettivi regimi della mutagenesi casuale in vivo e della mutagenesi casuale in vitro.

32 Al riguardo si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria decisione sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 15 luglio 2021, The Department for Communities in Northern Ireland, C-709/20, EU:C:2021:602, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

33 Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 15 luglio 2021, The Department for Communities in Northern Ireland, C-709/20, EU:C:2021:602, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

34 Nel caso di specie, le questioni poste mirano ad ottenere dalla Corte precisazioni che consentano al Conseil d’État (Consiglio di Stato) di stabilire se, alla luce degli elementi da esso rilevati in merito alle caratteristiche e agli usi della mutagenesi casuale in vitro e degli elementi che emergono dal parere circostanziato della Commissione citato al punto 16 della presente sentenza, vi sia motivo di ritenere che tale tecnica o metodo rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/18. Pertanto, la fondatezza dell’argomentazione addotta dalla Fédération française des producteurs d’oléagineux et de protéagineux (Federazione francese dei produttori di semi oleosi e colture proteiche), secondo cui simili elementi sono sufficienti per dichiarare che così non è dipende dalla risposta fornita a tali questioni e l’argomentazione in parola non può, in ogni caso, consentire di considerare irricevibili dette questioni.

35 Inoltre, anche supponendo che, come suggerisce la Fédération française des producteurs d’oléagineux et de protéagineux (Federazione francese dei produttori di semi oleosi e colture proteiche), la soluzione della controversia principale possa essere desunta dalla sentenza del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a. (C-528/16, EU:C:2018:583), e non lasci adito ad alcun ragionevole dubbio, simili circostanze non sarebbero atte a dimostrare l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. Tali circostanze possono tutt’al più esonerare il giudice del rinvio dall’obbligo di rinvio ad esso incombente in forza dell’articolo 267, terzo comma, TFUE.

36 Infatti, da una parte, anche in presenza di una giurisprudenza della Corte che risolva il punto di diritto di cui trattasi, i giudici nazionali mantengono la più ampia facoltà di adire la Corte qualora lo ritengano opportuno, senza che il fatto che le disposizioni di cui si chiede l’interpretazione siano già state interpretate dalla Corte possa ostacolare una nuova pronuncia da parte della stessa (v., in tale senso, sentenze del 27 marzo 1963, Da Costa e a., da 28/62 a 30/62, EU:C:1963:6, pag. 74; del 6 ottobre 1982, Cilfit e a., 283/81, EU:C:1982:335, punti 13 e 15, nonché del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C-561/19, EU:C:2021:799, punti 36 e 37). Dall’altra, non è in alcun modo fatto divieto al giudice nazionale di sottoporre alla Corte questioni pregiudiziali la cui risposta, secondo il parere di una delle parti del procedimento principale, non lasci adito a ragionevoli dubbi (v., in tale senso, sentenze del 1° dicembre 2011, Painer, C-145/10, EU:C:2011:798, punti 64 e 65, nonché del 24 febbraio 2022, Viva Telecom Bulgaria, C-257/20, EU:C:2022:125, punto 42).

37 Alla luce di quanto precede, la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere dichiarata ricevibile.

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

38 Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, di tale direttiva e alla luce del suo considerando 17, debba essere interpretato nel senso che gli organismi ottenuti mediante l’applicazione di una tecnica o di un metodo di mutagenesi, fondati su modalità di modificazione, da parte dell’agente mutageno, del materiale genetico dell’organismo interessato che sono le stesse di una tecnica o metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, ma che differisce da questa seconda tecnica o metodo di mutagenesi per altre caratteristiche, tra cui l’utilizzo di colture in vitro, sono esclusi dalla deroga prevista da tale disposizione.

39 Conformemente ad una giurisprudenza costante della Corte, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18 deve essere interpretato tenendo conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi della normativa di cui essa fa parte (v., in tale senso, sentenza del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a., C-528/16, EU:C:2018:583, punto 42).

40 Mentre dall’articolo 2, punto 2, della direttiva 2001/18 si evince che gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi costituiscono OGM ai sensi di tale direttiva, soggetti agli obblighi ivi stabiliti (v., in tale senso, sentenza del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a., C-528/16, EU:C:2018:583, punto 38), dall’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, relativo alle deroghe, risulta che essa non si applica agli organismi ottenuti mediante le tecniche di modificazione genetica elencate nell’allegato I B della direttiva citata.

41 Tale allegato I B elenca le tecniche o i metodi di modificazione genetica che producono organismi da escludere dal campo di applicazione della stessa direttiva, a condizione che non comportino l’impiego di molecole di acido nucleico ricombinante o di OGM diversi da quelli prodotti mediante una o più tecniche oppure uno o più metodi elencati nell’allegato in questione. Tra tali tecniche o metodi, il punto 1 del medesimo allegato menziona la mutagenesi.

42 In tali circostanze, la formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della stessa, non fornisce, di per sé, alcuna indicazione dirimente quanto agli organismi che il legislatore dell’Unione europea ha inteso escludere dall’ambito di applicazione della direttiva di cui trattasi.

43 Ciò premesso, il considerando 17 della direttiva 2001/18 chiarisce i criteri pertinenti per ritenere che un organismo non sia soggetto agli obblighi previsti dalla direttiva in questione, enunciando che essa non concerne gli organismi ottenuti attraverso determinate tecniche di modificazione genetica utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza (v., in tale senso, sentenza del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a., C-528/16, EU:C:2018:583, punti da 44 a 46).

44 Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della stessa, deve essere interpretato tenendo conto dell’obiettivo di tale direttiva, quale emerge dall’articolo 1 della stessa, ossia, nel rispetto del principio precauzionale, la tutela della salute umana e dell’ambiente, da un lato, quando si emettono deliberatamente nell’ambiente OGM a scopo diverso dall’immissione in commercio all’interno dell’Unione e, dall’altro, quando si immettono in commercio all’interno dell’Unione OGM come tali o contenuti in prodotti (v., in tale senso, sentenza del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a., C-528/16, EU:C:2018:583, punto 52).

45 Orbene, un’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della stessa, che escludesse dall’ambito di applicazione di tale direttiva gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi, senza alcuna distinzione, pregiudicherebbe l’obiettivo di tutela della salute umana e dell’ambiente perseguito dalla direttiva in parola e violerebbe il principio precauzionale che essa mira ad attuare (v., in tale senso, sentenza del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a., C-528/16, EU:C:2018:583, punto 53).

46 Alla luce, in particolare, degli elementi che precedono, la Corte ha dichiarato che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, di tale direttiva e alla luce del considerando 17 della stessa, deve essere interpretato nel senso che sono esclusi dall’ambito di applicazione di detta direttiva solo gli organismi ottenuti mediante tecniche o metodi di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza (v., in tale senso, sentenza del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a., C-528/16, EU:C:2018:583, punto 54).

47 Occorre in proposito sottolineare che la limitazione della portata della deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della stessa, con riferimento al duplice criterio relativo all’utilizzo convenzionale in varie applicazioni e alla tradizione di sicurezza, è strettamente connessa all’obiettivo stesso di tale direttiva, illustrato al punto 44 della presente sentenza.

48 L’applicazione del suindicato duplice criterio consente quindi di garantire che, a causa della risalenza nel tempo e della varietà degli utilizzi di una tecnica o di un metodo di mutagenesi e delle informazioni disponibili quanto alla sua sicurezza, gli organismi ottenuti mediante tale tecnica o metodo possano essere emessi nell’ambiente o immessi in commercio all’interno dell’Unione senza che appaia indispensabile, allo scopo di evitare il verificarsi di effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente, sottoporre tali organismi alle procedure di valutazione dei rischi previste rispettivamente nella parte B e nella parte C della direttiva 2001/18.

49 Tale applicazione soddisfa anche l’esigenza di un’interpretazione restrittiva dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della stessa, dovuta al carattere derogatorio di tale disposizione rispetto al requisito di sottoporre gli OGM agli obblighi previsti dalla direttiva in questione (v., in tale senso, sentenza del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a., C-528/16, EU:C:2018:583, punto 41).

50 Nel caso di specie, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, per stabilire se una tecnica o un metodo di mutagenesi debba essere assimilato a una tecnica o a un metodo di mutagenesi rispondente al duplice criterio dell’utilizzo convenzionale e della tradizione di sicurezza, sia sufficiente esaminare le modalità di modificazione da parte dell’agente mutageno del materiale genetico dell’organismo interessato.

51 Al riguardo, si deve rilevare che un’estensione generale del beneficio della deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18 agli organismi ottenuti mediante l’applicazione di una tecnica o di un metodo di mutagenesi fondati sulle stesse modalità di modificazione, da parte dell’agente mutageno, del materiale genetico dell’organismo interessato di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, ma che combina tali modalità con altre caratteristiche, distinte da quelle di detta seconda tecnica o di detto secondo metodo di mutagenesi, non sarebbe conforme all’intento del legislatore dell’Unione esposto al punto 48 della presente sentenza.

52 Infatti, non può escludersi che l’applicazione di una tecnica o di un metodo aventi simili caratteristiche conduca a modificazioni genetiche dell’organismo interessato che differiscono, per la loro natura o per il ritmo al quale esse si verificano, da quelle ottenute mediante l’applicazione di tale seconda tecnica o di tale secondo metodo di mutagenesi.

53 Ne consegue che limitare l’esame effettuato ai fini dell’applicazione della deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della stessa, alle sole modalità di modificazione, da parte dell’agente mutageno, del materiale genetico dell’organismo interessato presenterebbe il rischio che, sotto la copertura dell’applicazione di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, siano in definitiva ottenuti organismi il cui materiale genetico differisca da quelli ottenuti con l’applicazione di tale tecnica o di tale metodo di mutagenesi, mentre è proprio l’esperienza acquisita per quanto riguarda questi ultimi organismi che consente di stabilire che il duplice criterio di cui a detta disposizione è soddisfatto.

54 Di conseguenza, l’emissione nell’ambiente o l’immissione in commercio, senza aver condotto a buon fine una procedura di valutazione dei rischi, di organismi ottenuti mediante una tecnica o un metodo di mutagenesi che presentino caratteristiche diverse da quelle di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza può comportare, in taluni casi, effetti negativi, eventualmente irreversibili e che interessano diversi Stati membri, sulla salute umana e sull’ambiente, anche qualora tali caratteristiche non riguardino le modalità di modificazione, da parte dell’agente mutageno, del materiale genetico dell’organismo interessato.

55 Tuttavia, ritenere che gli organismi ottenuti mediante l’applicazione di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza rientrino necessariamente nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/18 qualora tale tecnica o tale metodo abbiano subito una modifica qualsiasi sarebbe tale da privare in larga misura di effetto utile la deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della stessa, giacché una simile interpretazione potrebbe rendere eccessivamente difficile qualsiasi forma di adeguamento delle tecniche o dei metodi di mutagenesi, anche se tale interpretazione non è necessaria per raggiungere l’obiettivo di tutela dell’ambiente e della salute umana perseguito dalla direttiva di cui trattasi, nel rispetto del principio precauzionale.

56 Il fatto che una tecnica o un metodo di mutagenesi abbia una o più caratteristiche distinte da quelle di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza deve essere pertanto considerato un motivo per escludere la deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della stessa, solo qualora sia dimostrato che tali caratteristiche possono comportare modificazioni del materiale genetico dell’organismo interessato diverse, per la loro natura o per il ritmo con cui si verificano, da quelle risultanti dall’applicazione di tale seconda tecnica o di tale secondo metodo di mutagenesi.

57 Nel procedimento principale, tuttavia, il giudice del rinvio è specificamente chiamato a stabilire se l’applicazione in vitro di una tecnica o di un metodo di mutagenesi inizialmente utilizzati in vivo possa rientrare in tale deroga. Occorre pertanto verificare se il legislatore dell’Unione abbia ritenuto che il fatto che una tecnica o un metodo preveda colture in vitro sia decisivo per determinare se una siffatta applicazione rientri o meno nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/18.

58 A tal riguardo, il legislatore dell’Unione non ha ritenuto che le modificazioni genetiche inerenti alle colture in vitro, cui fa riferimento il giudice del rinvio, giustificassero che gli organismi interessati da tali modificazioni costituissero necessariamente «OGM» soggetti alle procedure di valutazione dei rischi previste rispettivamente nella parte B e nella parte C della direttiva 2001/18.

59 Infatti, in primo luogo, la coltura in vitro non figura nell’elenco esemplificativo delle tecniche che, in applicazione dell’articolo 2, punto 2, lettera a), della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I A, prima parte, della stessa, devono essere considerate tecniche che producono una modificazione genetica che consente di considerare un organismo un «OGM», ai sensi di detta direttiva.

60 In secondo luogo, dall’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I A, seconda parte, della stessa, risulta che la fecondazione in vitro non è considerata, ai fini dell’applicazione di tale direttiva, come una tecnica che ha per effetto una modificazione genetica, salvo quando comporti l’impiego di molecole di acido nucleico ricombinante o di OGM prodotti con tecniche o metodi diversi. Pertanto, la circostanza che l’applicazione di tale tecnica presupponga una coltura in vitro non è stata considerata, in quanto tale, dal legislatore dell’Unione un ostacolo alla sua esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva di cui trattasi.

61 Analogamente, dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 2, della stessa, risulta che la fusione cellulare di cellule vegetali di organismi che possono scambiare materiale genetico con metodi di riproduzione tradizionali esulano dall’ambito di applicazione di detta direttiva, mentre, come rilevato dal governo francese e dalla Commissione nelle loro osservazioni scritte senza essere contraddetti, tale fusione cellulare viene necessariamente applicata in vitro su cellule isolate.

62 In terzo luogo, dall’articolo 2, punto 2, lettera b), della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I A, seconda parte, punto 3, della stessa, risulta che il legislatore dell’Unione ha scelto di non far dipendere il regime applicabile all’induzione della poliploidia dal fatto che quest’ultima sia applicata o meno in vitro. Orbene, nelle sue osservazioni scritte la Commissione ha al riguardo sottolineato, senza essere contraddetta, che l’applicazione in vitro di tale tecnica era già da tempo nota al momento dell’adozione della direttiva in esame.

63 In tale contesto, come in sostanza affermato dal governo francese e dalla Commissione, ritenere che, a causa degli effetti inerenti alle colture in vitro, un organismo ottenuto mediante l’applicazione in vitro di una tecnica o di un metodo di mutagenesi inizialmente utilizzati in vivo sia escluso dalla deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della stessa, non terrebbe conto del fatto che il legislatore dell’Unione non ha considerato tali effetti inerenti rilevanti ai fini della definizione dell’ambito di applicazione di detta direttiva.

64 Alla luce di quanto precede, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della medesima direttiva e alla luce del considerando 17 della stessa, deve essere interpretato nel senso che gli organismi ottenuti mediante l’applicazione di una tecnica o di un metodo di mutagenesi fondati su modalità di modificazione, da parte dell’agente mutageno, del materiale genetico dell’organismo interessato che siano le stesse di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, ma che differiscono da tali seconda tecnica o secondo metodo di mutagenesi per altre caratteristiche, sono, in linea di principio, esclusi dalla deroga di cui alla disposizione in questione, a condizione che sia accertato che dette caratteristiche possono comportare modificazioni del materiale genetico dell’organismo di cui trattasi diverse, per la loro natura o per il ritmo con cui si verificano, da quelle risultanti dall’applicazione della suddetta seconda tecnica o del suddetto secondo metodo di mutagenesi. Tuttavia, gli effetti inerenti alle colture in vitro non giustificano, in quanto tali, che da tale deroga siano esclusi gli organismi ottenuti mediante l’applicazione in vitro di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni in vivo con una lunga tradizione di sicurezza relativa a tali applicazioni.

Sulla seconda questione

65 Dalla decisione di rinvio emerge che una risposta alla seconda questione è necessaria ai fini della soluzione della controversia principale unicamente nell’ipotesi in cui dalla risposta alla prima questione risulti che, per stabilire se una tecnica o un metodo di mutagenesi rientri nella deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, della stessa, occorre tener conto degli effetti inerenti alle tecniche o ai metodi che comportano colture in vitro.

66 Pertanto, alla luce della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

Sulle spese

67 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio, in combinato disposto con l’allegato I B, punto 1, di tale direttiva e alla luce del considerando 17 della stessa,

deve essere interpretato nel senso che:

gli organismi ottenuti mediante l’applicazione di una tecnica o di un metodo di mutagenesi fondati su modalità di modificazione, da parte dell’agente mutageno, del materiale genetico dell’organismo interessato che siano le stesse di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza, ma che differiscono da tali seconda tecnica o secondo metodo di mutagenesi per altre caratteristiche, sono, in linea di principio, esclusi dalla deroga di cui alla disposizione in questione, a condizione che sia accertato che dette caratteristiche possono comportare modificazioni del materiale genetico dell’organismo di cui trattasi diverse, per la loro natura o per il ritmo con cui si verificano, da quelle risultanti dall’applicazione della suddetta seconda tecnica o del suddetto secondo metodo di mutagenesi. Tuttavia, gli effetti inerenti alle colture in vitro non giustificano, in quanto tali, che da tale deroga siano esclusi gli organismi ottenuti mediante l’applicazione in vitro di una tecnica o di un metodo di mutagenesi utilizzati convenzionalmente in varie applicazioni in vivo con una lunga tradizione di sicurezza relativa a tali applicazioni.