CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV, 29 marzo 2021, n. 2633. Tutela paesaggistica e altri valori costituzionali

È preclusa all’Amministrazione procedente la possibilità di cercare autonomamente di conciliare l’interesse paesaggistico con gli altri interessi in gioco, compreso quello ambientale appannaggio della Commissione tecnica costituita ai sensi dell’art. 7, d.l. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 luglio 2008, n. 123; la funzione di tutela del paesaggio, infatti, è estranea a ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione; tale regola essenziale di tecnicità e di concretezza, per cui il giudizio di compatibilità dev’essere, appunto, “tecnico” e “proprio” del caso concreto, applica il principio fondamentale dell’art. 9 Cost., il quale consente di fare eccezione anche a regole di semplificazione a effetti sostanziali altrimenti praticabili; anche laddove, cioè, il legislatore abbia scelto una speciale concentrazione procedimentale, come quella che si attua con il sistema della conferenza dei servizi, essa non comporta comunque un’attenuazione della rilevanza della tutela paesaggistica perché questa si fonda su un espresso principio fondamentale costituzionale.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

sentenza

sul ricorso in appello numero di registro generale 7173 del 2020, proposto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;                                            

contro                               

il Comune di Montecatini Val di Cecina, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vittorio Chierroni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;            

nei confronti                           

la Regione Toscana, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Barbara Mancino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;                       

la Provincia di Pisa, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;                                             

per la riforma                           

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, sede di Firenze, Sezione Prima, n. 1696 del 12 dicembre 2019, resa tra le parti, concernente il verbale della conferenza paesaggistica indetta per ottenere a declaratoria di conformità del regolamento urbanistico comunale con il piano paesaggistico regionale.          

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;                  

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Montecatini

Val di Cecina e della Regione Toscana;                              

Visto l’appello incidentale della Regione Toscana;                  

Visti tutti gli atti della causa;                                   

Relatore nella camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2021, svoltasi in video conferenza ai sensi dell’art. 25 del decreto  legge n. 137 del 2020, il consigliere Nicola D’Angelo;                    

Nessuno presente per le parti;                                      

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.             

FATTO E DIRITTO

1. Il Comune di Montecatini Val di Cecina ha impugnato dinanzi al Tar per la Toscana, sede di Firenze, la determinazione in esito alla conferenza paesaggistica del 10 gennaio 2018 convocata per ottenere la declaratoria di conformità al piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico della Toscana (di seguito PIT) del proprio regolamento urbanistico.

1.1. In particolare, la conferenza, indetta tra la Regione Toscana, la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per Pisa e Livorno, la Provincia di Pisa e il Comune di Montecatini Val di Cecina, ai sensi dell’art. 21 del PIT, ha rilevato che a seguito della mancata partecipazione della Soprintendenza nella fase conclusiva non potevano trovare applicazione nel nuovo regolamento urbanistico del Comune gli effetti di cui all’art. 146, comma 5, del d.lgs. n. 42/2004 (in sostanza, la Soprintendenza, in quanto assente, non aveva espresso il proprio avviso in ordine alla conformità della disciplina urbanistica alle prescrizioni del piano paesaggistico).

1.2. Il Comune di Montecatini Val di Cecina ha quindi impugnato la suddetta determinazione e contestualmente l’art. 21 del PIT.

2. Il Tar di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe ha accolto il ricorso. Lo stesso Tribunale, dopo aver ritenuto infondate le eccezioni di inammissibilità del gravame proposte dalla Regione Toscana (l’impugnazione della normativa secondaria contenuta nel PIT sarebbe tardiva e l’esito della conferenza di servizi non sarebbe impugnabile in quanto meramente dichiarativo di una conseguenza giuridica verificatasi ope legis in forza della non più contestabile norma regolamentare del PIT), ha accolto il ricorso in quanto in conseguenza della mancata partecipazione o comunque del silenzio tenuto dalla Soprintendenza nel procedimento di conformazione doveva ritenersi operativo l’art. 17 bis della legge n. 241/1990, che considera acquisito l’assenso anche da parte della amministrazioni preposte alla tutela del paesaggio a decorrere dal novantesimo giorno dal ricevimento dello schema di provvedimento da parte della amministrazione procedente.

2.1. Di conseguenza, il giudice di primo grado ha ritenuto che l’art. 21 del PIT non poteva considerarsi conforme alle linee del sistema (la disposizione prevede l’esplicita espressione della Soprintendenza) e che invece dovesse ritenersi conseguente acquisito l’assenso della stessa sul regolamento urbanistico del Comune in regione del silenzio serbato.

3. Contro la suddetta sentenza ha proposto appello il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo sulla base dei seguenti motivi di censura, con la richiesta contestuale di rimessione in termini ai fini della notifica dello stesso ricorso (in ragione della chiusura degli uffici dell’avvocatura erariale per l’emergenza Covid la notifica è stata infatti effettuata il 14 settembre 2020 e non nel termine ultimo dell’8 settembre 2020).

3.1. Error in iudicando e ricostruzione alternativa.

3.1.1. Evidenzia il Ministero appellante che l’oggetto principale del giudizio è la legittimità dell’art. 21, comma 7, del PIT della Toscana (approvato con deliberazione del Consiglio Regionale 27 marzo 2015 n. 379), in relazione alla determinazione conclusiva dei lavori della conferenza paesaggistica indetta per la valutazione del nuovo regolamento urbanistico e della variante al piano strutturale approvati dal Comune di Montecatini Val di Cecina. Il citato art. 21 disciplina il procedimento di conformazione e adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, in applicazione di quanto previsto dall’art. 145, comma 5, del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004), il quale prevede che “La regione disciplina il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica, assicurando la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo”.

3.1.2. Nella sentenza impugnata, si è sostenuto che il citato comma 5 dell’art. 145 demanderebbe alle Regioni l’istituzione di un procedimento di conformazione, che deve prevedere la partecipazione anche della Soprintendenza, il cui esito positivo produce effetti di semplificazione consistenti, fra l’altro, nella degradazione dell’efficacia del parere paesaggistico da vincolante a meramente obbligatoria (art. 146, comma 5) e che il predetto meccanismo (essendo parte integrante e qualificante del sistema dei rapporti fra urbanistica e paesaggio istituito dal codice dei beni culturali) non avrebbe natura facoltativa e non potrebbe considerarsi nella disponibilità della Soprintendenza.

3.1.3. Di conseguenza, per il Tar la mancata partecipazione della Soprintendenza “al procedimento di conformazione” integrerebbe un’ipotesi disciplinata dall’art. 17 bis della legge n. 241/1990, determinandosi quindi l’effetto del silenzio-assenso tra amministrazioni. In questo quadro, l’art. 21 del PIT sarebbe dunque illegittimo per contrasto con il predetto parametro normativo, in quanto collegherebbe all’assenza della Soprintendenza nell’ambito della Conferenza l’effetto di impedire l’accertamento della conformità dello strumento urbanistico al piano paesaggistico e, quindi, il prodursi dell’effetto di cui all’articolo 146, comma 5, del Codice.

3.1.4. Tuttavia, per l’Amministrazione appellante, tale ricostruzione sarebbe erronea, tenuto conto che in relazione alla mancata partecipazione della Soprintendenza alla conferenza non potrebbe trovare applicazione l’art. 17 bis della legge n. 241/1990.

3.2. Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 c.p.c.).

3.2.1. La violazione dell’art. 17 bis della legge n. 241/1990, secondo parte appellante, non sarebbe stata prospettata nel ricorso di primo grado, nell’ambito del quale è stato invece invocato soltanto il diverso istituto della c.d. “assenza-assenso” nell’ambito delle conferenze di servizi decisorie.

3.2.2. La conferenza paesaggistica avrebbe però natura diversa da quella decisoria di cui agli artt. 14 ss. della legge n. 241/1990, essendo un istituto del tutto distinto e autonomo rispetto a quello del silenzio tra amministrazioni. In sostanza, l’art. 17 bis troverebbe applicazione nel caso in cui l’Amministrazione procedente debba acquisire l’assenso di una sola Amministrazione, mentre nel caso di assensi da parte di più Amministrazioni opererebbero le diposizioni sulla conferenza di servizi anche in ordine alle modalità di superamento dei contrasti (l’appellante richiama in proposito le conclusioni dell’Adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato contenute nel parere n. 1640 del 13 luglio 2016).

3.3. Violazione degli articoli 143,145 e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e dell’articolo 17-bis della legge n. 241 del 1990.

3.3.1. Ad avviso dell’Amministrazione appellante, sarebbero comunque erronee le conclusioni del Tar sull’applicabilità dell’istituto del c.d. silenzio-assenso tra amministrazioni, di cui all’articolo 17 bis della legge n. 241/1990, ai rapporti che si svolgono nell’ambito della conferenza paesaggistica. Quest’ultimo istituto sarebbe invece disciplinato dall’articolo 31 della legge regionale della Toscana n. 65/2014, ove si prevede che con riferimento agli strumenti di pianificazione territoriale, agli strumenti di pianificazione urbanistica dei comuni e alle relative varianti che costituiscono adeguamento e conformazione al piano paesaggistico, ai sensi dell’articolo 143, commi 4 e 5, dell’articolo 145, comma 4, e dell’articolo 146, comma 5, del Codice, la Regione convoca una conferenza di servizi, detta “conferenza paesaggistica”, a cui partecipano la Regione, gli organi ministeriali competenti e le Province interessate e i Comuni (la conferenza paesaggistica è poi regolata dalle disposizioni dello stesso art. 31 e in base ad appositi accordi stipulati con gli organi ministeriali competenti ai sensi dell’articolo 15 della 1egge n. 241/1990).

3.3.2. L’articolo 17 bis della legge n. 241/1990 si riferirebbe invece a una fattispecie del tutto diversa, ossia ai “casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche”.

3.3.3. In definitiva, per l’appellante, l’estraneità dell’art. 17 bis alla fattispecie in esame emergerebbe sia dalla circostanza che non si trattava di assumere assensi o nulla osta, ma di acquisire valutazioni, sia dall’assenza del decorso del tempo a cui collegare l’effetto della norma.

3.3.4. Conseguentemente, la sentenza del Tar sarebbe erronea perché è pervenuta alla conclusione che l’articolo 21, comma 7, del PIT sarebbe illegittimo, per violazione dell’articolo 17 bis della legge n. 241/1990, laddove connette alla mancata partecipazione della Soprintendenza alla conferenza paesaggistica l’effetto di impedire che sia accertata l’effettiva conformazione degli strumenti di pianificazione adottati dal Comune.

3.4. Violazione degli articoli 135,143,145 e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio e dell’articolo 31 della legge regionale della Toscana n. 65 del 2014.

3.4.1. Secondo il Ministero appellante, le conclusioni del Tar sarebbero in contrasto con la disciplina sostanziale dettata dall’ordinamento sulla natura e sulla funzione del piano paesaggistico, nonché quanto alla gerarchia tra gli strumenti di pianificazione.

3.4.2. Nella disciplina dettata dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, le relazioni fra pianificazione urbanistica e pianificazione paesaggistica non sono solo di ordine gerarchico, con la conseguenza che la pianificazione urbanistica costituisce non più un ordinamento separato, per quanto sottordinato alla pianificazione paesaggistica, ma un momento di ulteriore attuazione concreta del piano paesaggistico, che diviene non solo limite esterno, ma criterio informatore della redazione degli strumenti urbanistici, come anche evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 180 del 2008.

3.4.3. Lo sviluppo logico dell’impianto così delineato dal Codice è costituito dalla partecipazione, necessaria e indefettibile, del Ministero appellante alla verifica di conformazione/adeguamento degli strumenti urbanistici al piano paesaggistico. Tale fase costituisce infatti il diretto portato del

nuovo assetto dei rapporti tra Stato-Regione in materia di paesaggio delineato dal Codice e informato al criterio cardine della copianificazione.

4. Il Comune di Montecatini Val di Cecina si è costituito in giudizio il 6 ottobre 2020 ed ha depositato una memoria il 19 ottobre 2020, nella quale, oltre all’infondatezza dell’appello, ha evidenziato la tardività dello stesso in quanto notificato successivamente al termine ultimo del giorno 8 settembre 2020.

5. La Regione Toscana si è costituita in giudizio il 9 ottobre 2020, depositando un appello incidentale con cui contesta le conclusioni del Tar in ordine alla prospetta tardività del ricorso di primo grado e alla carenza di interesse del Comune, nonché la fondatezza nel merito della sentenza impugnata.

6. Il Comune appellato ha poi depositato documenti il 22 dicembre 2020, una memoria il 4 gennaio 2001 e una replica il 14 gennaio 2021. La Regione Toscana ha anch’essa depositato un’ulteriore memoria il 4 gennaio 202.

7. Il Comune appellato e la Regione Toscana hanno infine depositato note di udienza, rispettivamente il 20 gennaio e il 28 gennaio 2021, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge n. 28 del 2020, così come integrato dall’art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020.

8. Con l’ordinanza cautelare n. 6173 del 23 ottobre 2020 è stata accolta l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata contestualmente al ricorso, con la seguente motivazione: “Ritiene il Collegio che sussistano i presupposti per disporre la sospensione della esecutività della sentenza appellata. Infatti, con l’atto d’appello sono state prospettate delicate questioni interpretative sull’ambito di applicazione dell’art. 17 bis della legge n. 241 del 1990, decisive per la definizione della controversia. Affinché vi sia al più presto la certezza dell’azione amministrativa, è pertanto opportuno sospendere l’esecutività della sentenza impugnata….

Resta impregiudicata ogni valutazione della Sezione, anche in ordine alla ritualità dell’atto d’appello”.

9. La causa è stata trattenuta in decisione, ai sensi dell’art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020, nella camera di consiglio tenutasi in video conferenza il 4 febbraio 2021.

10. Il Collegio preliminarmente esamina la domanda di remissione in termini proposta dal Ministero appellante. Ai fini della tempestività dell’atto d’appello, l’Amministrazione ha infatti chiesto che possa essere disposta la rimessione in termini, in considerazione di ‘momentanei problemi tecnici’ del server della piattaforma, per il giorno 8 settembre 2020, e della riapertura degli uffici della Avvocatura Generale dello Stato, avvenuta in data 14 settembre 2020, dopo la loro chiusura disposta in data 9 settembre 2020 ‘per una emergenza legata al Covid 2019, con conseguente divieto di accedere ai locali medesimi’.

9.1. In primo luogo, va rilevato che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 12 dicembre 2019. Al termine di sei mesi decorrenti dalla sua pubblicazione per la notifica dell’appello, devono tuttavia essere aggiunti i giorni di sospensione di cui all’art. 84 del decreto legge n. 18/2020, a causa dell’emergenza Covid, nonché la sospensione feriale dal 1° agosto al 31 agosto 2020. In ragione di tale calcolo, il termine finale per la notifica avrebbe dovuto coincidere con l’8 settembre 2020 (data non contestata dal Comune appellato). L’appello è stato invece notificato il 14 settembre 2020.

9.2. Fatta questa premessa, la richiesta di parte appellante circa la possibilità di essere rimessa in termini può essere accolta, nonostante la contrarietà della parte appellata.

Nel caso di specie, si può ravvisare la sussistenza di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenta il carattere dell’assolutezza, come quello relativo al Covid, e non già un’impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà (cfr. Cass. civile, sez. un., 4 dicembre 2020, n. 27773).

9.3. In particolare, nel processo amministrativo il rimedio del riconoscimento dell’errore scusabile, codificato dall’art. 37 c.p.a., presuppone una situazione di obiettiva incertezza normativa o di grave impedimento di fatto tale da provocare, senza alcuna colpa della parte interessata, menomazioni o maggiore difficoltà nell’esercizio dei diritti di difesa (cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 ottobre 2020, n. 6344).

9.4. Le suddette condizioni, pur nell’ambito della stretta interpretazione che caratterizza l’art. 37 c.p.a., risultano sussistere nel concreto svolgimento dei fatti così come rappresentati dalla difesa del Ministero appellante:

– in data 8 settembre 2020 l’Avvocatura Generale dello Stato ha proceduto a notificare digitalmente il presente appello;

– in data 9 settembre 2020 è stata disposta la chiusura eccezionale degli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato sino al 12 settembre 2020 per una emergenza legata al Covid 2019, con conseguente divieto di accedere ai locali medesimi;

– in data 10 settembre 2020 il Supporto applicativo dell’Avvocatura Generale ha comunicato che in data 8 settembre dalle ore 8.20 alle ore 10.50, lasso di tempo in cui era stata effettuata la notifica

digitale del presente appello, a causa di momentanei problemi tecnici il server della piattaforma non era funzionante.

– in ragione della chiusura degli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato non è stato possibile accertare il buon esito della notifica effettuata l’8 settembre 2020 e di conseguenza eventualmente

procedere nuovamente alla notifica medesima (resasi possibile il 14 settembre 2020, primo giorno utile di riapertura degli uffici della stessa Avvocatura).

10. Ciò premesso, esclusa quindi la tardività dell’appello, lo stesso deve ritenersi fondato per le seguenti considerazioni.

11. Con il verbale del 10 gennaio 2018, la Conferenza paesaggistica, indetta ai sensi dell’art. 21 del ‘piano di indirizzo territoriale’ con valenza di piano paesaggistico (cd PIT della Toscana), approvato in data 27 marzo 2015, ha rilevato la mancata conformità al medesimo piano del regolamento urbanistico del Comune di Montecatini Val di Cecina.

11.1. Per questa ragione, il Comune con ricorso di primo grado n. 390 del 2018 (proposto al Tar per la Toscana), ha impugnato il verbale della Conferenza unitamente all’art. 21 del PIT.

11.2. Il Tar, con la sentenza n. 1696 del 2019, ha accolto il ricorso, rilevando che ai sensi dell’art. 17 bis della legge n. 241/1990 si sarebbe dovuto considerare acquisito l’assenso delle Amministrazioni preposte alla tutela del paesaggio, nonostante che la Soprintendenza di Pisa fosse stata assente alla Conferenza.

12. Nei motivi di appello, che possono essere trattati congiuntamente, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo ha prospettato essenzialmente l’inapplicabilità dell’art. 17 bis della legge n. 241/1990 alla fattispecie in esame e di conseguenza la legittimità dell’art. 21 del PIT, che presuppone la necessaria esplicita valutazione della Soprintendenza nell’esame della revisione della disciplina urbanistica di aree ricompreso nello stesso piano.

12.1. In sostanza, risulta decisiva e prevalente ai fini della decisione della controversia la questione relativa all’ambito di applicazione del citato art. 17 bis della legge n. 241/1990.

Tale profilo infatti risulta quello più “liquido” secondo le coordinate interpretative dettate dall’Adunanza plenaria 27 aprile 2015, n. 5, rispetto agli altri temi proposti nel ricorso. Di conseguenza, in ossequio al superiore principio di economia dei mezzi processuali, lo stesso va esaminato in via prioritaria ed assorbente.

13. Il giudice di primo grado ha ritenuto, anche in assenza di un specifico motivo di censura, che la mancata partecipazione della Soprintendenza alla Conferenza paesaggistica potesse ricondursi alla disciplina di cui all’art. 17 bis della legge n. 241/1990 e dunque ad un’ipotesi di silenzio assenso, tenuto conto che l’atto oggetto della stessa conferenza non aveva natura autorizzatoria ma pianificatoria e coinvolgeva, pertanto, esclusivamente interessi pubblici.

13.1. Il Ministero appellante sostiene invece che la stessa disposizione è del tutto estranea alla vicenda oggetto di esame da parte della Conferenza paesaggistica, sia per l’esplicita previsione dell’art. 21 del PIT (che imponeva, per una valutazione conforme, la presenza dell’organo preposto alla tutela paesaggistica), sia perché l’assenso per silentium non poteva ritenersi formato rispetto ad un atto di mera valutazione, quindi diverso da un assenso o nulla osta.

14. Riassunte sinteticamente le posizioni sul punto, il Collegio ritiene di condividere la tesi dell’Amministrazione appellante.

14.1. L’art. 17 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (introdotto dall’art. 3 della legge 7 agosto 2015, n. 124), ha previsto e disciplinato, come istituto di applicazione generale, il “silenzio-assenso tra amministrazioni pubbliche”.

14.2. Come rilevato nel parere n. 1640 del 23 giugno 2016 reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato alla Presidenza del Consiglio sulla stessa disposizione, tale istituto costituisce un “nuovo paradigma” applicabile in tutti i casi in cui il procedimento amministrativo si deve concludere con una decisione ‘pluristrutturata’ (nel senso che la decisione finale da parte dell’Amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra Amministrazione).

14.3. Di conseguenza, il silenzio dell’Amministrazione interpellata, che rimanga inerte non esternando alcuna volontà, non ha più l’effetto di precludere l’adozione del provvedimento finale, ma è, al contrario, equiparato ope legis a un atto di assenso e consente all’Amministrazione procedente l’adozione del provvedimento conclusivo.

14.4. In sostanza, la disposizione in esame si pone nell’ambito dei ‘rapporti orizzontali’ tra amministrazioni: “L’art. 17 bis si applica ai procedimenti con fase decisoria pluristrutturata. La disposizione richiede, quindi, che le due Amministrazioni (quella titolare del procedimento e quella interpellata) condividano la funzione decisoria, nel senso che entrambe devono essere titolari di una funzione decisoria sostanziale” (cfr. parere del Consiglio di Sato n. 1640 del 23 giugno 2016).

14.5. Nel caso in esame, la Conferenza paesaggistica vede la presenza di diverse Amministrazioni le quali non sono chiamate per l’adozione di una decisione “pluristrutturata”, ma ai fini di una valutazione di compatibilità ambientale in cui la funzione di tutela del paesaggio, esercitata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Turismo con il suo parere obbligatorio e finalizzata ad evitare che sopravvengano alterazioni inaccettabili del preesistente valore protetto, è estranea ad ogni forma di compressione.

14.6. In sostanza, anche un principio di semplificazione e accelerazione, come quello previsto dall’art. 17 bis, non può costituire ostacolo all’esplicita valutazione della Soprintendenza. È infatti estranea a tale valutazione ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione; tale regola essenziale di tecnicità e di concretezza, per cui il giudizio di compatibilità dev’essere, appunto, ” tecnico ” e ” proprio ” del caso concreto, applica il principio fondamentale dell’art. 9 Cost., il quale consente, come rilevato dalla giurisprudenza, di fare eccezione anche a regole di semplificazione a effetti sostanziali altrimenti praticabili, anche laddove, cioè, il legislatore abbia scelto una speciale concentrazione procedimentale, come quella che si attua con il sistema della conferenza dei servizi, essa non comporta comunque un’attenuazione della rilevanza della tutela paesaggistica perché questa si basa su un espresso principio fondamentale costituzionale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2020, n. 1486).

15. D’altra parte, l’incoerenza dell’istituto di cui ha fatto applicazione il Tar deriva anche dall’assetto ordinamentale della materia. L’articolo 135 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. n. 42/2004) dispone che lo Stato e le Regioni assicurino la conoscenza, la salvaguardia, la pianificazione e la gestione del territorio in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono. A tal fine, devono sottoporre a specifica normativa d’uso lo stesso territorio mediante piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico – territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, la cui elaborazione deve avvenire congiuntamente tra Ministero e Regioni. Ciò in ragione della competenza esclusiva statale in ordine ai beni paesaggistici (artt. 135, comma 1, e 143 del Codice).

Una volta intervenuto il piano paesaggistico co-pianificato, gli enti locali territoriali conformano e adeguano i propri strumenti urbanistici e territoriali alle sue previsioni secondo le procedure stabilite dalla Regione, che devono vedere la necessaria partecipazione degli organi ministeriali.

15.1. In concreto, il combinato disposto degli artt. 145, comma 5, e 146, comma 5, del Codice impone che nell’ambito del procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica sia assicurata la partecipazione degli organi ministeriali. In coerenza con tale obbligo, il Codice espressamente prevede che la semplificazione di cui all’art. 146, comma 5, ovvero la dequotazione da vincolante a solo obbligatorio del parere della Sovrintendenza per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, è necessariamente subordinata al parere del Soprintendente, all’esito dell’approvazione delle prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati, nonché alla positiva verifica da parte del Ministero, su richiesta della Regione interessata, dell’avvenuto adeguamento degli strumenti urbanistici.

15.2. Per questa ragione, il PIT della Toscana ha previsto che le semplificazioni nell’ambito del procedimento per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche non sono configurabili se non nei casi di parere positivo espresso da parte della Sovrintendenza e non anche nei casi di parere negativo o di mancata partecipazione della stessa alla Conferenza paesaggistica (cfr. Protocollo di intesa preliminare al piano Paesaggistico del 28 aprile 2014 e Accordo definitivo di co-pianificazione del 11 aprile 2015 (cfr. sub doc. 2 produzione Regione).

15.3. In definitiva, se fosse applicato il meccanismo del silenzio assenso previsto dall’art. 17 bis della legge n. 241/1990, si determinerebbe uno svuotamento del contenuto dei poteri riservati alla competenza degli uffici statali preposti alla tutela paesaggistica, ai quali spetta necessariamente, insieme alla Regione, di compiere la verifica di conformità alle disposizioni del piano paesaggistico.

16. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va respinto il ricorso di primo grado.

17. L’accoglimento del gravame principale esime il Collegio dall’esame di quello incidentale della Regione Toscana, che per il suo carattere sostanzialmente ripetitivo delle censure mosse dal Ministero appellante, risulta avere carattere subordinato all’accoglimento del primo.

18. In ragione delle complessità interpretativa della controversia, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello (n. 7173/2020), come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso dal Consiglio di Stato nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2021, svoltasi da remoto in audio conferenza, ai sensi dell‘art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Oberdan Forlenza, Consigliere

Daniela Di Carlo, Consigliere

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Nicola D’Angelo, Consigliere, Estensore DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 29 MAR. 2021.